Albino LUCIANI

      

       

    Catechetica in

    Briciole


    I

     

    IL CATECHISMO

     

    1. - Che cos'è il Catechismo

     

    1. — Catechismo è parola greca che significa: parlo dall'alto. Oggi, questa parola viene adoperata in tre sensi: a) insegnamento a viva voce della religione («frequentare il catechismo»); b) libro che contiene le verità religiose in forma semplice e piana («comperare un catechismo»); c) le verità stesse contenute nel libro o esposte nell'insegnamento («il catechismo» ci insegna che...).

     

    2. — Il primo significato di insegnamento è più comune.

    Si badi, però, che si tratta di un insegnamento speciale: non è istruzione della sola mente, ma educazione di tutta la vita: non mira solo a mettere in testa alcune nozioni, ma trasmette solide convinzioni, così vive e forti da portare alle opere buone, all'esercizio delle virtù.

    Mi spiego. Ho due catechisti: il primo parla e spiega bene, ma non fa migliori i fanciulli; il secondo è meno bravo, ma sa fare così bene coll'esempio, con la convinzione che l'anima, con le sue esortazioni, che alla sua scuola i fanciulli diventano più buoni, si invogliano a frequentare la Chiesa, pregano volentieri. Il secondo vale molto di più dei primo come catechista.

    Ho due fanciulli: uno sa a memoria il testo e lo capisce, ma la sua vita non è quella insegnata dal testo. L'altro ricorda pochino, ma si sforza di diventar migliore per mettere in pratica ciò che ha studiato. Questi ha imparato il catechismo sul serio.

     

    3. — Chiesero a Michelangelo: «Come fate a produrre statue così piene di vita?» Rispose: «Le statue sono già nel marmo. Tutto sta a cavarle fuori».

    I fanciulli sono, come il marmo, della materia grezza: se ne può ricavare dei galantuomini, degli eroi, perfino dei santi. E questa, è l'opera del catechista.

     

    4. — Messo da parte il catechismo, non saprete che mezzi adoperare per fare buoni piccoli e grandi.

    Tirerete in campo la «dignità umana»? I piccoli non capiscono che cosa sia, i grandi se ne infischiano.

    Metterete avanti «l'imperativo categorico»? Peggio che peggio.

    E' ben diverso, invece, se parlerete a piccoli e grandi di Dio che tutto vede, che premia e castiga, che ha dato una legge santa ed inviolabile, che offre i Sacramenti per rafforzare la nostra volontà buona, ma tanto debole ed incostante.

     

    5. — Lo so: parecchi hanno studiato il catechismo e ciononostante sono diventati cattivi.

    Ma il catechismo avrà almeno messo nel cuore il rimorso: il rimorso non lascerà loro aver pace nel peccato e presto o tardi li ricondurrà al bene.

     

    6. — Si dice che anche la filosofia e la scienza sono capaci di far buoni e nobili gli uomini.

    Ma non c'è neppur confronto col catechismo, che insegna in breve la sapienza di tutte le biblioteche; risolve i problemi di tutte le filosofie e soddisfa alle ricerche più penose e difficili dello spirito umano.

    Il catechismo spiega perché si soffre a questo mondo, come bisogna impiegare la ricchezza, perché tutti devono lavorare. Ci mette avanti Cristo per modello e ci dice: Fate come Lui! E' vostro fratello. Vi vuol bene, vi perdona, viene a vivere in voi!

    Il catechismo ci grida continuamente: Sii buono, sii paziente, sii puro, perdona, ama il Signore! Insomma non esiste al mondo forza moralizzatrice più potente del catechismo.

     

    2. - C'è bisogno di Catechismo

     

    7. — Peccato che questa immensa forza sia poco sfruttata! I fanciulli studiano poco il catechismo; gli adulti, perché si illudono di averlo studiato, non lo studiano più. E così c'è in giro una Ignoranza religiosa incredibile: gente che conosce la scienza e ha letto cataste di libri non sa nulla del cristianesimo in mezzo a cui vive, non ha mai letto il Vangelo per intero, scambia un funerale della sera per una Messa ecc.

    Senza dire di tant'altra gente, che frequenta la Chiesa e si crede pia ed invece manca completamente di idee religiose; crede di aver la fede ed ha solo del tenerume; cerca nella pietà non il volere di Dio, ma impressioni, sentimenti e vaghe ebbrezze; ignora la vera devozione e pratica un mucchio di devozioni legate a certe formule, a certi numeri, metà cabala, metà superstizioni; svuota la testa e il cuore e carica unicamente il sistema nervoso.

     

    8. — Dei bambini piccolissimi, si dice: «Son tanto piccoli! È troppo presto per insegnar loro la religione»!

    Ed invece un educatore a una mamma che chiedeva quando dovesse cominciare l'istruzione del suo bambino di due anni, rispose: Subito. Siete in ritardo per lo meno di tre anni! Voleva dire che i bimbi sono capaci di impressioni religiose fin dai primi istanti della loro vita.

