Corriere della Sera, 30-07-02
COMUNISMO
Nel mirino soprattutto gli intellettuali. La rete segreta serviva per verificare le opinioni della gente sulle scelte politiche
di Vittorio Strada
Slavoj Zizek, membro dell’Istituto di Scienze sociali di Lubiana, nel suo ultimo libro, dedicato al totalitarismo (Did somebody say totalitarianism?), brillante e interessante nonostante la vecchia banalità goscista di base secondo cui la nozione di totalitarismo avrebbe la funzione di coprire l’egemonia liberaI-democratica, essa stessa a suo modo totalitaria, riporta un episodio riguardante il regime forse più coerentemente, e sinistramente, totalitario che si conosca: quello dei khmer rossi. Sotto il loro potere in Cambogia, visto il preoccupante calo della natalità a causa degli eccidi e dell’inedia, tre giorni al mese (il primo, il dieci e il venti) erano dedicati alla copula. Di sera le coppie sposate (che negli altri giorni dopo il lavoro pernottavano in baracche separate) avevano il permesso di dormire insieme, costrette a all’operazione che si suole definire “fare l’amore”. Il loro spazio privato era un piccolo cubicolo recinto da una semitrasparente cortina di bambù, lungo la fila dei quali pattugliavano le guardie rosse per vigilare che il coito avesse luogo. Le coppie sapevano che la renitenza anche a quell’obbligo era considerata un sabotaggio e veniva severamente punita; allora fingevano di dimenarsi mugolare eroticamente per trarre in inganno le guardie. Questo episodio non dice soltanto che cosa sia un regime totalitario vero. L’episodio tragicamente grottesco riportato dice anche che neppure un regime arcitotalitario raggiunge la perfezione e l’uomo nuovo” progettato dalla “rivoluzione culturale” trova il modo di sottrarsi, almeno in pane, alla coazione totale. Un regime, con la sua ideologia di base, può essere totalitario, nei limiti delle umane possibilità, ma una società non può essere veramente totalitaria, e tanto meno l’insieme dei suoi membri, gli uomini e le donne che la compongono, perché si dà una resistenza, magari soltanto passiva, al progetto ideopolitico che ispira il regime, progetto che resta quindi almeno parzialmente utopico e prima o poi è destinato .a fallire.
Questa riflessione è confortata dai nuovi materiali che giungono dagli archivi russi della polizia politica sovietica, riguardanti cioè il primo e più duraturo, e meno imperfetto, regime totalitario che si conosca, modello, in un certo senso, per i successivi: si tratta delle relazioni che gli agenti di questa polizia (ultima sua denominazione in sigla: Kgb) inviavano regolarmente alla propria direzione e di qui passavano al ministero degli Interni, e poi, rielaborate, erano inoltrate al Comitato centrale del Partito comunista, il quale così disponeva di una sicura informazione sullo stato della sottostante società, sui suoi umori, sulla sua opinione non pubblica per così dire: i delatori, autori dell’informazione primaria, infatti, riferivano con fedeltà, come era loro compito, ciò che avevano sentito (a differenza delle delazioni “private”, fatte cioè da normali cittadini, le quali potevano essere calunniose, dettate come erano non di rado da interessi di chi, autore della delazione, voleva vendicarsi di qualcuno o eliminare un rivale, prendendone il posto o magari l’appartamento). Si scopre così che come i cambogiani emettevano gemiti di finto orgasmo e simulavano il dimenio dell’amplesso, i assi in pubblico rispettavano le regole di comportamento imposte, ma in privato spesso tra loro (anche perché non sapevano che un delatore era presente sotto le mentite spoglie di una persona di loro fiducia) si esprimevano con franchezza
Questo avveniva tra gli scrittori e gli intellettuali anche negli anni più terribili delle rappresaglie poliziesche, nel 1936-37, quando Stalin, portando al parossismo il Terrore “normale” del regime, non si comportò come un folle tiranno, ma come un rivoluzionario il cui potere faceva tutt’uno con l’ideologia marx-leninista e il regime comunista e la cui politica era di accelerare al massimo l’omogeneizzazione della società sovietica e di razionare, adattandolo alle nuove circostanze interne ed esterne, il dominio del partito e, naturalmente, del Capo che lo impersonava. Il fatto che dalla tradizionale (a partire dall’ottobre 1917) persecuzione spietata e criminosa dei “nemici di classe” e di partito Stalin passasse a quella dei “nemici del popolo” anche all’interno del partito costituiva un passo assai breve e non del tutto illogico.
I documenti qui presentati in breve aprono uno spiraglio, destinato ad allargarsi con la pubblicazione di altri materiali consimili su una “società sovietica” non del tutto domata da un regime totalitario che all’inizio molti suoi membri, illudendosi, avevano contribuito a costruire.
CASA BABEL
Gide l’astuto, Gorkij il sacrestano
Dalla relazione di un delatore della polizia politica (Nkvd), con lo pseudonimo Emmanuel in data 5 luglio 1936, sulle reazioni della moglie dello scrittore Babel agli arresti fatti in quel periodo:
“La Pirozhkova (la moglie di Babel, ndt) ha raccontato che il 26 giugno André Gide ha pranzato da loro. C’erano anche Eisenstein e uno scrittore francese. Nell’appartamento di Babel abita il fratello dì André Malraux rimasto a lavorare in Urss come regista cinematografico”. Emmanuel ha domandato: “Gide e gli altri amici di Babel i francesi, sono al corrente di questi arresti? La Pìrozhkova ha risposto di credere di no: “Gide nel corso di tutto il pranzo ha parlato con ammirazione di tutto ciò che ha visto nell’Urss, dopo che Gide se ne fu andato, Babel disse: “Non si deve prestar fede a questa ammirazione. Lui è astuto come un diavolo. Non si sa ancora che cosa scriverà, una volta tornato a casa. Non è tanto facile menarlo per il naso. Gorkij al suo confronto è un sacrestano di villaggio”.
SULLA PRAVDA
Shostakovic, vittima designata
Da una relazione sugli echi che tra letterati e artisti aveva suscitato un articolo apparso sulla Pravda che attaccava il compositore Dmitrij Shostakovic (la data è l’11 febbraio 1936, la frase del commissario della Sicurezza di Stato di secondo grado G. Molcianov):
“Lezhnev (prosatore, che fu arrestato e fucilato nel 1938, ndt): “L’orrore di ogni dittatura è che il dittatore fa quello che gli viene il ghiribizzo di fare. Noi, come tanti don Chisciotte, non facciamo che fantasticare, ma la realtà ci insegna semplicemente la verità. Ciò che è stato fatto contro Shostakovic lo considero un fenomoro analogo al falò di libri in Germania”.
“Lezhnev ha continuato: “Che differenza c’è? Questo fatto ha confermato ancora una volta quello e dicevo prima, cioè che noi abbiamo molto in comune con i tedeschi, anche se ci vergogniamo di questa somiglianza"”.