Corriere della Sera 3 giugno 2001

La Casa Bianca: non politicizzare il privato. Raddoppiate le espulsioni di omosessuali dall’esercito

Bush cancella il mese dedicato ai gay

Annullata la tradizione cominciata da Clinton. Le associazioni insorgono: sarà guerra

DAL NOSTRO CORRISPONDENTE

 

WASHINGTON – Con Bill Clinton era diventata una tradizione: ogni anno il presidente dedicava il mese di giugno al «Gay pride», l’orgoglio gai, come il mese di febbraio, per esempio, è dedicato alla «Black history», la storia nera. Ma con George Bush sarà diverso: il presidente non farà lo stesso  proclama e non sponsorizzerà alcuna cerimonia o manifestazione.

«Il presidente – ha spiegato il portavoce Scott Mc Clellan – crede che ogni persona debba essere trattata rispettosamente e dignitosamente. Ma non pensa che si debba politicizzare il sesso. E’ una questione privata».

La decisione di Bush equivale all’annullamento del mese del «Gay pride», un discusso tentativo di Clinton d’inserire l’omosessualità nel calendario ufficiale americano. La tesi della nuova Casa Bianca è che i gay non vanno discriminati, ma nemmeno aiutati.

L’annuncio ha provocato proteste da parte delle associazioni gay, che preparano marce e festeggiamenti in tutte le città americane. Doug Swallow, uno dei loro organizzatori, ha ammonito che «potrebbe essere guerra tra noi e Bush». Il presidente, ha spiegato, corteggiò il voto gay durante la campagna elettorale ma, una volta vinte le elezioni, lo ha dimenticato.

Swallow ha citato l’aumento delle espulsioni degli omosessuali dalle Forze armate. Stando alle statistiche sono raddoppiate: nell’ultimo anno il solo esercito ne ha allontanati 573, contro i 270 dell’anno precedente. «Non è casuale – ha sostenuto Swallow - . Questa amministrazione è ancorata a vecchi pregiudizi, sebbene il vicepresidente Richard Cheney abbia una figlia gay. Bush vuole revocare le aperture di Clinton».

Ma la prospettiva della guerra contro il presidente non è l’unica a turbare il mese del «Gay pride». Anche la casa cinematografica Disney rischia un conflitto con le associazioni omosessuali. Doug Wallow è l’organizzatore dei «Gay days», i giorni gay, l’adunata del primo week end di giugno che ogni anno attira al Magic Kingdom e agli altri parchi di divertimenti della Disney a Orlando, in Florida, fino a centomila donne e uomini. Ma l’altro ieri due «combattenti cristiani», esponenti della destra religiosa, Martin Mawyer e Philip Vaugt, armati di telecamere e spacciandosi per gay, hanno filmato alcune scene a loro parere disdicevoli e presenteranno il video all’assemblea degli azionisti della Disney. «La Disney – accusa Mawyer – collabora con i gay e questo non è compito di una casa cinematografica che si rivolge ai bambini. Dopo aver visto il video, gli azionisti la costringeranno a sbarrare le porte agli omosessuali».

Mawyer e Vaught non appartengono all’amministrazione Bush. Sono il presidente e il direttore della Christian action network, una società della Virginia di 200 mila integralisti religiosi, dal bilancio di un milione e mezzo di dollari annui, quasi 3 miliardi e mezzo di lire. Ma il peso politico dei gruppi fondamentalisti cristiani è notevole: sono un serbatoio di voti repubblicani. E la loro iniziativa, che sotto Clinton sarebbe stata censurata, ha suscitato il plauso dei conservatori.

Ennio Caretto