Tempi, n. 21, 23-30 maggio 2002
L’ISLAM E NOI
di Piero Gheddo
E’ opportuno esercitare pressioni sui paesi islamici per la reciprocità in tema di diritti religiosi? lo penso che in Italia concediamo a tutti, senza alcuna condizione, la libertà religiosa perché fa parte dei diritti fondamentali dell’uomo. Però a livello pratico (ma anche diplomatico, culturale, massmediale) è giusto che il nostro paese eserciti pressioni affinché la libertà religiosa venga concessa in tutti i paesi, islamici e non islamici. I due problemi sono indipendenti l’uno dall’altro: noi concediamo Ia libertà religiosa anche ai cittadini di quei paesi che non la concedono. Però, diciamo la verità. Un secolo fa. nei paesi islamici i cristiani vivevano bene senza nessun pericolo di persecuzione. Questa è un prodotto dei tempi moderni. Da quanto ho visto e sentito recentemente in Bangladesh e in altri paesi musulmani, il terrorismo di radici islamiche non è la lotta dei popoli poveri contro quelli ricchi, ma la reazione di popoli profondamente religiosi contro un modello di vita e di sviluppo ateo, che sentono come una minaccia per la loro identità. Di qui la loro aggressività che giunge fino al terrorismo. A noi europei gli immigrati islamici fanno paura perché vengono con una forte identità e sentimento religioso (li chiamiamo “integralisti”), mentre nell’identità e la vita cristiana le abbiamo perse o le siamo perdendo: loro ci definiscono «atei, vecchi decadenti, senza moralità.. E’ difficile intendersi e convivere se partiamo da posizioni così opposte. Molti oggi si chiedono: cosa fare per andare d’accordo con musulmani che vengono in casa nostra, e anche con quelli che ci stanno di fronte sull’altra sponda del Mediterraneo? La prima risposta è questa: noi europei, noi italiani soprattutto, dobbiamo recuperare le radici della nostra cultura e tradizione, che sono cristiane. Dobbiamo tornare a Gesù Cristo e al Vangelo. Non con un’operazione cosmetica, ma con un’autentica conversione a Casto, a cui ci chiamano continuamente il Papa e la Chiesa. Il senso profondo del Giubileo era proprio questo convertirci a Cristo con la nostra vita. Per un motivo molto semplice: selva radici e senza vita cristiana, noi siamo spiritualmente e culturalmente vuoti, tecnicizzati e ricchi ma senz’anima. “sazi e disperati” come diceva il cardinal Giacomo Buffi dei bolognesi. La conversione non si può comandare per legge, ci mancherebbe altro. E’ un processo a cui ci provocano queste masse di immigrati di cui abbiamo bisogno, ma che non sappiamo più come fermare e integrare: dobbiamo metterci bene in testa che le leggi ci vogliono, ma non bastano. Dobbiamo cambiare vita, modello di sviluppo, tornare al Vangelo. E’ un processo che chiama in causa le nostre coscienze e tutti i soggetti educativi, famiglie, scuole, associazioni, Chiesa, mass media, giornali e televisioni, partiti e politica: ad esempio, togliere i segni religiosi cristiani dai luoghi pubblici va in senso contrario. Ma il tema è molto vasto, non si può esaurirlo in poche battute.