Il Giornale, 30-01-02
di Luca Pesenti
Padre Robet Sirico, prete cattolico americano, fondatore del “Lord Acton Institute”, proprio non capisce le tentazioni antagoniste che scuotono certo mondo cattolico. Quello che a Porto Alegre ci andrà di sicuro, fianco a fianco con i Bertinotti di tutto il mondo. E così mentre i no-global cristiani marciano sul Brasile, padre Sirico più modestamente torna alle sue origini italiche, con un viaggio in Lombardia, anche se i suoi nonni venivano da Sorrento.
L’occasione è un giro di conferenze per presentare il suo ultimo libro (Il personalismo cattolico e la società libera, Rubbettino, pagg. 230, euro 12,91), in cui sono raccolti i suoi pensieri su morale cristiana ed economia. Con un caposaldo inespugnabile: la Dottrina Sociale della Chiesa, riproposta con forza ed equilibrio da Papa Wojtyla nell’enciclica Centesimus Annus.
Il Papa sembra distinguere tra una globalizzazione buona e una cattiva, tra capitalismo per l’uomo e capitalismo contro l’uomo. E d’accordo?
“Certamente. Ma prima di tutto vorrei sottolineare che Giovanni Paolo Il non dice “abbattiamo il capitalismo globale”, ma al contrario sostiene che certe sue storture vanno corrette. E comunque la lotta tra due tipi di globalizzazione è apertissima”.
Ci spieghi meglio.
“A mio avviso c’è una globalizzazione negativa di tipo politico che alcuni chiamano “globalismo giuridico”. Ovvero la tentazione di consegnare a poche grandi organizzazioni (Banca Mondiale, Fondo Monetario ecc.) il potere di intervento sulla vita di miliardi di uomini. Ma c’è anche una tentazione da parte di alcuni Paesi di intromettersi negli affari di altri, con le buone o con le cattive. È una tentazione imperiale che ha caratterizzato ad esempio gli Stati Uniti a guida democratica”.
E oggi non più?
“L’intervento militare contro il terrorismo è un’azione difensiva, per difendere la nostri vita da chi ci attacca. Il problema però si porrà quanto più durerà questa guerra, tanto più ci sarà la tentazione di rafforzare il poter degli Stati. E finita la guerra non sarà facili tornare a farli “dimagrire”.
Passiamo alla globalizzazione positiva…
“Si tratta dell’aumento degli scambi economici, culturali, sociali. L’economia di mercato, il libero scambio, se sono interpretati correttamente e non sottoposti al controllo di gigantesche burocrazie, pubbliche o private che siano, non può che portare benessere e prosperità, difendendo il bene comune e i diritti. Sa qual’ è la vera rivoluzione provocata dalla libertà globalizzata?”.
Dica…
“Il vero risultato è quello di riconciliare il principio di sussidiarietà con quello di solidarietà. Una vera globalizzazione, economica e sociale e non giuridico-politica, libera le forze vive della società a partire dai livelli più bassi, dunque dalla famiglia in su. E contemporaneamente libera la vera solidarietà, imprigionata per decenni nelle maglie strette dello Stato sociale.
Ma molti cattolici, almeno dalle nostre parti, sostengono che senza uno Stato forte non può esserci vera solidarietà. Insomma, che sussidiarietà e solidarietà non vanno proprio d’accordo...
“E una posizione sostenuta da intellettuali che pensano al welfare state come alla vera espressione della carità. Pensi, ho sentito dei teologi sostenere che il buon samaritano è una parabola del welfare state. È un’idea confusa di carità, perché se prima non c’è la compassione individuale verso il bisogno dell’altro, non ci può essere nulla di buono. La società naturale è sempre un incontro reciproco: lo dice Madre Teresa, tanto per dire pensando ai ricchi e ai poveri. Insomma: la filantropia va anche bene, ma la missione della carità cristiana è un’altra cosa”.
Dove sbaglia la sinistra cattolica nella sua lettura dell’attuale fase storica?
“Da un lato credono che la globalizzazione sarà necessariamente “americanizzata”. Costruiscono un demone che non c’è. Ma soprattutto noto che in tutte le cose che scrivono gli intellettuali no-global (cattolici e no), regna l’ignoranza sui temi economici. Quintali di desideri e di utopie, ma non c’è analisi. Questi cattolici farebbero meglio ad abbandonare l’ideologia e a leggersi un po' di economisti.
E magari, finendo da dove abbiamo iniziato, potrebbero leggersi la Centesimus Annus.
“Capirebbero così che al centro dell’economia c’è l’uomo reale, la persona, mentre ad esempio in Marx e Keynes l’economia e l’uomo erano un’astrazione. Capirebbero che la libera iniziativa è una parte Importante della libertà che l’uomo, creato a immagine e somiglianza di Dio, possiede per natura. E ancora, che esiste un capitalismo buono, radicato in una moralità che è garante dei contratti e della proprietà, e un capitalismo cattivo che è privo di morale e utilitarista. Ecco perché per il cristiano la vera missione è santificare il lavoro, nella continua battaglia tra queste due forme di applicazione del capitalismo”.