    E un altro educatore scrisse che nemmeno in quattro anni di università un uomo impara tanto quanto nei primi quattro anni della vita. Tanto sono decisive e indelebili le prime impressioni!

     

    9. — C'è chi dice con Rousseau: Voglio rispettare la libertà di mio figlio, non voglio imporre alcun insegnamento religioso. A vent’anni sceglierà.

    Ma pensano questi genitori che in realtà ai loro figlioli hanno imposto tutto? La vita, intanto, perché non hanno chiesto il permesso dei figli per metterli al mondo: e poi il cibo, i vestiti, la casa, la scuola...

    D'altra parte, chi si metterà, a vent'anni, a studiar religione? Vent'anni! L'età di tutti gli esami per quelli che studiano, l'età del lavoro, del mestiere, dell'officina, dell'ufficio per gli altri. L'età delle passioni, dei divertimenti, dei dubbi. Chi avrà voglia o tempo di prendersi i grossi volumi, studiarvi sopra tutte le religioni di questo mondo per vedere quale sia la vera e migliore?

    E poi, non aspettano, i genitori, che le malattie siano entrate nel corpo dei figli per cacciarle a forza di medicine; fanno invece di tutto, perché non entrino nel corpo.

    Altrettanto si deve fare con l'anima: metterci il catechismo, il timor di Dio, affinché i vizi non entrino: non aspettare che i vizi siano entrati per aver la consolazione di cacciarli con la religione.

     

    10. — Il nostro ragazzo deve lavorare, deve studiare!

    — Ma prima ancora deve diventar buono, deve essere premunito contro tutte le seduzioni e le tentazioni di domani.

    Non è con la tavola di Pitagora o con un banco da falegname o con un diploma che si sbarra la via alle passioni.

    Questo ragazzo è atteso al varco: domani la donna, il giornale, il cinema, l'osteria se lo disputeranno. Mandar avanti dei giovani o delle figliole senza catechismo sulla strada del mondo è lo stesso che mandare dei soldati alla guerra senza giberne, senza cartucce, e farne degli sconfitti e degli infelici.

     

    11. — I grandi si scusano: abbiamo già studiato, il catechismo!

    Ma da ragazzi; ed era catechismo per ragazzi, fatto di poche nozioni, con immagini, parole e sentimenti infantili, roba che accarezzava l'immaginazione, il cuore. Ma adesso che siete adulti occorre qualcosa di più sostanzioso che rischiari la testa e guidi la vita. Adesso occorrono ragioni solide, chiare, risposte convincenti, per respingere vittoriosamente gli attacchi che d'ogni parte volano contro la fede.

    Mai come oggi s'è sentito bisogno di catechismo.

     

    3. - Ci sono leggi sul Catechismo

     

    12. — Nessuna meraviglia quindi che le leggi divine ed umane abbiano imposto e regolato lo studio del catechismo.

    Le leggi divine riguardano soprattutto i Vescovi ed i genitori; ai primi Gesù Cristo ha intimato: «Andate ed insegnate»; ai secondi, Dio, attraverso la voce della natura, dice: in questi figlioli che vi affido, non vi do’ solo un corpo da nutrire e da vestire, ma anche un'anima da educare ed elevare.

    Le leggi umane hanno precisato le leggi divine. E' intervenuto il Papa con otto famosi canoni (1329-1336) del Codice Canonico e con altri documenti celebri; sono intervenuti il Concilio Provinciale Veneto, poi il Vescovo col Sinodo, poi lo Stato per le scuole, poi l'Azione Cattolica per i suoi iscritti.

     

    13. — Le disposizioni più importanti di queste leggi umane sono le seguenti: E' dovere gravissimo e proprio dei Parroci impartire con ogni cura l'istruzione catechistica al popolo cristiano. Aiutano i Parroci i cristiani di buona volontà, tra i quali, primi, i Religiosi, le Suore, gli iscritti all'Azione Cattolica ed i Maestri che accettano di impartire l'insegnamento religioso nella scuola elementare.

     

    14. — Ogni Parrocchia deve avere i seguenti corsi di catechismo per fanciulli: preparazione alla prima Comunione; preparazione alla Cresima; Scuola parrocchiale festiva pei fanciulli; Scuola feriale da farsi nella Casa della Dottrina Cristiana, in altre aule o anche in Chiesa o nelle case private. Inoltre, ci deve essere un Corso festivo di Catechismo per adulti, da tenersi la sera o almeno alla Messa più frequentata.

     

    15. — Nelle scuole elementari il catechismo si insegna dal maestro per un'ora e mezzo alla settimana nelle prime due classi e per due ore nelle classi 3.a, 4.a, 5.a.

    Nelle classi 3.a, 4.a, 5.a, poi è concesso ai sacerdoti di svolgere ogni anno un corso di 20 lezioni integrative.

