Il Corriere del Sud n.11 anno X 15-30 giugno 2001

Un altissimo dirigente di una grande banca toscana, notoriamente vicina ai Diesse, che nell'ultima settimana di campagna elettorale si trasferisce armi e bagagli a Gallipoli, non certo a fare il turista, né il propagandista nei mercati salentini

I perché di una strana elezione

Alcune "stranezze": abnorme circolazione di buoni-benzina e buoni-acquisto nelle ultime settimane di campagna elettorale

di Oscar Sanguinetti

Strano esito elettorale quello di Gallipoli. Un candidato al parlamento della Casa delle Libertà, Alfredo Mantovano, dato per vincente, e con buon margine, dai sondaggi di un'ottima agenzia specializzata - fra l'altro la stessa che l'anno scorso aveva centrato in pieno, "al punto percentuale", la vittoria di Giorgio Guazzaloca come sindaco di Bologna - fino a dieci giorni prima del voto e che poi soccombe di quasi cinque punti complessivi. Un collegio, unico in tutta la Puglia, in cui prevale di misura un candidato dell'Ulivo di tutto prestigio ma in totale controtendenza con il quadro di débacle del centro-sinistra nella regione. Un comune, Gallipoli, in cui Mantovano raccoglie solo il 39% dei voti, con una differenza totale di oltre tremila voti rispetto all'avversario, dopo essere prevalso in sei degli undici comuni del collegio, essere andato alla pari in altri due e perso solo nei rimanenti due comuni. Un comune dove il candidato sindaco del Polo riceve invece il 55% dei voti, passando al primo turno. Francesco Cossiga, che l’11 maggio auspica la sconfitta dell'Ulivo, ma che dichiara che, se votasse a Gallipoli, non avrebbe dubbi: sceglierebbe D'Alema, perché si tratta di "un autorevole leader democratico della sinistra" da "garantire al Paese", e perchè Alfredo Mantovano rappresenterebbe "unafigura di bieco giustizialista" con "la faccia dell 'inquisitore".

Il sindaco del Polo eletto a Gallipoli, Venneri, che, intervistato in televisione due giorni prima del voto, si lascia sfuggire che della "squadra" della Casa delle Libertà di Gallipoli e dintorni farebbe parte un certo D'Alema, si accorge del lapsus e chiede di cancellare tutto dalla registrazione televisiva e, infine, recita la risposta in maniera "corretta". Candidati consiglieri comunali di Forza Italia dirottati "per errore" al comizio di chiusura di D'Alema e tutti eletti.

Un altissimo dirigente di una grande banca toscana, notoriamente vicina ai Diesse, che nell'ultima settimana di campagna elettorale si trasferisce armi e bagagli a Gallipoli, non certo a fare il turista né il propagandista nei mercati salentini. A queste ed ad altre apparenti "stranezze" - per esempio, l'abnorme circolazione di buoni-benzina e di buoni-acquisto nelle ultime settimane di campagna elettorale - sembrano finalmente dare una chiave di lettura le dichiarazioni riportate dalla pagina barese de la Repubblica il 6 giugno. Così si esprime in tutta franchezza il primo dei non eletti al Comune per Forza Italia, Antonio Abbate, impiegato postale: "Mantovano aveva vinto, io stesso e tutti quelli che mi. vogliono bene pensavamo di votarlo. Tuttavia abbiamo ritenuto che far perdere all'Italia la figura politica di D'Alema sarebbe stato come se la Juventus si fosse privata di Zidane. Pur sapendo che io ero e sono del centrodestra, D'Alema si è sempre comportato con me da ottimo amico. Così, io l'ho rispettato nel momento del bisogno. Fino al punto da dimenticare la mia stessa elezione al municipio". Un "grande elettore" del Polo come l'industriale locale Vincenzo Barba, che fornisce il gasolio al pescherecci gallipo­lini - Gallipoli vive praticamente di pesca - dichiara:

"Dovevo essere il candidato sindaco del Polo. Ma ho rinunciato a favore di Venneri, che è uno dei nostri e che è stato eletto "primo cittadino". Alla Camera, invece, ho fatto votare per D 'Alema: non potevamo non tenere conto né fare a meno del suo spessore politico". Salvatore "Toti" Magno, altro imprenditore: "Dal 1995 al 2000 ho fatto il coordinatore del collegio camerale di Gallipoli, per Forza Italia. Certo, alla Camera ho contribuito all'elezione di D 'Alema: gli abbiamo dato duemila voti". Significativo, per inciso, il commento del giornalista del quotidiano romano, Lello Parise, sulla "defezione" di Barba: "Barba è stato decisivo [...]: in un primo tempo aveva "sponsorizzato" Mantovano, poi... Poi si è scontrato con la rigidità morale del candidato del centrodestra, e ha fatto macchina indietro".

Alla luce di questi fatti e di queste illuminanti esternazioni tutti ripresi da fonti non certo schierate con la Casa delle Libertà: La Stampa, la Repubblica, Rai Tre e il Nuovo - non solo emerge palese che le cose a Gallipoli potevano andare diversamente, ma assume una nuova luce anche l'apparentemente temeraria decisione di Mantovano di scendere in campo contro D'Alema nell'uninominale.

In un contesto alquanto bizantino come quello descritto il 45,37% dei voti raccolto dal "magistrato di An prestato alla politica" ha un che di miracoloso e testimonia, oltre ogni dubbio, che solo le istanze "conservatrici" e i "poteri forti" locali e centrali possono impedire che vinca la politica dei valori.