LA GUERRA SANTA IN SUDAN
di ANTONIO SOCCI
Una giovane cristiana del Sudan, Abok Alfa Akok, di diciotto anni, è stata condannata a morte per Iapidazione, secondo l’agenzia Misna (dei missionari comboniani) in base alla legge islamica, la shari’a, colpevole di essere il rimasta incinta per un rapporto extramatrimoniale. Ma il suo caso è ancora più sconvolgente e drammatico del cosiddetto «caso Safiya», in Nigeria che ha fatto insorgere mass media e opinione pubblica occidentali. Human rights watch sottolinea alcuni aspetti allucinanti della vicenda sudanese: innanzitutto c’è il «forte sospetto» che si tratti di un caso di violenza carnale; in secondo luogo la shari’a è stata applicata da un tribunale penale alla ragazza che è una cristiana e che dunque in teoria, non potrebbe essere sottoposta alla legge islamica. Inoltre all’imputata non è stata data l’assistenza legale e il processo si è svolto in lingua araba, sconosciuta all’imputata a cui non è stato fornito neanche un servizio di traduzione (infine, naturalmente, il tribunale non ha trovato prove sufficienti a carico dell’uomo). L’organizzazione umanitaria Human rights watch ha scritto al presidente sudanese perché venga bloccato questo vergognoso assassinio di una vittima innocente, ma l’opinione pubblica occidentale stavolta si mobiliterà?
Peraltro questa storia della giovane cristiana sudanese è solo la piccola punta dell’iceberg di una immane tragedia. IL Sudan è il Paese più grande del continente africano, eppure per il mondo non esiste. Vi si sta combattendo la più lunga guerra del NoVecento, ma nessuno se ne accorge. Forse perché è un jihad, una guerra santa contro i cristiani e coloro che non accettano l’islamizzazione forzata. Per questo è invisibile. Le vittime sono ad un tempo cristiani e neri africani: doppiamente inesistenti. Il Paese ha 29 milioni e mezzo di abitanti: il 70 per cento sono musulmani, il 16,7 cristiani (circa5 milioni), il 12 per cento animisti. In realtà lo Stato sudanese, creato a tavolino, è composto da due Paesi diversi, dal punto di vista storico-geografico, etnico e religioso. Il Nord è arabo e musulmano. IL Sud è nero. cristiano e animista. Il conflitto è cominciato negli anni Cinquanta. Negli anni Settanta ha avuto l’unico periodo di tregua. Poi nel 1983 il regime di Nimeiri protese di imporre la shari’a a tutto il paese. La Chiesa e il Sud cristiano e animista non hanno accettato questa imposizione (a Sud sono nate delle formazioni militari ìndipendentiste). Il regime successivo ha accentuato l’islamizzazione in modo feroce, lanciando il jihad contro gli infedeli e bombardando villaggi, scuole, chiese e ospedali del Sud e impedendo perfino i soccorsi umanitari internazionali. Così è stata perpetrata una strage tanto grande quanto silenziata, nell’indifferenza del mondo.
Amnesty lnternational nel Rapporto annuale 2001 afferma che alla fine del 2000, la guerra civile, ripresa nel 1983, era costata la vita a quasi 2 milioni di persone ed era stata la causa dello sfollamento forzato di altre 4 milioni e 500mila persone. Inoltre si ritiene che circa 500mila persone abbiano cercato asilo all’estero». E si parla perlopiù di civili, donne e bambini colpevoli solo di non essere musulmani. Ma per capire come sta andando il mondo te non risulta che nessuno abbia organizzato marce di protesta) va ricordato che proprio questo regime sudanese nel maggio scorso, incredibilmente, è stato eletto membro della Commissione dei diritti umani delle Nazioni Unite assieme a campioni di Libertà come Cina, Cuba, Libia, e Vietnam, Mentre gli Stati Uniti sono stati esclusi per la prima volta in 50 anni proprio il governo di Washington aveva voluto l’istituzione di quella Commissione.
Dopo l’11 settembre il regime di Khartoum si è affrettato a condannare i terroristi anche per allontanare possibili sospetti avendo ospitato per anni Osama Bin Laden. Tanto basta perché il Consiglio di sicurezza dell’Onu il 28 settembre sotto la presidenza della Francia, corra ad annullare l’embargo contro iI Sudan decretato cinque anni prima solo gli Stati Uniti di Bush si sono astenuti e hanno trattenuto sanzioni unilaterali). Nel frattempo proseguono i bombardamenti del regime sudanese contro i villaggi del Sud. E una settimana dopo la fine dell’embargo Onu - il 4 ottobre - il vicepresidente sudanese Ali Osman Taha, ripete ancora una volta ai sudanesi che il jihad è la nostra strada, non l’abbandoneremo e terremo alta la sua bandiera. Parlava ai mujaheddin in partenza per il Sud dove si vanno a massacrare gli infedeli e a far razzia di donne e bambini cristiani e animisti, merce umana da rivendere poi come schiavi al Nord. Si calcola infatti che le persone attualmente tenute in schiavitù nel Sudan settentrionale siano più di 200mila. Le storie di coloro che le organizzazioni cristiane riescono a liberare sono terribili, lI 75 per cento delle ragazze con più di dodici anni sono state stuprate da più persone, più del 90 per cento ha subito altri abusi fisici, più dell’80 per cento di loro sono stati costretti a convertirsi all’islam. Perlopiù sono le popolazioni dinka a subire questo flagello e la ragazza cristiana sottoposta a condanna a morte è proprio una dinka. Per capire che Stato e che giustizia sia quella sudanese Peter Hammond, direttore di Frontline Fellowship, ha ricordato che qualche tempo fa La Corte suprema sudanese ha stabilito che la crocifissione degli apostati, cioè di persone che erano musulmane praticanti e the si sono convertite al cristianesimo, è costituzionale. Dubito che l’Onu invii una delegazione a ispezionare la «giustizia» sudanese. Del resto al Palazzo di Vetro la questione dei diritti umani è oggi nelle mani dì regimi di questo genere, che già hanno imperversato nella conferenza di Durban. I cristiani sudanesi sono la popolazione più misera, oppressa, massacrata e dimenticata del mondo. La - povera Abok Alfa Alcok, che nei suoi diciotto anni ha già visto tanto onore, probabilmente sarà ammazzata nell’indifferenza del mondo perché ha commesso un crimine imperdonabile: essere cristiana.