     

    16. — L'Azione Cattolica completa questi insegnamenti con corsi annuali per i suoi iscritti. Corsi con programmi precisi, chiusi con esame, graduatoria; premiazione a base foraniale e diocesana, regionale e nazionale. Corsi che salgono dalle semplici nozioni per Piccolissime e Bambini di Azione Cattolica, su su, fino ai testi delle Beniamine e dei Fanciulli, degli Aspiranti e delle Aspiranti, dei Giovani e delle Giovani, degli Uomini e delle Donne, fino ai Corsi dei Fucini e dei Laureati. A trent'anni, un uomo o una donna, iscritti nell'Azione Cattolica dall'infanzia, hanno partecipato a 26 corsi e subìto 26 esami di catechismo.

     

     

    Domande e casi

    — Il catechismo è solo «istruzione»?

    — E' utile?

    — E' necessario solo ai piccoli?

    — Ci sono leggi che impongono l'insegnamento del catechismo?

    — «Mio figlio ha già fatto la prima Comunione. Non lo mando più a Dottrina»

    — «Mio figlio, se vuole, si istruirà da grande»

     

     

    II

    IL MAESTRO DI CATECHISMO

     

    1.     La missione del Catechista

     

    1. — C'è un quadro del Murillo chiamato «I fanciulli della conchiglia». In uno sfondo tranquillo e sereno, mentre Angeli dall'alto guardano e sorridono, Gesù Fanciullo dà a bere, in una conchiglia, al piccolo Giovanni Battista l'acqua attinta ad un limpidissimo ruscello che scorre ai piedi.

    Ecco la missione del catechista: sostituire Gesù e dare ai fanciulli, col catechismo, l'acqua della vita eterna.

     

    2. — E’ una missione nobile. Il catechista continua l'opera di Gesù, degli Apostoli; si mette in linea coi Vescovi, coi sacerdoti, coi missionari; aiuta la famiglia che non sempre può e sa da sola educare i figli; aiuta la patria col formare buoni cittadini. Aiuta soprattutto la Religione. Certo, al centro della Religione sono la S. Messa, i Sacramenti, le sacre funzioni. Si pensi alle tracce che lascia una prima Comunione, il rito delle Nozze, una Confessione ben fatta.

    Ma cosa si raccoglie in una prima Comunione, in un Matrimonio ben celebrato? Quel che il catechista ha seminato.

    E chi va alla S. Messa, alle funzioni, e chi ne ricava un frutto pratico? Chi è stato preparato con catechismo serio, continuato.

    Chi si confessa con accusa sincera, con vero dolore e proposito fermo? Chi ha avuto un bravo catechista che gli ha comunicato circa la Confessione idee, convinzioni e buone abitudini.

    Uomini grandi come Alessandro Volta, Silvio Pellico e Cesare Cantù ritennero onore spiegare quasi tutte le domeniche il catechismo ai bambini nella Chiesa parrocchiale.

    Anche Napoleone insegnò il catechismo negli ultimi anni e Carlo Alberto istruiva personalmente i figli sul modo di confessarsi, comunicarsi e ascoltare la S. Messa.

    Pio X ha detto: quello del catechista è oggi il più  grande di tutti gli apostolati.

     

    3. — E' una missione difficile. Le difficoltà vengono anzitutto dagli alunni. I fanciulli sono spesso leggeri, incostanti, irrequieti, distratti da cento cose. Le famiglie talvolta aiutano poco l'opera del catechista e perfino la ostacolano o la distruggono.

    Altre difficoltà riguardano il catechista stesso, che si sente impreparato a insegnare, ha poco tempo, teme di legarsi, deve sottostare alle fatiche della preparazione, della disciplina da tenere ecc. ecc. E poi il catechista va incontro allo scoraggiamento, tanto più facile quanto maggiore era stato l'entusiasmo nel cominciare. Non si vedono frutti, si incontrano resistenze, si provano delusioni, amarezze, viene voglia di piantare tutto...

     

    4. — Eppure, è una missione che porta frutti. Le difficoltà si superano. Chi ha passione e insiste e ritenta e soprattutto cerca di prepararsi per rendere piacevole, attraente la lezione, riesce a interessare i ragazzi. I frutti non possono mancare. Sicura, intanto, è la ricompensa del Signore, che ha detto: «Tutto quanto avrete fatto a uno di questi piccoli, l'avrete fatto a me», e: «Coloro che avranno insegnato la giustizia a molti, brilleranno come le stelle nell’eternità».

    Poi c'è anche il risultato qui in terra. Il contadino raccoglie la messe parecchi mesi dopo aver gettato il seme. Il catechista è un seminatore: spesso l'effetto del suo insegnamento si vede più in là, in età più avanzata, una disgrazia, in punto di morte: spesso il frutto è visibile subito nei fanciulli che imparano, che diventano più buoni e ci sono riconoscenti.

