Il Giornale 21 aprile 2001

COMMENTI

Progresso

Eutanasia della morte

di Giuseppe Sermonti

Le festività pasquali del 2001 sono state commentate da una notizia discesa dall’Olanda. Secondo una legge approvata  dal parlamento olandese, la pratica dell’eutanasia diviene lecita nei Paesi Bassi. Con il consenso  del degente e il parere del medico sarà possibile mettere fine alla vita del morente, abbreviandone l’agonia o staccando la corrente che sostiene una vita artificiale. L’operazione risparmierebbe  spasimi, eliminerebbe la coda indecorosa dell’esistenza, permetterebbe di dirottare le cure mediche verso soggetti che ne possono più utilmente fruire. La morte artificiale accrescerà le nostre possibilità  di studio sulle cause e le modalità del momento finale della vita. Non sto parlando con ironia. Il discorso fila logico e, sotto alcuni spetti, coerente con i principi che sono invalsi nella deontologia medica degli ultimi decenni. La legge olandese ha suscitato sconcerto e indignazione nel mondo cattolico, che vi vede violato il principio che la vita è affidata a Dio.

Di fronte a questa legge, fredda come il vento del nord, dobbiamo ammettere che noi mediterranei siamo veramente impreparati. Gaudenti e distratti, abbiamo rimosso la morte dai nostri pensieri, rendendola una sgradevole pratica, come una pendenza fiscale, di cui occuparsi il più tardi possibile. E’ lo stesso atteggiamento elusivo che abbiamo assunto nei confronti della sessualità, di cui non parliamo ai nostri figli, o ne parliamo evitando le pieghe più impegnative. Ricordo, una notte, di aver convocato i miei figli bambini per una lezione sul sesso. Qualcosa devo aver omesso, perché il più piccolo mi interruppe: «Papà, allora quando siamo nati, tu hai dovuto fare  quella cosa lì? Povero papà, tre volte!». Come della nascita, come della sessualità, così della dipartita non ci piace parlare. La morte biolegale è quella di cui solo si interessa  la legge olandese che ha portato  all’accettazione della morte artificiale. La morte non è più il grande trapasso, l’incontro sublime, l’accesso al mistero irraccontabile. La morte è morta!

Dal punto di vista biologico la morte è, come ogni altro concetto, una convenzione. L’eutanasia è l’assecondamento della fine di una vita considerata già finita. La prima cosa preoccupante è che l’esaurimento della vita potrà essere anticipato ed esteso ad arbitrio, giocando sulle definizioni. Ancora più temibile è la prospettiva che la morte divenga una  materia scientifica di grande interesse, un oggetto di esperimento. Si studierà e si calibrerà la cessazione della vita nei morenti di oggi, per far morire meglio quelli di domani. Così vuole il progresso, e la scienza, ci hanno detto, non si può fermare.

Gli aspetti legali della morte hanno già destato preoccupazioni nei competenti. Non sarà facile definire e formalizzare la libera e informata decisione del morente, né scongiurare che nelle testimonianze dei congiunti si affaccino motivi di stanchezza, di aggravio di spesa o di eredità. Mi guarderò dall’avanzare considerazioni di saggezza sulla morte, perché non so affatto se sono preparato meglio di altri. Penso questo: che l’altro mondo, o come lo si voglia chiamare, non sopravviene solo nel momento estremo, ma aleggia su tutta la vita, ed è una presenza che dilata i confini del presente e ci avvisa di non considerare la vita come un’azienda. E’ la indistinta e misteriosa percezione dell’oltre che ci rende un po’ meno  azioni quotate in borsa o libretti di risparmio e un po’ più uccelli o fiori dei campi. Non so come abbiate celebrato la Pasqua, ma credo che quel rito riguardasse  proprio e centralmente il problema di cui stiamo parlando e culminasse liberando un suono di campane al confine tra questo e l’altro mondo.