La Stampa, 31-07-02
HANNO CHIESTO ASILO POLITICO AL CANADA, L’OPERAZIONE ORGANIZZATA DAGLI ESULI NEGLI USA
Maurizio Molinari
Corrispondente da New York
Almeno ventitre dei duecento cubani arrivati a Toronto per partecipare alle celebrazioni della Giornata Mondiale della Gioventù lunedì non sono tornati all’Avana ed hanno chiesto asilo politico al Canada. La defezione collettiva è stata rivelata da Joe Garcia, della “Cuban American National Foundation”, che ne ha rivendicato il merito ad un piano messo in atto dai gruppi dell’ opposizione presenti in Usa e Canada, in cerca da tempo di un’occasione di riscatto dopo la sconfitta subita due anni fa con il ritorno a Cuba del piccolo Elian Gonzales. Il racconto della fuga avvenuta a Toronto non ha nulla da invidiare alle scene di un film sulla Guerra Fredda: l’allontanamento è stato reso possibile dalla confusione che regnava sul grande prato verde durante la messa recitata da Giovanni Paolo II, che ha consentito ai ventitre di mischiarsi ad altri gruppi e sfuggire al controllo della scorta, che si sarebbero accordi troppo tardi di cosa era avvenuto. “Li abbiamo fatti fuggire uno ad uno durante la messa del Papa evadendo i controlli dei servizi cubani” ha raccontato Ismael Sambra, presidente della “Cuban Canadian Foundation”. I giovani si sono allontanati singolarmente dalla delegazione mentre Giovanni Paolo II parlava in pubblico e subito dopo, quando la massa di ottocentomila persone si è improvvisamente mossa, hanno accelerato il passo dirigendosi verso i luoghi di raccolta che gli erano stati comunicati. Da lì hanno poi raggiunto separatamente “alloggi sicuri” che erano stati preparati da parenti giunti nei giorni precedenti da Texas, Florida, New York e New Jersey. Si è trattato dunque non di una decisione presa all’ultimo minuto dai ventitre giovani ma di un’operazione pianificata che ha coinvolto alcuni dei maggiori gruppi degli esuli cubani negli Stati Uniti, che ora chiedono al Canada di accettare senza indugi le richieste di asilo politico. Il deputato repubblicano della Florida Lincoln Diaz-Balan si è schierato con loro scrivendo una lettera-appello al premier di Ottawa, Jean Chretien. La chiesa cubana ha ammesso l’episodio ieri mattina con un comunicato del portavoce Orlando Marquez Hidalgo, secondo cui i giovani esuli provengono da due diocesi agli estremi opposti dell’isola: Pinar del Rio, ad occidente, e Santiago de Cuba, ad oriente. “Sì, posso confermare che è vero, questi giovani ragazzi hanno preso la decisione di non tornare in patria” ha aggiunto Marquez Hidalgo. I servizi di sicurezza dell’Avana, avevano avuto sentore dei possibili rischi, temevano fughe ed avevano - quindi scelto di consentire solo a duecento dei seimila richiedenti di partire per Toronto - via Montreal - al fine di avere una delegazione più ristretta e controllabile dagli uomini dei servizi di sicurezza che componevano la scorta ufficiale. Ma non è bastato ad evitare la beffa: prima di lasciare per l’ultima volta le loro camere di hotel i ventitre hanno scritto dei personali bigliettini di addio ai propri amici, agli stessi uomini della scorta e perfino al lider maximo Fidel Castro. Adesso, rinchiusi nei loro “alIoggi sicuri” a Toronto i ventitre temono però la rabbia e la rappresaglia del regime castrista. “hanno paura per loro e soprattutto per le loro famiglie rimaste a Cuba” ammette Ismael Sambra. Le organizzazioni di esuli hanno deciso di dividerli a gruppi di due o tre per rendere impossibile ai servizi segreti cubani identificare i loro rifugi.
Resta adesso da vedere quale sarà la reazione politica dell’Avana alla fuga, nei rapporti con il Canada e la Chiesa cattolica.