     

    2.     - Le doti del Catechista

     

    Dipende soprattutto dal catechista che la sua missione riesca o no. S. Filippo Neri e S. Giovanni Bosco catechizzavano i ragazzi in qualche angolo di sacrestia, perfino in istrada, senza lusso di ambienti, senza mezzi, eppure incantavano come maghi e trasformavano. Avevano quel che occorre più di tutto: le belle doti, che si possono dividere così:

    Doti religiose che fanno il cristiano;

    Doti morali che fanno l'uomo;

    Doti professionali, o del mestiere, che fanno il maestro;

    Doti esterne che non fanno niente di nuovo, e non sono indispensabili, ma danno pieno risalto alle doti precedenti e permettono al catechista di brillare davanti ai ragazzi nella luce completa di cristiano, uomo e maestro.

     

    a) Doti religiose

    5. — Buona condotta. E' una dote capitale. I fanciulli leggono più sul catechista che sul catechismo; imparano più dalla condotta che dalle parole, più cogli occhi che con le orecchie. Sono come le spugne: assorbono soprattutto quello che vedono. E vedono molto: hanno antenne finissime per captare tutto quello che il catechista è interiormente. Se il catechista non è buono, la sua voce esterna può dire quello che vuole, ma cento altre voci escono da lui a smentire ciò che le labbra pronunciano.

    Non si riesce a insinuare nei fanciulli la dolcezza, il perdono, quando, lunghi pensieri di astio o di vendetta hanno dato una piega dura al nostro volto.

    Non si porta alla purezza con le belle parole, quando brutte abitudini o pensieri cattivi oscurano la nostra anima.

    Il catechista non può dare ciò che non possiede: anzi, egli non insegna nemmeno ciò che ha, o ciò che sa, ma ciò che è.

     

    6. — Pietà, Dio ha riservato a sé solo di produrre nelle anime la vita soprannaturale, ossia la Grazia e le virtù. Il catechista è soltanto uno strumento di cui Dio si serve: se resta unito a Dio, vivendo in stato di Grazia, farà del bene ai fanciulli; staccato da Dio, col peccato mortale, la sua opera sarà sterile.

    E' come la lampadina elettrica: unita alla corrente, fa chiaro; staccata dalla corrente, lascia all'oscuro.

    Ci sono stati dei catechisti che, privi di doti esteriori, scarsi di ingegno e di cultura, hanno tuttavia ottenuto frutti meravigliosi. Avevano una pietà profonda che conquistava i fanciulli più che tutta l'eloquenza di questo mondo.

    Catechisti che non solo insegnavano Dio, ma Lo mostravano e facevano sentire, come il Curato d'Ars, del quale si disse: Andiamo a vedere una trasparenza di Dio!

    Non si concepisce un catechista senza vera pietà. Come può far amare il Signore se egli, primo, non l'ama? Come insegnerà a pregare, a frequentare i Sacramenti, se non ha gusto per la preghiera, passione per le funzioni, se non fa bene le genuflessioni, il segno di croce, ecc.? E la pietà non è una maschera che si mette e si leva: è un profumo che esce da un'anima desiderosa di piacere a Dio e che i fanciulli fiutano e riconoscono con una facilità straordinaria.

     

    7. — Convinzione profonda. Il catechista deve essere un entusiasta, un convinto. Convinto che la sua missione è una cosa grande, che le cose che insegna sono vere, che i fanciulli, a furia di sforzi, verranno elevati, migliorati. Queste convinzioni daranno anima, ali al suo apostolato; con esse egli diventerà un artista del catechismo: senza di esse, resterà un manovale del catechismo, incapace di edificare e trascinare.

    Due alpinisti scalano una roccia; il primo, perché è di moda; il secondo, per passione.

    Sentiteli al ritorno: “Cosa ho veduto? — dice il primo — Oh! nulla di speciale: quattro corde, quattro alberi, dei torrenti, dei prati, un cantoncino di cielo e nient'altro!”. E sbadiglia.

    Dice il secondo: “Cosa ho veduto? Non lo dimenticherò mai più! Rocce, poi ancora rocce, e prati e torrenti e azzurro e sole e cose meravigliose!”. E mentre parla pare che tali meraviglie gli ridano ancora nello sguardo e nell'anima.

    Quei due dicono la stessa cosa, ma è il modo di dire, diverso. Il primo non invoglia nessuno a tentare una scalata; il secondo invece col suo entusiasmo accenderà la passione della montagna in altri e guiderà proseliti a nuove vette.

    Così il catechista: non basta che dica, ma, dicendo, deve invogliare, appassionare e trascinare.

     

    b) Doti morali

    8. — Amare i fanciulli. Lacordaire ha scritto: «Dio volle che nessun bene si facesse agli uomini fuorché amandoli». Ed è vero.

    Se i fanciulli si sentono amati, spalancano la porta del loro cuore, si fidano, ascoltano, si lasciano persuadere e fanno.

    Se non si sentono amati, restano diffidenti, fanno per forza, o affatto non fanno.

