Avvenire 6 aprile 2001

In una videocassetta, in vendita al Centro islamico, la sconcertante arringa del relatore ai fedeli musulmani

Milano, lezione di odio in una conferenza

di Camille Eied

MILANO «Si sbaglia chi pensa che il conflitto tra l'islam e gli altri riguardi problemi di frontiera o questioni strategiche ed economiche. Il movente sta nella stessa natura della nostra religione: l'islam deve dominare». Simili affermazioni - per fortuna minoritarie nell'islam - non si fanno più soltanto ad Algeri o a Kabul, ma anche a Milano. Come a dimostrare che l'arruolamento nelle reti terroristiche di immigrati musulmani è fattibile in Italia. Nel mondo islamico sono presenti differenti scuole e questa non è certo la più seguita. Restano comunque episodi che, anche se marginali, destano preoccupazione. La cassetta che riprende un incontro pubblico, in vendita al Centro islamico di viale Jenner, s'intitola «terrorizzare è dovere religioso, assassinare è tradizione» e mostra un relatore sulla quarantina, dalla lunga e incolta barba nera, seduto accanto all'islam del centro. Alle loro spalle, uno striscione in arabo augura buone feste ai musulmani di Milano e della Lombardia. «Tutti i nostri nemici sono terroristi, afferma il nostro uomo. Basta prendere i loro testi religiosi o leggere la loro Storia per convincersi. E dire che i nostri ignoranti imam, non appena si sentono accusare che l'islam si era diffuso con la spada, si affrettano a negarlo per affermare che la nostra è una religione di pace». E qui si infervora. «L'islam è la religione della forza e il musulmano ha il dovere di essere terrorista, nel senso che deve terrorizzare i nemici di Allah, ed essere sicurezza e pace per i fedeli». Le sure del Corano sono citate a raffica. «Combattete coloro che associano altri a Dio; Allestite contro di loro forze e cavalli quanto potete, per terrorizzare il nemico di Dio e vostro. Avete sentito? Per terrorizzare». Con una scrupolosa metodologia si applica poi a dimostrare che, sin dai tempi degli "Stati Uniti romani", le motivazioni sono sempre quelle: «Non credono né in Dio né nell'Ultimo giorno; dicono che il Cristo è figlio di Dio; che Dio è Trinità. Violano la nostra religione, profanano le nostre terre, e noi, anziché ascoltare l'invito di Allah, preferiamo i piaceri della terra». La foga di parlare lo porta ad asciugarsi continuamente la fronte. «Vi scongiuro fratelli, esiste forse nella nostra epoca un linguaggio più comprensibile di quello della forza? È l'unica che la gente capisca. I nostri governanti apostati lascerebbero forse pacificamente i loro incarichi?». «No, per Allah», gridano in piedi i più esaltati tra i presenti. «Negli anni Ottanta, continua, uno solo si è immolato a Beirut costringendo i Marines americani al ritiro. Un solo domo ha cambiato il corso della Storia. La Jlliad ci è prescritta - rincara - anche quando l'azione del singolo non potrà servire davanti alle micidiali armi del nemico perché, oltre ad ottenere il martirio, i non musulmani saprebbero che tra di noi c'è gente pronta a sacrificarsi». «Per noi è questione di essere o non essere, di vivere con dignità o nell'umiliazione. Ma, grazie a Dio, il risveglio musulmano è in crescita. Non badate, fratelli, a coloro che si sono adagiati, ma ai mujahedin che sono in aumento. Gettiamo di dosso ogni dubbio e l'ombra de riluttanti per andare incontro alla gloria del martirio. I nostri nemici ci affrontano uniti, affrontiamoli anche noi uniti. La vittoria di Allah è vicina».