Il Giornale, 30-06-02
ONU
LUIGI AMICONE
Caro direttore, certe volte si ha l’impressione che il nostro discutere sui problemi del mondo sia più un esercizio di pensieri e sentimenti in libertà, che la riflessione su fatti e avvenimenti reali da cui dovremmo trarre suggerimenti e istruzioni per politiche miranti alla difesa e allo sviluppo del mondo comune.
Consideriamo per esempio il caso del Sudan, Paese africano a regime islamico e di sha’ria, che attualmente siede nella commissione Onu per i diritti umani. Non è grottesco, per non dire tragicamente folle, che un regime che continua a perseguitare le minoranze religiose (in specie quella cristiana) e che prosegue in una guerra di sterminio che dall’82 a oggi ha causato oltre due milioni vittime si avete letto bene, 2 milioni! -ufficialmente incaricato dalle Nazioni Unite di vigilare sul rispetto dei umani umani nel mondo?
Bene, se non vi sembra bizzarro tutto ciò sappiate che in questi giorni l’aviazione sudanese ha ripreso i bombardamenti delle regioni del sud, dove, tra l’altro, la popolazione è vittima dei flagelli della carestia e della siccità. Nel silenzio pressoché totale del fronte giornalistico, pacifista e no-global l’Africa sta conoscendo l’ennesima offensiva di un regime che non nasconde il suo obbiettivo di costituire la testa di ponte per l’islamizzazione e l’arabizzazione del Continente nero. Inutile ricordare che gli appelli delle chiese e delle organizzazioni umanitarie non trovano grandi echi nel rnilieu progressista occidentale.
Un esempio? Il 24 giugno il regime di Khartoum ha inviato una squadriglia di Antonov a bombardare la città di Malwakon. Il vescovo cattolico del posto ha denunciato l’operazione come “un vero e proprio atto terroristico”. Il presule ha detto all’agenzia Misna che gli ordigni sono stati sganciati contro obiettivi civili e umanitari che “queste operazioni fanno parte di una strategia del terrore lanciata contro gente innocente. A Malwakon -ha proseguito il vescovo - non ci sono ribelli, ma solo agenzie umanitarie. Questi sono soltanto attacchi feroci contro la nostra gente, in un momento in cui la fame avanza inesorabilmente. Così ora ci saranno altri sfollati, costretti a scappare nella speranza di salvare le proprie famiglie ma dovranno muoversi senza cibo nè acqua”.
Giovedì 27 giugno, è stato presentato a Roma il “Rapporto 2002 sulla libertà religiosa nel mondo”, stilato dall’Associazione della Chiesa che soffre”, in collaborazione con un pool di giornalisti. Il volume (che presentiamo nell’inserto di Tempi) documenta storie (impressionanti) del conculcamento dei diritti civili, politici e religiosi nel mondo. Fatti e fonti delle notizie pubblicate sono indicati minuziosamente nel Rapporto. Nel quale, ancora una volta, emerge la conferma di una indiscussa “Ieadership liberticida e violenta esercitata da governi comunisti e islamisti nell’opera di repressione e persecuzione di persone e popoli non allineati all’ideologia politica è religiosa di questi regimi.
Sarebbe bello che, in questi giorni in
cui si discute di fame, razzismo, immigrazione eccetera, ci ricordassimo che,
per esempio, sette milioni di immigrati in Arabia Saudita non hanno diritti, 2
milioni di coreani del nord muoiono di fame,
milioni di sudanesi vivono sotto il terrore islamista. Sarebbe bello che,
discutendo di impegno politico e politica internazionale per dare libertà,
diritti e risposte concrete ai bisogni materiali dei poveri, degli immigrati,
del Terzo mondo, ci si domandasse sul serio (alla luce dei fatti e non delle
emozioni propagandistiche) chi, oltre agli Stati Uniti d’America e all’Europa,
ovvero tutto ciò che è l’ Occidente liberale, resiste e lavora contro la
barbarie che affama e toglie dignità alla vita degli ultimi in ogni angolo del
pianeta.