    Il catechista stesso, poi, sé non vuol bene, ai fanciulli, non troverà mai la forza di superare gli insuccessi, le noie, le ingratitudini inerenti al suo ufficio; tanto meno sarà capace di aver fiducia in loro, di compatirli, e di aver pazienza.

     

    9. — Pazienza. Perché la pazienza è necessaria al catechista. «Coi fanciulli — dice S. Francesco di Sales — occorre: un bicchierino di sapienza, un barile di prudenza ed un mare di pazienza».

    E lo sanno tutti, tanto è vero che quando un maestro non riesce coi fanciulli, il popolo dice senz'altro: «Non riesce, perché non ha pazienza Quando invece un maestro è capace, virtuoso, il popolo senz'altro esclama: «Quanta pazienza!».

     

    10. — Senso della giustizia. Il fanciullo non sopporta le parzialità e le ingiustizie e, quando le vede o crede di vederle, soffre, si allontana chiudendosi in se stesso.

    In questa materia, cose che per noi sono sciocchezze, per il fanciullo acquistano una importanza straordinaria. Bisogna badare di evitarle, cercando di trattare tutti alla stessa maniera, guardandosi da simpatie verso i più ricchi, i più intelligenti, i meglio vestiti, ecc. Se qualche preferenza si può avere e mostrare è verso i più poveri, i più ignoranti, i deficienti.

     

    11. — Rispetto della verità. Anche alla verità i fanciulli sono sensibilissimi. Essi hanno una grande fiducia nel catechista. Questi per tanto non deve mai permettersi, neppure per scherzo, di dire cose non vere o di parlare con sottintesi o doppi sensi.

    Non sarà mai troppa, a questo riguardo, la prudenza e la cura di non perder davanti al fanciullo il prestigio di essere uomini di parola. Per esempio, si stia attenti quando si racconta, a non cambiare i particolari. Il fanciullo, che ha memoria fedele soprattutto per i particolari concreti, resta male, se nella seconda volta, li trova diversi dalla prima; nel suo animo sorge il dubbio, che poi passa con tutta facilità dai dettagli insignificanti alla sostanza e alle verità insegnate.

     

    c) Doti professionali

    12. — Sapere. Per insegnare bisogna sapere: per insegnare uno bisogna sapere dieci, per insegnare bene, bisogna sapere benissimo.

    Ed ecco una scala: chi sa benissimo, insegna bene; chi sa bene, insegna discretamente; chi sa appena passabilmente, insegna male.

    Alle scuole elementari una maestra insegna non molte cose e più facili che le verità del catechismo. Eppure si pretende da lei che studi almeno tredici anni, che superi difficili esami.

    Si dice: Oh! si tratta poi di ragazzi!

    Tanto più è necessario sapere ed avere idee chiare e precise. Se no, non si può parlare con linguaggio facile e semplice.

    Ecco cosa succede quando il catechista sa poco; nelle teste dei fanciulli entrano errori, dubbi e confusioni; — il catechista parla e va avanti senza disinvoltura, senza brio e fiducia in sé; — i ragazzi si accorgono della sua poca scienza, e addio prestigio di maestro!

     

    13. — Saper insegnare. Non è lo stesso che «sapere». Altro è avere le idee nella testa propria e altro farle passare nella testa degli altri.

    Ci sono dei pozzi di scienza che non riescono a comunicarla agli altri.

    E ci sono degli oratori, bravissimi a parlare ai grandi, che non riescono a fare stare attenti i piccoli.

    E ci sono dei maestri capaci di insegnare bene ai fanciulli storia e geografia, ma niente capaci di insegnare il catechismo, che è una materia con difficoltà tutte sue.

    Un catechista quindi non solo deve sapere o avere, la scienza; ma deve avere l'abilità di comunicare ai piccoli la sua scienza con la didattica, anzi con la didattica catechistica.

     

    14. — Per arrivare al possesso di questa abilità, sono utilissimi:

     

    1) Il senso di adattamento, e cioè, il saper proporzionare ciò che si dice a chi ci ascolta. Si parla in maniera diversa a bambini di età diversa; e, se i bambini hanno la stessa età, in una maniera ai meno intelligenti e in un'altra ai più intelligenti. Si cerca sempre di dire cose facili e di dire in modo facile le cose difficili. Si devono sempre presentare le cose sotto un aspetto simpatico che piaccia ai fanciulli e le faccia amare.

     

    2) La chiarezza: idee poche, ma colorite e incisive; meglio poco e bene che tanto e confuso; parole facili, che i fanciulli già conoscono e capiscono, concrete e, se possibile, accompagnate da immagini. Non si dirà: «La sapienza divina», ma «Dio che è tanto bravo». Non si dirà: «Pierino si vergognò», ma «Pierino è diventato tutto rosso per la vergogna». Meglio ancora «Pierino, per la vergogna è diventato rosso come un galletto».

