Corriere della Sera 15 giugno 2001
L’ESPERTO STATUNITENSE
«Ma non c’è un’emergenza inquinamento»
dal nostro corrispondente
NEW YORK - «Il rapporto dell’Accademia nazionale delle Scienze sul clima pubblicato la scorsa settimana è stato completamente travisato dai media. Non solo lo studio commissionato dalla Casa Bianca non appoggia in alcun modo il protocollo di Kyoto, ma non dice neppure che a causare i cambiamenti atmosferici siano l’uomo e l’inquinamento».
Parla Richard S. Lindzen, docente di meteorologia al prestigioso Mit (Massachussetts Institute of Technology), oltreché membro dell’équipe di 11 scienziati che hanno redatto il famoso rapporto additato dagli ambientalisti come «l’ultima prova, la più autorevole e indipendente» della catastrofica minaccia posta dall’inquinamento atmosferico sul futuro del pianeta. «Il protocollo di Kyoto è un documento politico interessante che però non ha nulla a che vedere col clima – precisa al Corriere Lindzen – esso dimostra cosa succede quando diplomatici, attivisti e capi di Stato si mettono a trattare temi scientifici senza conoscerli. Ha ragione Jacques Chirac quando definisce Kyoto “il primo passo verso il governo globale”».
Cosa succederà al pianeta tra cento anni?
«Tra un secolo il clima sarà diverso rispetto a oggi, ma semplicemente perché le mutazioni atmosferiche sono la norma. Sono convinto che tra qualche migliaio di anni avremo un’altra era glaciale. Ma le emissioni di biossido di carbonio non c’entrano».
Si spieghi meglio.
«pensi alla “Piccola era glaciale” che portò nell’Europa del XVII e XVIII secolo neve e ghiacciai. O all’optimum medievale, mille anni fa, quando la parola inquinamento non esisteva ancora, ma l’Islanda e la Groenlandia erano zone temperate e abitate dove si coltivava la vite le temperature, allora, erano tra i 2 e i 5 gradi centigradi più elevate di oggi».
Quali fattori contribuiscono a questa variabilità?
«Se lo sapessimo potremmo prevedere il futuro. Ma la verità è che non abbiamo una spiegazione vera e plausibile per capire gli sconvolgimenti metereologici del presente e del passato. La scienza del clima è ancora a uno stadio primitivo».
Possono gli individui e la società fare qualcosa per non peggiorare le
cose?
«Questa domanda esula dal
casmpo scientifico per entrare in quello della religione. Lei mi sta chiedendo
se sono opportuni sacrifici agli dei per migliorare le cose. Si tratta di
palliativi inutili per domare un mostro che pochi conoscono. La mia impressione
è che soprattutto l’Europa, sia oggi in preda alla religione ambientale e
all’isterismo». Ma a suonare l’allarme è
una grande parte degli scienziati.
«Se si riferisce ad organizzazioni come il World Watch Institute” non parla di scienziati, ma di gruppi che fanno soldi allarmando la gente per poi chiedere donazioni. Hanno i loro interessi. Purtroppo nella maggior parte del mondo, Europa in testa, il sostegno dei governi alla scienza del clima è basata sul fatto che c’è una emergenza. Ma finchè non impariamo a sostenere la scienza a prescindere dalle emergenze, avremo rapporti faziosi».
E il buco dell’ozono e l’inquinamento?
«La verità è che entrambi i problemi sono in via di diminuzione. Nella maggior parte dei Paesi industrializzati, Stati Uniti ed Europa in testa, l’aria è più pulita. Non solo. Invece di morire tutti di cancro e asma la durata della vita è in aumento ovunque. Esistono problemi ben più gravi e primari, mi creda. Ed è proprio ciò che il nostro rapporto incompreso dice: tirate un sospiro di sollievo, la fine del mondo non è affatto vicina».
Alessandra Farkas