Secolo d’Italia 19 maggio 2001

Il voto del 13 maggio segna una svolta davvero epocale nella politica italiana

La seconda Repubblica ora può nascere

di Giovanni Cantoni

Confesso di nutrire una certa diffidenza per le metafore sportive applicate alla vita politica e ai suoi fatti rilevanti. Sia chiaro che, a fronte degli attuali «avversari», non ho nostalgia dei «nemici» con il Gulag all’orizzonte né ho nostalgia di sorta per scontri – che per altro non sono certo assenti a margine dell’attività sportiva o agonistica  - o, tanto meno, per «bagni di sangue», che spero costituiscano peculiarità irripetibili del secolo XX.

La ragione della mia diffidenza sta nel fatto che mi pare – anticipatamente lieto di ogni smentita fattuale, non semplicemente verbale – che l’uso di tale metafora esprima una gradevole riduzione di aggressività fisica piuttosto che il suo controllo e segnali il trasferimento della passione, motore di ogni dinamismo politico, dall’essenziale, cioè da una «questione di vita o di morte» a una «questione d’orgoglio», di protezione da una criminalizzazione virtuale della propria immagine sociale. Ma – soprattutto – mi pare che dislochi l’intelligenza – la facoltà dell’essere umano che dovrebbe essere coinvolta, anche se con altre, nella vita politica, e che può contrastare l’influenza degli stessi interessi materiali – in posizione subordinata rispetto a una passionalità da tifoseria, che si limita a coprire tali interessi per oggettiva mancanza, o con tangibile disprezzo, di più elevati strumenti di giudizio.

Comunque, prima delle mie simpatie vengono i fatti. E i fatti sono percepiti con una griglia metaforica principalmente sportiva.

Così, il centrodestra ha battuto il centrosinistra. E si presenta una combinazione nuova, ignota alla storia politica italiana da tempo a questa parte, tanto che, per identificare una situazione analoga bisogna risalire certamente – e con la ragionevole sicurezza di essere seguiti dai nostri interlocutori, per quanto scarsamente informati – al 27 marzo 1994, alla premessa elettorale del primo governo guidato dall’on. Silvio Berlusconi. Mentre sullo sfondo giganteggia, ormai «mitica», la prima opposizione al centrosinistra, quella costituita dal governo guidato dall’on. Fernando Tambroni Armaroli (1901-1963), caduta a causa di violenze di piazza nel lontano 1960.

Perché di questo mi pare trattasi in relazione al risultato della consultazione elettorale del 13 maggio 2001: del primo episodio di solida vittoria sul centrosinistra, dopo quello, che si mostrerà fragile, del 1994, e quello, finito violentemente, del 1960. E, dal canto suo, il centrosinistra affonda le sue radici in una lettura non congiunturale del Cln, Il Comitato di Liberazione Nazionale, ma in una interpretazione di esso come struttura politica di una nuova sintesi storica, di un nuovo ciclo storico. Perciò quella del 13 maggio 2001 è una vittoria  che può essere realmente fondativa di una Nuova Repubblica, di un’autentica Seconda Repubblica.

A questo punto, e a questo proposito, non solo mi guardo bene dal profetizzare, ma mi astengo anche dall’«auspicare». Preferisco cercare conferma di quanto ho affermato in genere nella società e, in specie, nella sua espressione elettorale, attraverso quel sondaggio preparato e non improvviso e improvvisato, a suo modo meditato e non estemporaneo, «artificiale», costituito appunto dall’espressione elettorale della società.

Credo di qualche utilità fare quanto mi appresto a fare soprattutto perché l’opinione pubblica è letteralmente sommersa da percentuali, e le uniche cifre assolute, cioè quelle più prossime alla realtà, a essa proposte sono pressoché esclusivamente quelle prodotte dall’interazione fra il corpo elettorale e la legge elettorale, quindi quelle relative all’assegnazione dei seggi della Camera dei Deputati e del Senato della Repubblica.

Per parte mia propongo, invece, un percorso breve, limitato al lasso di tempo che si stende dal 1994 al 2001, ma segnato profondamente e oggettivamente  nei valori assoluti dei risultati elettorali, con riferimento pressoché esclusivo ai suffragi espressi votando le liste proporzionali, risultati resi omogenei dal permanere dei medesimi protagonisti politici e dal riferimento a consultazioni elettorali intese al rinnovo del Parlamento nazionale. Quindi, come si dice, relativi solo a elezioni politiche e non europee piuttosto che regionali, senza per questo misconoscere l’importanza di queste ultime consultazioni.