     

    3) Il saper raccontare: è una delle migliori risorse per riuscire coi ragazzi, che sono desiderosi di racconti e bevono avidamente le storie narrate con garbo ed ampiezza.

     

    d) Doti esterne

    15. — Il fanciullo è un caricaturista terribile: un minimo di ridicolo che ci sia nel catechista, lo scopre subito.

    Ma insieme, tutto ciò che esorbita dal comune, che è bravura vera, o armonia, o grazia, conquista e incanta il fanciullo.

    Basta poco per farei beffeggiare da lui e basta poco per suscitare il suo entusiasmo.

    Per questo, bisogna che il catechista sorvegli e controlli il suo esterno.

     

    16. — Stia attento all'espressione del volto. I fanciulli la osservano, vi leggono i pensieri che la parola non è stata capace di dire, ma soprattutto i sentimenti che il catechista nutre per loro.

    Niente, quindi, sguardo truce. Niente tristezza esagerata. Il fanciullo la prende per cattiveria. Se abbiamo dei crucci, dei malanni, non facciamoli vedere agli alunni: e se fuori piove o tuona, il nostro viso sia egualmente sereno, tranquillo in modo che i fanciulli dicano: il catechista è contento di essere con noi, egli è buono, ci vuol bene.

     

    17. — Sorvegli lo sguardo. Ai fanciulli parla più l'occhio che la bocca del catechista: nell'occhio essi vedono le sfumature della parola. D'altra parte, è con l'occhio che il catechista li domina e fa sentire che li vuoi dominare. Un occhio vigile, penetrante, acuto impressiona e soggioga i fanciulli.

     

    18. — Sorvegli il gesto. Un gesto naturale, sobrio rende più vivace ed attraente la parola, soprattutto coi piccoli, che sono abituati a supplire i vocaboli che mancano con la vivacissima mimica, mettendo in moto occhi, mani, persona, tono di voce, testa, tutto ma il gesto meccanico e goffo ci rende ridicoli e distrae.

     

    19. — Merita una cura speciale la voce. Il minimo che si domanda è di articolare bene le parole, senza precipitare, senza mangiar sillabe, senza ingarbugliarsi. Non gridare, assordando, ma neanche parlar troppo basso o fra i denti, in maniera che i ragazzi non capiscano o facciano fatica a capire.

    Cominciando, si parla piuttosto piano per attirare l'attenzione; si prosegue facendo degli alto e dei basso, dei piano e dei forte, rallentando in certi momenti e accelerando in altri.

    Chi ha un bel timbro di voce, ne approfitti. Un bel timbro, tradendo o entusiasmo o pietà, può rendere seducenti anche le cose più comuni, come le  fate che trasformavano le pastorelle in principesse.

    Il catechista ha qualche intercalare, ossia una parola o frase che ripete con predilezione ogni tanto? Si sorvegli; altrimenti lo sorvegliano gli alunni che alla fine della lezione avranno contato 50 o 60 «insomma» o «non è vero» o altre simili perluzze.

     

    20. — Il portamento esterno ha pure la sua importanza. L'eleganza esagerata, il profumo, la cipria, il rossetto della catechista o l'aria da tagliacantoni del catechista farebbero ridere i fanciulli, ma la trascuratezza, la sciatteria li impressionerebbero male.

    Andando a far catechismo si va a fare una cosa grande: il vestito sia conveniente, la capigliatura composta, non manchi la proprietà e il decoro. Lo meritano il catechismo ed anche i ragazzi.

     

    21. — E finalmente, se il catechista possiede delle abilità che impressionano favorevolmente il ragazzo, non le nasconda, ma le usi a favore dell'insegnamento. Il fatto che egli è un bravo portiere, manda in visibilio gli alunni? E faccia il portiere, nelle partite, perché i fanciulli attaccano spesso la loro stima proprio a queste bravure. La catechista ha una bella voce, fa dei bei disegni? Esterni talvolta queste qualità, non per mettersi in mostra, ma per far del bene.

     

    3.     - La formazione del Catechista

     

    22. — Per poter diventare bravi catechisti è indispensabile un minimo di doti spontanee, ossia una certa attitudine naturale a fare l'educatore.

    Caio, che è gran buon figliuolo, ma che non ha memoria e che parlando balbetta e s'ingarbuglia, non ha stoffa di catechista.

    Sempronio che è nervoso, eccitabilissimo, e lascia andar continuamente e per cose da nulla cazzotti e scappellotti, non ha stoffa.

    Tizio che ha una timidità straordinaria, che chiude gli occhi parlando ai fanciulli e non osa guardare le persone in viso, solo se si corregge può esser messo a tener una classe di ragazzi.

    Resta quindi che a formare il catechista giovano molto la buona volontà, la perseveranza tenace, lo studio, l'esercizio: ma a patto che ci sia un fondo di disposizioni naturali.

