Avvenire 10 agosto 2001
PECHINO In vista
delle Olimpiadi la capitale viene messa sottosopra e decine di templi
cristiani ne fanno le spese
Sit-in di vescovo e seminaristi per difendere un centro parrocchiale
di Bernardo Cervellera
La persecuzione non è solo violenza sui corpi dei martiri.
Essa è anche distruzione di case e cappelle, e non per motivi ideologici, ma
per semplici criteri di mercato. Nella Cina che dagli anni ’80 segue un sistema
di “socialismo con caratteristiche cinesi”, la Chiesa è messa in minoranza ed
emarginata non con le prigioni ma con i caterpillar. In questi giorni a Pechino
un vescovo e 8 seminaristi dell’Hebei cercano di difendere una proprietà della
Chiesa cattolica nel quartiere di Wangfuma. P. Li Hongzai, vescovo ausiliare di
Hengxiang, i seminaristi e alcuni abitanti del quartiere fanno da giorni il
sit-in per fermare le ruspe che vogliono distruggere quelle case. La zona è
quella della Pechino antica di almeno 400 anni fa. E’ la tipica Pechino dei
turisti, quella degli hutung, delle viuzze, con i tetti a punta e i muri grigi
che nascondono giardini. Veramente i giardino sono ormai quasi tutti scomparsi.
Dopo il terremoto del ’76, Mao Zedong offrì agli sfollati di essere ospitati
proprio in quei giardini, dove essi hanno costruito casette e stanze in mattoni
e lamiera. Ma grazie al piano regolatore che pesa su Pechino e al destino
luminoso delle Olimpiadi, tutte queste zone, piuttosto fatiscenti, “devono scomparire” per fare largo ad appartamenti
ed alberghi lussuosi. Il punto è che chi vi abita di diritto viene risarcito
con un'inezia, troppo bassa per affrontare il costo di una nuova casa. In
compenso ditte private e governo costruiscono in centro super-appartamenti i
cui affitti superano i 3 mila dollari al mese (oltre sei milioni di lire),
mentre lo stipendio di un operaio ruota attorno ai 100-130 dollari mensili
(circa 200-260 mila lire).
I Giochi Olimpici avranno certo effetti positivi: creare
occupazione, rinnovare l’aspetto della città, migliorare la vita dei cittadini.
Ma «con le Olimpiadi – spiega una fonte dell’Agenzia Fides a Pechino – il
centro storico della città verrà ancora più ristrutturato. La gente che da
generazioni vive nell’area è costretta a trasferirsi altrove, non avendo sufficiente per pagare una nuova casa.
Cultura, costumi, tradizioni saranno eliminati». E in effetti la casa di
Wangfuma è usata dai cattolici dell’Hebei come un punto di appoggio quando
vengono nella capitale. Senza l’edificio, che racchiude anche una piccola
cappella, i fedeli avranno un’occasione in meno per incontrarsi, dovendo
servirsi di alberghetti o pensioni in periferia. Certo, nella stessa zona vi è
la chiesa di San Giuseppe, la Don tang. Lì la ristrutturazione ha sventrato
mura, archi, casupole e adesso la chiesa si staglia nel quartiere di Wangfujin,
illuminata perfino di notte come se fosse Notre Dame di Parigi. mA la chiesa
rimane chiusa quasi tutto il giorno ed è usata soprattutto come sfondo
inconsueto per le foto scattate dai turisti.
Stessa cosa sta avvenendo alla Bei Tang, la chiesa del San
Salvatore, in slanciato stile neogotico, a nord del palazzo imperiale. Tutto il
quartiere attorno alla vecchia cattedrale viene messo sottosopra per fare posto
a grattaceli che ospiteranno shopping
centers e pochi, ricchi, appartamenti. Gli antichi residenti atorno alla Bei
Tang, in maggioranza cattolici da generazioni, sono costretti a trasferirsi
nella periferia nord, oltre Haidian. In questo modo, ha dichiarato un giovane
cattolico, «la Bei Tang perde i suoi fedeli e diviene un monumento per turisti,
mentre i fedeli perdono la chiesa: chissà quando il governo della città darà il
permesso per costruirne un’altra nei nuovi quartieri…»
La persecuzione “col piano regolatore” sfrutta il criterio
predicato dalle associazioni patriottiche che le chiese «devono contribuire al
socialismo e allo sviluppo della società cinese». Da diversi anni i governi
locali hanno lanciato nuovi piani urbanistici nelle città e impongono un uso
più commerciale delle aree centrali. Essi chiedono a vescovi e preti di
spostare le chiese in luoghi più periferici, vendendo il terreno, e condannando
di fatto le chiese e i cristiani alla marginalità. Oppure si offre loro una via
d’uscita: trasformare chiese e edifici religiosi in fonti di ricchezza. In
varie diocesi del Sichuan, ad esempio, le chiese, per poter sussistere, sono
state inglobate assieme a piccoli alberghi, gabinetti medici, industrie di
artigianato o di conserve. Questo carica sacerdoti, vescovi e fedeli di
preoccupazioni economiche che di fatto distraggono dall’evangelizzazione. Vi
sono ad esempio suore che, costrette a lavorare nella loro piccola ditta per
produrre marmellate, non hanno neppure il tempo per studiare o meditare!
Essendo una ditta registrata, devono rispettare quote di produzione e attivi di
bilancio. Secondo alcuni sacerdoti del Sichuan questa tecnica dei “piani
regolatori” è un nuovo metodo di persecuzione o di emarginazione delle
religioni dalla vita sociale: questa volta non in nome dell’ideologia comunista,
ma in nome del nuovo credo capitalista.
Vi sono ancora strascichi ideologici di stampo marxista o
statalista, ma in questo caso la violenza è canalizzata soprattutto verso gli
edifici delle chiese clandestine. Lo scorso dicembre il Centro d’Informazione
per i diritti umani, con base ad Hong Kong, ha diramato la notizia che nel solo
2000, nel Zhejiang erano stati distrutti o bruciati oltre 400 chiese o templi
“illegali”. Questi metodi da Rivoluzione culturale sono ormai rari e lasciano
il posto a soffocamenti più sottili. Un ultimo esempio: la diga delle Tre Gorge
– che sarà varata nel 2009 – è un faraonico progetto voluto da Li Peng, per
creare energia dal fiume Yangtze. La
diga - che avrà il bacino più grande del mondo – sommergerà diverse città e villaggi
del Sichuan, assieme alla cattedrale di
Wanxian e altre 5 chiese. Oltre un milione di persone sono già state
rilocate in altre contee più a monte. L’indennizzo dato dal governo non è
sufficiente né ai trapiantati, per ricostruirsi vita e campi, né alle diocesi
per ricostruire le chiese. Secondo calcoli diffusi dal defunto monsignor Duan
Yinmin, la cifra necessaria alla ricostruzione delle chiese – e promessa dalle
autorità – è di 3,4 milioni di dollari. Il governo ha donato solo 200 mila
dollari. Finora su 8 nuove chiese pianificate, ne è stata realizzata solo una,
nella contea di Fengjia. Per le altre, la diocesi aspetta aiuti dai cristiani
nel mondo. E intanto la Chiesa del Sichuan, che ha dato tanti martiri in
passato, si trova ad essere “chiesa del
silenzio”, sommersa dalle acque del cosiddetto progresso.