Il Giornale, martedì 3 luglio 2001

Il contro-manifesto dei cattolici:la globalizzazione non è il male

La denuncia Un gruppo di scienziati, studiosi, intellettuali e giornalisti prende le distanze dal documento inviato ai capi di governo da associazioni vicine alla Chiesa

 

«E’ sconcertante notare come parte del mondo cattolico si sia accodato in modo acritico al “popolo di Seattle”». E’ un vero contro-manifesto quello che una trentina di intellettuali cattolici (e altre firme continuano ad aggiungersi) hanno stilato contro il «pensiero unico» delle 42 associazioni che hanno presentato il «Manifesto ai leader del G8» in appoggio agli antiglobalizzatori. «Siamo semplici cattolici, non rappresentiamo che noi stessi» specificano i promotori del documento: tra essi studiosi del calibro di Marcello Pacini, consigliere d’amministrazione della Fondazione Agnelli; economisti come Carlo Pelanda e politologi come Gianni Baget Bozzo; e poi scrittori (Rino Cammilleri), giornalisti (Antonio Socci, Robi Ronza e Luigi Amicone), docenti universitari (Ernesto Pedocchi del Politecnico di Milano, Gianni Fochi della Scuola Normale di Pisa). C’è anche Pietro Gheddo, missionario del Pime, saggista e conoscitore tra i più profondi del Terzo mondo.

Il testo, intitolato «Non conformatevi!», critica l’appoggio ai gruppi che s’ispirano a ideologie inconciliabili con la fede cristiana. Una citazione di Paolo VI è illuminante: «Ciò che mi colpisce quando considero il mondo cattolico è che al suo interno sembra talvolta predominare un pensiero di tipo non cattolico. Ma esso non rappresenterà mai il pensiero della Chiesa». «Il movimento anti G8, lungi dall’essere vicino alla Chiesa – si legge nel testo -, ha alla sua base uno schematismo ideologico e lo sprezzo della ragione umana. C’è un’egemonia di gruppi che praticano sistematicamente la violenza contro cose e persone unita a una fortissima componente marxista. Si tratta di un marxismo grossolano che riesce a demonizzare perfino lo sviluppo, la tecnologia e la scienza».

Sotto accusa che l’altra componente dello spirito antiglobalizzazione, «l’ecologismo radicale che oltre ad essersi dimostrato disastroso e ad alimentare fobie collettive, intende abbattere il primato dell’essere umano e la bontà della sua presenza sul pianeta».

I firmatari difendono l’utilità della globalizzazione.«Il progresso tecnologico e la crescita economica sono gli unici strumenti per sanare le piaghe della fame, per vincere le malattie e difendere l’ambiente». Le cifre parlano chiaro: dal 1960 nei Paesi in via di sviluppo i tassi della mortalità infantile sono stati dimezzati, e quelli di malnutrizione ridotti del 33 per cento. La vita media nei Paesi industrializzati è di 77 anni (era di 50 nel 1900 e di 40 nel 1820) ed è salita a più di 60 anni anche nei Paesi arretrati. Nell’arco del secolo il reddito individuale medio mondiale è quadruplicato. «Naturalmente esistono anche gravi ingiustizie, fame e nuovi drammi sociali che occorre affrontare e risolvere, ma è insensato misconoscere gli enormi progressi fatti».

I vantaggi della globalizzazione riguardano anche la relazione uomo-ambiente: «Lo sviluppo delle attività agricole ha permesso di ottenere una produzione alimentare che oggi può sfamare l’intera umanità con un utilizzo di terre e di forza lavoro sempre più piccole. Le zone protette si sono moltiplicate per venti negli ultimi dieci anni. Le città dei Paesi avanzati sono più pulite e anche certe forme d’inquinamento dei mari sono fortunatamente diminuite. Le foreste crescono e si scoprono specie animali e floreali che sembravano scomparse».

Uno dei punti cardine della contestazione al «popolo di Seattle» è l’apertura al commercio globale. I cattolici pro-G8 replicano in modo secco: «I Paesi più aperti al commercio hanno una crescita più rapida di quelli che non lo sono. Inoltre è stato dimostrato che non bastano affatto gli aiuti dell’Occidente  per battere il sottosviluppo. Occorre prima una crescita giuridica e culturale in quei Paesi: senza il riconoscimento dei diritti umani, civili ed economici delle persone il Terzo mondo non esce dal sottosviluppo».

Ed ecco l’attacco che smaschera i falsi miti del «popolo di Seattle»: «Il modo in cui oggi si discute di fame, processi economici e difesa dell’ambiente mette sul banco degli imputati  i Paesi e gli uomini che hanno favorito lo straordinario progresso di questi decenni. Bastano poche voci confuse, argomentazioni pseudo scientifiche, e tanta ideologia basata sulla lotta di classe per criminalizzare intere categorie sociali e diffondere pena e panico sul futuro. Così, in nome di una presunta difesa dei poveri e dell’ambiente, sono state scatenate  vere e proprie azioni di guerriglia urbana, uomini sono stati feriti, si sono devastate città».

L’ultima stoccata al «Manifesto anti-G8»: i cattolici che l’hanno firmato censurano i temi che il Papa ha richiamato con puntiglio in ogni angolo del mondo. Essi parlano sì di dignità della vita umana della vita umana «ma non si dice  una parola contro l’aborto di massa, l’eutanasia, i programmi di sterilizzazione collettiva, l’uso sperimentale della genetica sull’uomo». Come ha scritto il New York Times, «il popolo di Seattle è la coalizione che vuole mantenere poveri i più poveri».