Il Sole 24 Ore, 20-01-02
di GIANNI FOCHI
A chi spetta il compito d’indicare i limiti per l’esposizione ai campi elettromagnetici? Trattandosi di agenti fisici e salute, sembrerebbe ovvio rispondere: “Alla scienza”. Eppure in Italia fino a poco meno d’un anno fa essa ha dovuto appellarsi al presidente della Repubblica, al Governo e all’Unione europea.
anche nata, per questo e altri problemi molto dibattuti, l’associazione Galileo 2001 http://www.cidis.it/articoli/vari/galileo200l.htm , a cui il presidente della Repubblica ha concesso il suo alto patronato. Il ministro dell'Ambiente ha nominato da poco una commissione d’esperti, perché suggerisca norme sensate sul cosiddetto elettrosmog.
Quest’ultima parola è giudicata molto inopportuna dagli autori d’un libretto appena pubblicato da 21mo Secolo. Essi sono Paolo Vecchia, fisico dell’istituto Superiore di Sanità; Umberto Tirelli, oncologo dell’istituto Nazionale dei Tumori, e Ugo Spezia, ingegnere nucleare e giornalista. I tre hanno composto un’opera ricca d’argomentazioni scientifiche — esposte in modo accessibile a chiunque — e corredata da una panoramica sulle norme che in Italia e altrove regolano l’esposizione degli esseri umani al campi elettromagnetici.
Nel febbraio 200l il senato approvava definitivamente la legge-quadro n. 36, che detta le basi a cui dovrebbero ispirarsi i decreti attuativi. Quello proposto per gli elettrodotti dall’allora ministro dell’Ambiente venne bocciato dal Consiglio dei ministri; Vecchia. Tirelli e Spezia fanno notare che esso avrebbe introdotto limiti e obiettivi spropositatamente inferiori rispetto alle indicazioni della Comunità europea e della Commissione Internazionale per la Protezione dalle Radiazioni non ionizzanti. Per i campi elettromagnetici dei telefoni cellulari, invece, restrizioni che rappresentano forti anomalie giuridiche rispetto al quadro internazionale (e noi, sono giustificate scientificamente) erano già state adottate dal decreto ministeriale 381/1998 di cui si auspica una revisione.
Nel settore della telefonia mobile, il libretto spiega sinteticamente come il servizio si estenda sul territorio, e sgombra il campo da idee sbagliate, che pure sembrerebbero ovvie. Per esempio, se nell’intento di ridurre la dose di radiazioni assorbite dalla gente, si decidesse di spostare le stazioni radio di base dalle città alle periferie, le cosiddette cellule in cui le aree urbane sono suddivise diminuirebbero di numero e quindi diverrebbero più estese. il controllo automatico della potenza di trasmissione - spiegano gli autori — costringerebbe allora sia le stazioni stesse sia i telefonini a emettere quasi sempre la potenza massima, altrimenti in parecchie zone il collegamento verrebbe a mancare. Il campo elettromagnetico generato dalle varie sorgenti sarebbe insomma maggiore.
Per quanto riguarda il tanto temuto rischio di tumori, il libretto cita l’Agenzia Internazionale per la Ricerca sul Cancro, che mette gli elettrodotti in una compagnia che il profano non s’aspetterebbe: il campo magnetico che essi generano è inserito nella stessa classe di rischio in cui si trova il caffè, quelle elettrico nella classe del tè.
P. Vecchia, U. Tirelli, U. Spezia, “Campi elettromagnetici e salute”, Ed. 21mo Secolo (tel. 025456061, info@21mosecolo.it) ottobre 2001, pag. 86, € 8,00.
Aa.Vv., “Esposizione a campi a radiofrequenza e leucemia infantile”, Istituto Superiore di Sanità, 2001, http://www.iss.it/scientifica/pubblica/rapporti/01-25.pdf.