Dunque, nel 1994, ha partecipato alla consultazione l’86,1% dei 48.135.041 aventi diritto: fra essi 11.210.540 hanno espresso il loro voto per il Polodelle libertà e il Polo del Buon Governo – esclusa la Lega Nord -, premiati dalla legge elettorale  rispetto ai 15.080.674 rappresentati dal Polo Progressista e dal Patto per l’Italia.

Il 21 aprile 1996 la partecipazione elettorale è stata dell’82,7% di 48.909.496 aventi diritto: nell’occasione il Polo delle libertà ha avuto 15.772.680 suffragi con un incremento rispetto alla consultazione omogenea precedente pari a 4.561.663 voti, mentre l’Ulivo ha ottenuto 13.019.213 voti, con un decremento di 2.066.439.

Finalmente  nel 2001, a fronte dell’81,2% di votanti su 49.457.054 aventi diritto, il Polo delle libertà – non la Casa delle libertà e Alleanza nazionale e il Biancofiore, costituito dal Ccd, il Centro Cristiano Democratico, e dal Cdu, i Cristiani Democratici Uniti – ha ottenuto 16.573.680 suffragi, con un incremento  - di nuovo rispetto alla consultazione elettorale omogenea immediatamente precedente – di 801.478 voti, mentre l’Ulivo – non conteggiando per omogeneità il Partito dei Comunisti Italiani – ha avuto 12.524.243 suffragi, quindi un ulteriore decremento di 494.970.

Credo doveroso far presente che ho escluso dalle mie considerazioni la Lega Nord non sulla base di un giudizio o, ancor meno, di un pre-giudizio politico – infatti la presenza di questa forza e del suo elettorato accanto al Polo rafforza le mie conclusioni – ma, ancora una volta,  solo ed esclusivamente per non turbare l’omogeneità del confronto.

Come si può vedere attraverso l’espressione elettorale, prescindendo dalle conseguenza dell’esito delle consultazioni stesse in numero di seggi, la base di consenso sociale al centrodestra è cresciuta vistosamente nel 1996 e si è, per così dire, sicuramente consolidata nel 2001. Per contro, il consenso sociale al  centrosinistra è venuto vistosamente decrescendo nel 1996 e ha confermato la sua tendenza negativa  nel 2001. E così il 13 maggio 2001 si è prodotto non solo un importante risultato elettorale per il centrodestra, ma si è confermato,  consolidato e mostrato ormai tendenziale il significativo  sorpasso del consenso sociale al centrosinistra da parte del consenso sociale al centrodestra, verificatosi nel 1996.

Quindi, la Cortina di ferro umana, costruita in Italia almeno a partire  dalla seconda metà del secolo XX, si sta rumorosamente sgretolando . E qualunque costruzione alternativa, sempre che i costruttori lo vogliano e lo sappiano fare, si può erigere su una solida base.

Purtroppo però, allo stato, la classe politica nel suo insieme non riesce a coinvolgere nell’opera di ricostruzione sociale un duro zoccolo di astensionisti . Né possono bastare a coprire l’esistenza in questo settore  della società gli sforzi  compiuti dal ministero dell’Interno sotto la guida dell’on. Enzo Bianco per far credere ad una partecipazione straordinaria alla consultazione  del 13 maggio 2001, con una tecnica rovesciata rispetto a quella usata dagli stessi governi di centrosinistra in relazione al fenomeno immigratorio: in questo caso, per dar l’impressione di un ingresso limitato, si sono moltiplicate e spalancate le porte; in quello, per fare credere  a una partecipazione straordinaria, altre porte si sono ridotte e chiuse. Per incidere su quello zoccolo, costituito da cittadini italiani non meno cittadini dei votanti – se non votano pagano certamente le tasse, almeno quelle indirette -, per coinvolgerlo sia pure indirettamente alla gestione della società, quindi per corresponsabilizzarlo in tale gestione, è necessario che la classe politica convinca anche questo settore  della società che la politica serve, sia nel senso che ha una sua utilità sia nel senso di sapersi rendere utile, anzitutto attraverso il più semplice e convincente degli argomenti: quello costituito dal rispetto degli impegni assunti in occasione della campagna elettorale.