MARTIRI CRISTIANI

Quella persecuzione senza fine

di ANDREA T0RNIELLI

Il Giornale, 21-04-02

 

La sua storia non è soltanto l’emblema del calvario vissuto dalla Chiesa vietnamita. Può ben essere il simbolo delle persecuzioni subite dai cristiani all’Est come alI’Ovest durante il Novecento, che ha contato più martiri tra i seguaci di Gesù - c’è chi calcola addirittura siano stati 45 milioni - di quanti ne siano stati uccisi in tutti i secoli precedenti. Francois-Xavier Nguyen Van Thuan, oggi cardinale, era vescovo di Saigon quel 18 agosto 1975, quando le milizie comuniste vietcong lo sbatterono in prigione per tredici anni, nove dei quali in isolamento. “Raccontando oggi quell’incubo - scrive Antonio Socci, nel libro fresco di stampa Intitolato I nuovi perseguitati. Indagine sull’intolleraza anticristiana nel nuovo secolo del martirio (Piemme, pagg, 159, euro 8,90) - ricorda l’enorme smarrimento dell’inizio, i lunghi momenti in cui credeva di impazzire.

 

NON SERVE ASPETTARE

 

Finché capì che era per lui distruttivo rifiutare quella condizione aspettando un cambiamento che non sarebbe arrivato: “Occorre afferrare l’oggi colmandolo d’amore”. Poco a poco, quel buio inferno del carcere diventa un monastero, dove Van Thuan prega per suoi fedeli, per i suoi carcerieri, per la Chiesa e per il mondo, offrendo quella sua condizione anche attraverso la messa.

Consacra tenendo tre gocce di vino e una d’acqua nel palmo della mano, custodisce i pezzetti di pane in una scatola di sigarette. “A poco a poco - racconta Socci

- i compagni di prigionia sono conquistati da quest’uomo, partecipano alla messa, fanno con lui dei turni di adorazione. Van Thuan arriva a ordinare sei preti in carcere. E non dimentica quelli che stanno fuori facendo arrivare loro delle lettere che scrive con mezzi di fortuna. Anche grazie alla collaborazione dei carcerieri, all’inizio spietati, alcuni dei quali, a poco a poco, si convertono”. Dirà il vescovo perseguitato: “Ho potuto vivere in mezzo a difficoltà quasi insopportabili, nella gioia di Cristo risorto, nel perdono, nell’amore, nell’unità. E questo ha cambiato i miei carcerieri che sono diventati miei amici”. Ancora oggi, il cardinale vietnamita porta una croce e una catena costruita con pezzetti di legno e filo elettrico grazie all’aiuto dei suoi carcerieri.

Il libro di Socci è innanzitutto un saggio di storia. Molto interessante - per esempio - l'analisi sulla diffusione del cristianesimo nel primi secoli che dimostra come il suo espandersi esponenziale non sia stato dovuto all’appoggio di Costantino: l’imperatore fu invece costretto a prendere atto dl questa massiccia e inspiegabile crescita. Il rapporto causa-effetto, insomma, fu esattamente l’opposto di quanto si pensa. Ma il saggio dell’editorialista del Giornale è anche un’inchiesta sull’attualità dimenticata delle persecuzioni anticristiane, persecuzioni di cui si parla troppo poco.

MA NIENTE VENDETTE

Le pagine più belle, però, non sono tanto quelle zeppe di grafici e statistiche su massacri di milioni di persone, sul martirio dei cristiani assassinati in odio alla loro fede, sulle vessazioni a cui sono sottoposti i seguaci di Gesù in tanti Paesi islamici, pure utilissime per attirare l’attenzione sulle dimensioni di un fenomeno che pare quasi dimenticato.

Le pagine più belle del libro sono quelle da cui emergono le storie e le testimonianze dei perseguitati e dei martiri, quelle in cui si legge come da episodi gonfi di odio cieco, di violenza, di sangue e di torture siano potuti fiorire esempi d’amore umanamente inimmaginabili. Come quello raccontato dai cardinale, dal cui volto emaciato ma sempre sorridente non traspare mai alcun sentimento di vendetta.

Come quello raccontato da Mary Ajak Kuel Kout, quattordicenne sudanese, cattolica, rapita dalle milizie musulmane e ridotta in schiavitù per sei anni. Stuprata, sottoposta all’infibulazione e a mille violenze da parte del suo “padrone”, costretta a frequentare la scuola coranica e a convertirsi all’Islam, è stata liberata dall’organizzazione umanitaria svizzera “Christian Solidarity International”: “lo -ha detto nel gennaio 2000 - credo in Gesù. Sono veramente felice perché oggi ml avete liberato. Non mi aspettavo una cosa simile. Dio benedica voi e tuffi coloro che vi hanno Inviato qui. Sono addolorata per le tante persone che ml sono lasciata dietro ancora nelle mani degli arabi, ma spero che Dio soccorra anche loro”.

“Si calcola - scrive nella prefazione al libro Ernesto Galli della Loggia - che siano circa 160 mila le persone che ogni anno trovano la morte per la loro fede. Inutile aggiungere che molti di più sono i perseguitati, coloro che subiscono restrizioni della loro libertà religiosa: che non possono aprire una chiesa, assistere a una funzione religiosa pubblica, stampare i testi della propria fede. Insomma - osserva ancora il professore - il Novecento appare davvero il “secolo del martirio””. Un martirio di cui proprio la nostra cultura ha scarsa memoria e consapevolezza.

Conclude Socci parlando di Cristo crocifisso: “Il 7 aprile dell’anno 30,alle ore 15, fuori dalle mura di Gerusalemme, un’analisi realistica avrebbe constatato una totale débâcle, un uomo totalmente vinto e annientata la sua missione. E avrebbe giudicato ridicole e velleitarie le parole che egli aveva pronunciato poche ore prima: “Io ho vinto il mondo”... Uno del tanti sopraffatti dalla storia che vengono dimenticati nel giro dl pochi giorni. Nessuno poteva pensate che duemila anni dopo il mondo sarebbe stato pieno del suo nome e della sua pietà per le vittime... Il suo trono è davvero la Croce. Per questo sulle labbra di tanti martiri del Novecento menzionati in queste pagine, le ultime parole - dopo il perdono per i carnefici- sono stati: “Viva Cristo Re!”.