Il Corriere del Sud n. 17/2001 Anno X - 16 ottobre/31 ottobre
SCIENZA E COMUNICAZIONE, UN BINOMIO DA RIPENSARE
Si è svolto nell’ambito della Settimana europea della scienza in collaborazione con l’Unione giornalisti italiani scientifici
di Piero Mainardi
Sono stati pubblicati gli atti di un importante convegno
svoltosi a Pisa presso la Scuola Normale Superiore nel novembre dello scorso
anno sul tema Scienza e pubblico. Come
comunicare. Al convegno (i cui atti possono essere richiesti alla sig.ra
Caterina D’Elia, Scuola Normale Superiore, P.zza dei Cavalieri 7, 56126 Pisa,
tel. 050.509202/509297, L. 10.000) svoltosi nell’ambito della settimana europea
della scienza e in collaborazione con l’Unione Giornalisti Italiani Scientifici
(UGIS) e al quale sono intervenuti studiosi, scienziati e giornalisti di
rilievo nazionale e internazionale come Lorenzo Foà, Angelo Scrivano, Dario
Neri, Michele Emmer, Aldo Pecoraio, Aldo Pecoraio, Emilio Ricasso, Paola De
Paoli, Reuben Hersch, Elisabetta Durante, Ferruccio Trifirò, Luciano Ferrari,
Mario Giuliacci, Giorgio Squinsi, Gianni Fochi, Pia Bassi, Giorgio Santocanale,
Anna Buoncristiani, Marco Franciosi, Enrico Giusti, Sergio Palazzi e Rita Lena,
sono emersi una quantità di temi di
notevole interesse e di stretta attualità, anche per i non addetti ai lavori,
tali da giustificare l’intenzione da parte degli organizzatori di
problematizzare e ridiscutere le modalità del rapporto tra scienza e
comunicazione, tra scienza e pubblico.
Se da un lato si può registrare un calo d’interesse che si
traduce in una bassa immatricolazione universitaria per alcune facoltà
scientifiche tradizionali quali chimica e matematica, sotto un altro profilo è
indubbio che l’attenzione per i campi biomedici, biotecnologici e
bioalimentari è notevolmente cresciuta
sollevando anche rilevanti questioni etiche e aspre discussioni politiche e
culturali, rispetto alle quali la stessa opinione pubblica sente di essere
direttamente coinvolta, e perciò reclama una maggiore e più puntuale
informazione. Entrambe le questioni pongono il problema della comunicazione.
Come far tornare l’interesse verso queste discipline di base? Varie le
risposte: certamente la scuola può avere un grande ruolo nello sviluppare una
nuova sensibilità scientifica nei ragazzi sia dando maggiore spazio a queste
materie sia con progetti multidisciplinari; ed un grosso ruolo può averlo anche
l’editoria nella pubblicazione di grandi opere di divulgazione scientifica
(senza aspettare 37 anni come è accaduto per un opera di Feynman, come ha
ricordato Emmer); e molto possono fare anche le “industrie aperte”che hanno la
possibilità – per esempio, nel caso dell’industria chimica, di mostrare concretamente
al pubblico a partire dai prodotti di uso quotidiano i sofisticati strumenti, i
luoghi e le fasi di tutto il processo della produzione, lasciando cadere
l’immagine consunta e stereotipata del chimico con la fialetta colorata
fumante.
Tutto ciò in un contesto nel quale vi è sempre meno spazio
sulla stampa per l’informazione scientifica, spesso confusa e/o strangolata
dalla pubblicità.
Ancora più delicato il problema speculare dell’interesse e
della grande attenzione da parte dell’opinione pubblica rispetto alle nuove
frontiere della ricerca scientifica applicata ai campi della medicina,
dell’alimentazione, dell’impatto ambientale. Ciò soprattutto in ragione di una
egemonia del pensiero ambientalista-catastrofista che alimenta
pregiudizievolmente in Italia una cultura sostanzialmente anti-scientifica (e
anti-industriale) attraverso una presenza nei media assolutamente
preponderante. Appare dunque opportuno ricordare e soprattutto far sapere, come
è stato fatto durante il convegno, che le biotecnologie possono essere
fondamentali per sconfiggere la fame nel mondo, e che, per esempio, l’Italia ha
un deficit di importazioni energetiche per 150 mila miliardi che in qualche
modo dovrà trovare il modo di risolvere. Eppure, lo si è visto anche durante
tutta al polemica sulla globalizzazione, si sono scatenate grandi campagne
contro i cibi geneticamente modificati sulla base di timori (non di prove)
appoggiate non solo da intellettuali verdi, ma anche da potentati
politico-economici come le Coop.
E altrettanto terrorismo psicologico lo si fa sulle
variazioni climatiche, dimenticando che il clima, nel lungo periodo, a
prescindere dall’inquinamento, è più volte radicalmente modificato nel corso
delle epoche (Giuliacci ricordava che i Romani consideravano la Tunisia, oggi
una distesa di sabbia, il loro granaio).
Vi sono invece applicazioni scientifiche su che gli stessi signori ecologisti o paladini di una società e di una economia “a misura d’uomo” vedono di buon occhio. Un esempio è la pillola del giorno dopo definita come un semplice anticoncezionale. Ma come giustamente rileva Anna Buoncristiani, prescindendo da ogni valutazione etica, si dovrebbe spiegare che il termine contraccettivo significa ciò che impedisce la fecondazione. Dunque il termine contraccettivo per la pillola del giorno dopo non è utilizzabile in quanto la fecondazione è già avvenuta.
Già da questa breve panoramica appare evidente quanto il problema della informazione e della divulgazione scientifica sia decisivo non solo per lo sviluppo tecnologico ma anche per quello sociale. La sostituzione della verità alla menzogna, su qualsiasi piano si applichi, è sempre un servizio all’intera società.