Il Sole 24 Ore, domenica 1 luglio 2001

NEANDERTAL

«Homo» di troppe origini

di Antonio Aimi

Diciamo la verità: i libri di divulgazione e i manuali di scuola sulla storia dell'origine dell'uomo sono tutti da riscrivere. Basti dire che negli ultimi anni nella famiglia umana sono stati individuati altri cinque generi oltre a Homo (Orrorin, Ardipi­thecus, Austraiopitiecus, Kenyantiropus, Paranthropus) e una ventina di specie in totale. Ormai i tempi nei quali l'evoluzione poteva essere rappresentata su di un albero genealogico magro, lineare e spoglio sono finiti per sempre. «prima - dice spesso un amico paleoantropologo - quando avevamo meno reperti di ominidi fossili era molto più facile ricostruirne le relazioni  filogenetiche! Ora tutto si è fatto più complicato, paradossalmente, proprio grazie. alle scoperte di nuovi reperti e al risultati di ricerche fatte con tecnologie sempre più sofisticate». In questi frangenti la pubblicazione del libro I primi pensatori e il mondo perduto di Neandertai per i tipi della Feltrinelli colma un vuoto molto preoccupante e offre al lettore italiano la possibilità di avere un'eccellente ricostruzione delle scoperte e delle riflessioni più recenti sull'origine dell'uomo. L'autore del libro, Juan Luis Ar­suaga, non è un "normale" divulgatore ma uno dei protagonisti di quella nuova frontiera della paleoantropologia che è diventata la Spagna, grazie alla scoperta, avvenuta negli anni Novanta, di due siti, la Gran Dolina (800mila anni fa) e Sima de los Huesos (300mila anni fa), che possono essere considerati tra i più ricchi giacimenti paleoantropologici del mondo. Non solo, ma a Sirna de los Huesos sono stati individuati e parzialmente recuperati gli scheletri quasi completi di 32 uomini sepolti intenzionalmente nella più antica necropoli mai individuata. Tuttavia, al di là di questi aspetti, per così dire quantitativi, l'importanza delle scoperte della Sierra di Atapuerca sta nel ruolo centrale che hanno finito per occupare nel puzzle che tenta di ricostruire il primo popolamento dell'Europa. Esse, infatti, da un lato hanno portato alla definizione di una nuova specie di Homo (l'antecessor - l'ante-nato del sapiens e del neandertal), dall'altro, unitamente ad alcuni ritrovamenti italiani (il cranio di Ceprano e l'uomo di Murgia prigioniero di una stalattite) hanno spazzato via le ipotesi che negavano una presenza umana in Europa prima di 500mila anni fa. Ma il merito principale di Arsuaga non sta nel racconto, spesso molto partecipato, delle ricerche di Atapuerca, ne nelle efficaci sintesi del processo di ominazione, ma in quello che per certi aspetti può essere considerato un limite del libro. Mi riferisco, in particolare, alla disorganicità della narratio, alla continua presenza di incisi che sembrano non chiudersi mai, alla minuziosa esposizione di teorie che sono poi smantellate dallo stesso autore eccetera. Non so se Arsuagà abbia volutamente ignorato gli standard della buona divulgazione scientifica, che di solito portano alla presentazione di modelli interpretativi semplici, lineari e apparentemente inattaccabili. In ogni caso ha il merito di aver giocato a carte scoperte e, presentando i pro e i contro di ogni teoria, è riuscito a offrire al lettore un efficacissimo affresco delle difficoltà in cui oggi si trova la paleoantropologia: ci sono troppi dati per ricostruzioni semplicistiche, ce ne sono troppo pochi per capire fino in fondo gli snodi decisivi del processo di ominazione, in primo luogo il rapporto tra encefalizzazione, coscienza, linguaggio. In questa situazione, di fronte al nostro bisogno di capire com'è andata effettivamente, non si può non apprezzare la scelta dello studioso spagnolo, che mostra apertamente i margini di arbitrarietà di ogni ipotesi e, lasciando il lettore nell'incertezza, gli fa vivere in prima persona le stesse incertezze, più o meno, dello scienziato, che deve colmare con l'aiuto dell'immaginazione gli abissi che separano i dati di cui si dispone.

 

Juan Luis Arsuaga,
«I primi pensatori e il mondo perduto di Neanderlai»,
Feltrinelli, Milano 2001, pagg. 280, L.35.000.