Azione Sociale n.4 2001

NAZIONALISMI CONTRO

«Le istituzioni e i politici della Macedonia non hanno affrontato seriamente la questione del rapporto tra le comunità etniche».

 Parla don Lush Gjergj

 

Don Lush Gjiergj è parroco di Bince, centro kosovaro assai vicino (meno di un’ora in auto su piste sterrate) al villaggio di Tanusha/Tanusevci, teatro della prima comparsa, a febbraio, dell’Uck macedone. Intellettuale molto ascoltato in Kosovo, della crisi macedone don Lush offre una lettura che risente della sua appartenenza alla comunità albanese. Ma non ne condivide le derive nazionalistiche e d estremistiche.

Don Lush, lei conosce a fondo l’area da cui si è sprigionatala scintilla che ha rischiato di incendiare la Macedonia. Come è nata la nuova guerriglia albanese?

Bisogna tener conto, anzitutto, delle tensioni create dall’accordo del 23 febbraio tra Serbia e Macedonia per la revisione dei confini, che interessa anche le aree di montagna dove ha fatto la sua comparsa il nuovo Uck. La Serbia ha concesso molto alla Macedonia, a proposito di un territorio – il Kosovo – sul quale attualmente non ha un controllo e una giurisdizione reali, senza coinvolgere gli organismi internazionali che amministrano la provincia. Già nei mesi precedenti esercito e polizia macedoni avevano compiuto ripetute azioni in quell’area, sconfinando spesso in u  territorio che i kosovari considerano loro. Le popolazioni albanesi hanno vissuto quelle azioni come provocazioni. Inoltre il confine tra Kosovo e Macedonia non è mai stato efficacemente controllato da alcuno. Parliamo di un corridoio montuoso, lungo poco meno di 70 chilometri, nel quale i villaggi sono radi e scarsamente popolati: non più di 10 mila abitanti. Questa zona era diventata, dopo la guerra del ’99, un canale assai battuto dai trafficanti di armi, droga ed esseri umani.

Come si lega tutto ciò alla comparsa del nuovo Uck?

I gruppi armati albanesi presentatisi come nuovo Uck sono insorti anche per reazione ai nuovi confini, che ostacolano i traffici illegali proiettati verso l’Europa e sono per di più innaturali. L’insurrezione è stata agevolata da un massiccio rifornimento di armi e dall’arruolamento di ex combattenti provenienti dal Kosovo. E’ circostanza risaputa, tra gli abitanti dell’area di Vitina, dove risiedo, che nei mesi precedenti la crisi molti camion e trattori erano stati in montagna, carichi dei più svariati armamenti. Tutto senza alcun disturbo da parte dei militari Nato (nell’area opera il contingente Usa, ndr), che hanno chiuso gli occhi.

Tra macedoni e albanesi, però, vi sono anche altri profondi motivi di dissidio…

Nel decennio successivo all’indipendenza gli organismi istituzionali e politici della Macedonia non hanno affrontato seriamente la questione del rapporto tra le comunità etniche. Si è fatto assai poco per creare spazi di cittadinanza  autentici e aperti a tutti, che offrissero a ciascuno l’occasione di sentirsi cittadini macedoni con eguali diritti ed eguali opportunità. I rappresentanti delle comunità albanese e macedone non erano predisposti a un dialogo serio e approfondito, che del resto nemmeno la comunità internazionale ha incoraggiato. I due partiti albanesi al governo a Scopje si sono limitati ad attuare una politica di occupazione del potere. Così la guerriglia ha potuto tentare di farsi interprete del malumore della componente albanese, mascherando gli interessi e i traffici cui era realmente dedita.

La crisi militare è stata dunque una miscela di problemi reali e affari inconfessabili…

Dei traffici ho detto. Quanto ai rapporti tra le comunità nazionali che vivono in Macedonia, pur non essendo uno studioso  della costituzione e delle istituzioni macedoni, trovo singolare che possa esistere uno stato nazionale, in un paese in cui la principale minoranza  rappresenta circa il 30% della popolazione (c’è chi dice anche il 40%) e vivono altri gruppi nazionali, che elevano la percentuale delle minoranze a più del 50% della popolazione. E’ incongruo, dunque, che la costituzione definisca la Macedonia come stato dei macedoni. Bisogna fare anche delle altre comunità popoli costitutivi del paese.

E’ solo una questione di ingegneria costituzionale? No, ma da quella lacuna discendono le difficoltà che la gente avverte anche nella vita quotidiana. Molti albanesi, a causa della lacuna costituzionale, non riescono a ottenere documenti, quindi ad avere un’adeguata istruzione, a trovare un lavoro, a ricevere la pensione.

Come affrontare questi problemi? Anzitutto discutendo di come modificare la costituzione, per attribuire non solo al macedone il ruolo di popolo garante e costitutivo. Poi prevedendo il bilinguismo in tutti gli ambiti della vita pubblica e amministrativa, perlomeno dove gli albanesi sono maggioranza. Infine, realizzando eguali opportunità di accesso ai diritti fondamentali, come lavoro e scuola. Così porranno le basi per una soluzione politica dei problemi e, parallelamente, si sottrarrà terreno agli estremismi.