     

    23. — Per acquistare le doti religiose e morali servono la preghiera, la frequenza ai sacramenti, la meditazione, lo sforzo continuato per farsi un carattere lieto, paziente, leale, ottimista. Senza la meditazione, soprattutto, le convinzioni non scendono fino alle profondità dell'anima. Anche la pratica dell'esame di coscienza e del ritiro mensile giova molto.

     

    24. — Per possedere la scienza sufficiente, occorre lo studio diligente, assiduo del catechismo.

    Non basta aver studiato: occorre studiare ancora, su testi più ampi, ben fatti, senza dir mai basta, con attenta riflessione.

    Non si richiede, certo, che ogni catechista ne sappia quanto il Parroco, ma è certo che per insegnare agli altri, per quanto si studi, non se ne sa mai abbastanza.

     

    25. — L'abilità didattica si acquista soprattutto colla pratica. E' sbagliato dire: adesso frequento un corso o imparo un trattato di pedagogia, e poi son bell'e pronto per insegnare. Ci si forma solo insegnando.

    Seguire il corso e leggere il trattato, va benissimo; a patto che si applichi subito quel che s'è sentito e letto. E quando si è messo in pratica, si tornerà a sentire e a leggere, per vedere dove s'è fatto giusto e dove s'è sbagliato.

    E' stato detto: nei primi dieci anni, il maestro insegna a spese degli alunni. Questo, forse, è un po' troppo, ma è un fatto che il «mestiere»  dell'insegnamento si resta «garzoni» molto tempo.

     

    26. — Ed anche quando si è fatto pratica e si ha un po' di esperienza si trema e si sente sempre il bisogno di imparare. I fanciulli si rinnovano, ed anche le classi. Il catechista pure deve rinnovarsi e non può gettar l'ancora e dire: adesso basta.

     

    27. — Oltre che al corso catechisti, si partecipi, potendo, a raduni, giornate per catechisti. Buona cosa interrogare catechisti sperimentati: ci possono suggerire esperienze che sui libri non si trovano. Meglio ancora, ascoltare le lezioni che essi tengono ai loro scolari. Ottima cosa abbonarsi a una rivista («Sussidi», «Catechesi», «Via, Verità e Vita»), avere a disposizione una biblioteca catechistica, fornita di testi, di cartelloni, disegni e riviste.

    Oltre a tutto questo, preoccuparsi di farsi uno zibaldone, ossia una raccolta propria di esempi, racconti, disegni. E' vero che ce n'è già, stampate, di raccolte simili, ma quella è roba di tutti, e non sempre adatta ai nostri alunni, o al nostro temperamento. Occorre avere a disposizione del materiale proprio, che si è esperimentato efficace, che si sa adatto.

    Questo materiale va preparato un po' alla volta. Sento un bel paragone in una predica? — Me lo metto via! A casa lo scrivo, lo ripongo. Domani potrò tirarlo fuori a dottrina. Leggo un bel racconto? Giù, due righe sulla carta. Domani lo ripeterò ai miei fanciulli. E così si diventa ricchi di bel materiale.

     

     

     

    Domande e casi

     

    — Perché è cosa grande far catechismo?

    — E' facile insegnare il catechismo?

    — «Non insegno più; tanto non ottengo nulla»

    — Perché è necessaria la buona condotta?

    — Quali doti morali si richiedono nel catechista?

    — Quali sono le doti «del mestiere»?

    — Perché bisogna curare anche l'esterno della persona?

    — «Basta che io faccia la devota durante la lezione»

    — «Certi alunni, non li interrogo quasi mai». E' bene?

    — «Ne so abbastanza per fare il catechismo a quattro marmocchi»!

    — Quali mezzi adopera un catechista per rendersi sempre più idoneo?

    — Tutti possono essere catechisti?

    — La scuola per catechisti è utile?


     

     

    III
    L'ALUNNO DEL CATECHISMO


    1. - E' necessario conoscere il fanciullo

     

    1. — Cosa deve conoscere un maestro per insegnare il latino a un ragazzo?

    — Il latino! risponderebbe un tedesco.

    — Il ragazzo! rispose l'americano Stanley Hall.

    E noi: deve conoscere l'uno e l'altro: il latino, ma anche il ragazzo.

    Difatti: prima di seminare, il contadino non deve conoscere solo il seme, ma anche la qualità della terra, cui affida il seme.

    Un falegname deve conoscere le varie qualità di legno: mai più adopererà il ciliegio che è legno pregiato a fare un manico di badile o un paio di zoccoli.

    Così il catechista: «lavora» il fanciullo; deve conoscere il fanciullo.

     

    2. — E' un grosso sbaglio quello di credere il fanciullo in tutto simile all'adulto, ma solo più piccolo, più ignorante, più inesperto.

    Guardate un fanciullo col cannocchiale: apparirà grande come un uomo; vedrete però che cammina, salta, ride in maniera del tutto diversa da un uomo adulto.

    Il fanciullo non impara come impariamo noi: non può sempre fare quel che noi facciamo: una cosa che a noi piace molto, a lui non va affatto e viceversa.

