di FAUSTO BILOSLAVO
Il terrorismo islamico sta trasformando alcune zone dell’indonesia in santuari della guerra santa internazionale prendendo spunto dall’esperienza afghana. Ne è convinto Paul Wolfrnvitz, il numero due del Pentagono, che punta il dito contro il più grande Paese musulmano del mondo con oltre 220 milioni di abitanti. L’indonesia è un arcipelago del sud-est asiatico composto da 13.500 isole, metà delle quali disabitate. Su alcune, come Sulawesi, si sta consumando una sanguinosa guerra etnico-religioso tra cristiani e musulmani, scoppiata nel 1998. dopo il crollo del regime trentennale dell’ex generale Suharto. Il potere centrale, debole e diviso, difeso da un esercito nazionale demoralizzato, ha lasciato spazio alla crescita di movimenti estremisti, come il Laskar Jihad, l’esercito dei combattenti della guerra santa- Molti dei suo comandanti, a cominciare dal carismatico Jafar UmarThalib, sono veterani del conflitto contro i sovietici in Afghanistan, come Osama Bin Laden.
Chiese e moschee sono state date alle fiamme e interi villaggi rasi al suolo dai reparti paramilitari delle opposte fazioni, provocando centinaia se non migliaia di morti. Spesso si combatte con i machete, ma la situazione è peggiorata quando sono sbarcati sull’isola. In difesa della comunità musulmana, 500 miliziani del Laskar Jilnd. In realtà l’organizzazione armata islamica si occupa anche di aiutare i rifugiati, distribuire cibo e medicine, oltre a insegnare il Corano. Secondo i cristiani, però, esisterebbero nell’entroterra di Sulawesi tre campi di addestramento, in stile afghano, messi in piedi dai volontari della guerra santa. L’organizzazione paramilitare ha il suo quartier generale nell’isola principale di Giava, la zona più densamente popolata al globo con quasi 2000 persone per chilometro quadrato. Non lontano dalle spiagge turistiche di Bali spunta un forte sentimento anti-Usa con manifesti del seguente tenore: L’America è benzina per l’inferno».
Dopo l’attacco alleato contro l’Afghanistan i rappresentanti degli ulema, ovvero i preti islamici indonesiani, hanno chiesto al governo di sospendere i rapporti diplomatici con Usa e Gran Bretagna. La punta di lancia della campagna antiamericana è il fronte dei difensori islamici, noto per gli assalti ai locali di spogliarello e del gioco d’azzardo. ll suo leader, Habih Biziek Syihab, minaccia gli occidentali chiedendo che lascino il Paese. il presidente indonesiano, signora Megawati Sukarnoputri, inizialmente appoggiava l’offensiva alleata contro i terroristi islamici, ma ha dovuto moderare la sua posizione per evitare una crisi.
Nonostante il ministro della Sicurezza giuri che in Indonesia non esistono cellule di Al Qaida i fatti sembrano smentirlo. A Singapore la polizia ha arrestato 15 affiliati del Jemaah lslamiah, un gruppo clandestino che stava preparando un attentato antiamericano. Il sospetto capo dell’organiziazione è un indonesiano, di cui non sono state rese note le generalità, che si trovava in Afghanistan durante l’attacco alleato.
Anche li, Spagna emergono collegamenti di Al Qaida con l’Indonesia. Abu Dahdah, il capo di una cellula di Bin Laden sgominata nel Paese iberico, ha viaggiato almeno venti volte in Turchia, Afghanistan e Indonesia, dove reclutava volontari per la causa.