Corriere della Sera, 18-02-02
Opinioni
Risponde PAOLO MIELI
Nel processo che si è aperto di fronte aI Tribunale internazionale dell’Aia contro Slobodan Milosevic per i crimini da lui compiuti durante le guerre di Croazia, Bosnia e Kosovo, la procuratrice Carla Del Ponte riferendosi proprio ai delitti che sarebbero stati commessi dall’imputato, ha parlato di “ferocità medievali” Domanda: perché questo specifico riferimento storico per connotare fatti certamente ispirati al massimo dell’efferatezza? Fu veramente l’evo di mezzo molto peggiore, da questo punto di vista, rispetto a quello che lo precedette o a quello che lo seguì? Immagino che lo storico Franco Cardini il quale ha dedicato a questo periodo diversi libri difficilmente sarebbe d’accordo.
Daniele Bartalesi, Varese
Caro signor Bartalesi, è sacrosanto il suo rilievo a Carla Del Ponte. Penso anch’io che, non solo Franco Cardini, ma tutti, proprio tutti gli studiosi — e forse anche i semplici conoscitori — della materia abbiano fatto un balzo a vedersi riproporre sulle prime pagine dei giornali di tutto il mondo quell’abbinamento tra il Medioevo e il concetto di ferocia”. Per carità: non che quei dieci secoli a cavallo dell’anno Mille siano stati al riparo di violenza e barbarie. Ma è da tempo che gli storici si impegnano a far entrare nella lesta degli studenti che è un errore considerare quell’età di mezzo come un insieme di anni terribili e bui, quasi fosse una parentesi oscura nella storia dell’umanità.
Di chi è stata la colpa se fino a qualche tempo fa abbiamo pensato in questo modo al Medioevo? Degli uomini del Rinascimento prima e della Rivoluzione francese poi, che, pur a distanza di tre secoli gli uni dagli altri, per magnificare le proprie sorti si sono descritti come protagonisti di una “stagione della luce” contrapposta a una “stagione del buio” da cui si era appena usciti. In un interessante libro pubblicato qualche anno fa dall’editore Carmine Donzelli, “L’idea di Medioevo”, Giuseppe Sergi ha ben raccontato come dapprima gli Umanisti del Quattro e del Cinquecento, successivamente gli illuministi e i rivoluzionari del Settecento definirono “medievali” né più né meno che gli incubi di cui si volevano liberare. Senza specificare che ciò di cui stavano parlando era tuttalpiù da ricondursi ad alcuni aspetti specifici del Trecento (per quel che riguardava gli umanisti) o del Settecento (per gli Illuministi). E invece quei circa mille anni, compresi tra il Quinto e il Quindicesimo secolo, furono — ammesso e non concesso che li si possa racchiudere tutti nell’unica definizione di basso e alto Medioevo — una stagione nella quale i periodi di luce furono nettamente prevalenti su quelli bui. Giorni fa, sul Foglio, Antonio Socci ha ricordato come nella sua Siena, proprio nel corso del “feroce Medioevo”, prima dell’anno Mille sia stato costruito l'Ospedale di Santa Maria della Scala, il più antico d’Europa. Invenzione, quella dell’ospedale, che rappresentò un clamoroso salto di civiltà. A questo proposito Socci ha citato le parole di René Girard: “Inventare l’ospedale significa dissociare per la prima volta la nozione di vittima da qualunque appartenenza concreta, significa inventare la nozione moderna di vittima”. Altro che epoca di oscurità e di ferocia; al Medioevo dobbiamo probabilmente la parte più importante del nostro essere civili. E delle nozioni sulla base delle quali oggi ci accingiamo a processare Milosevic.