    Occorre conoscerlo, sapere quali sono i suoi gusti, le sue possibilità per poterlo lavorare con intelligenza, adattargli i nostri insegnamenti e sollecitare la sua collaborazione.

     

    3. —  Ci fu già un pescatore cui piacevano molto le fragole; andato al fiume, mise sull'amo un bel fragolone, dicendo: — Piace a me, piacerà anche ai pesci!

    Viceversa, ai pesci non piacevano i fragoloni, ma i vermiccioli che, invece, il pescatore non voleva neppur toccare.

    E così avvenne che i pesci tirarono diritto e il pescatore restò a bocca asciutta.

    Mettete al posto del pescatore il catechista, al posto dei pesciolini i fanciulli, e avrete un'idea di quel che succede quando il catechista non si preoccupa di conoscere i gusti dei suoi alunni per adattarsi a loro.

     

    4. — E bisogna conoscere i fanciulli non solo in generale, ma uno per uno, perché tra loro non ce ne sono mai due di perfettamente eguali.

    E' stato detto: «Ogni fanciullo è un inedito, una parola di Dio che non si ripete mai».

    Bisogna soggiungere: ogni fanciullo ha anche diverse edizioni di se stesso, e perciò non lo si è mai conosciuto abbastanza e non si finisce mai di studiarlo.

     

    5. — Come vive un piccolo di pochi mesi? Si nutre, piange e quasi tutto il resto del tempo lo impiega a dormire. Si dorme per stanchezza, per fatica. Cosa ha fatto, dunque, questo piccolo, per essere sempre stanco? Una cosa semplice: sta crescendo, sviluppandosi. E questo lo stanca.

    E quando sarà diventato un fanciullo, la fatica sarà maggiore, perché al crescere s'aggiungeranno salti e sgambetti senza fine.

    Il catechista deve tener presente che il fanciullo non ha solo un'anima, ma anche un corpo che continuamente sta stancandosi, per capire e compatire certi atteggiamenti dei fanciulli, per non affaticarli troppo o troppo a lungo, per non pretendere da loro quello che non possono dare.

     

    6. — Rousseau ha scritto: Il fanciullo è buono, un angelo. Lutero prima di lui aveva detto: Macché, è una bestia.

    Più giusto, Lamartine scrisse: E' un angelo caduto dal cielo. Un angelo, ma con le ali fracassate; che volerà in alto, verso il bene, ma con fatica, dopo che qualcuno lo avrà aiutato a mettersi a posto; che ha buone doti da sviluppare, ma anche cattive inclinazioni, su cui dobbiamo tener gli occhi aperti.

     

    7. — E se il fanciullo è battezzato, oltre il corpo e l'anima, c'è in lui un'altra realtà da tener presente: la grazia depositata nell'anima dal Battesimo con le virtù della Fede, della Speranza e della Carità.

    Tutte cose che non vediamo, ma che esistono ed aiutano dal di dentro l'opera del catechista.

     Qualcuno dice: — I piccoli non possono capire certe formule, certi concetti.

    Si risponde: — Da soli, coi soli metodi naturali, no; ma con l'aiuto della Grazia e della Fede, con la pedagogia soprannaturale, sì.

     

    8. — Concludendo: Conoscere il fanciullo, è necessario; e lo si deve conoscere non solo in generale, ma uno per uno; badando non solo all'anima, ma anche al corpo; non solo agli elementi visibili, ma anche a quelli invisibili, soprannaturali.

     

    2. - Come conoscere il fanciullo

     

    9. — Fanciulli siamo stati anche noi: certe cose le abbiamo provate, le ricordiamo benissimo. Ricordiamo ciò che ci piaceva o atterriva o annoiava.

    Star zitti, seduti, fermi per una mezz'ora, ad esempio, era un tormento per noi: tre minuti di preghiera, ci sembravano lunghi come mezz'ora: invece mezze giornate di gioco, in piazza, sulla strada, ci volavano via come minuti. Altrettanto succederà ai fanciulli odierni.

    Ecco, allora, la prima via alla conoscenza del fanciullo: chinarci su noi stessi, sul fanciullo di ieri, per capire il fanciullo di oggi.

     

    10. — La seconda via è costituita dai libri.

    Ci sono libri che studiano e descrivono il fanciullo: testi di psicologia, di pedagogia ecc. Sono stati scritti per lo più da gente che ha passato la vita in mezzo ai fanciulli. In essi il catechista può trovare molte cose che da solo non avrebbe mai trovato o che troverebbe dopo molto tempo.

    Ci sono altri libri che descrivono la fanciullezza dei santi o di grandi uomini. Anche la lettura di questi può riuscire molto utile al catechista.

     

    11. — La terza via, e la migliore, è il fanciullo stesso. Questi si squaderna come un libro davanti a noi colle sue azioni e sembra dirci: — Se volete conoscermi leggete qui.

    E si legge osservandolo: le pose, i gesti, le parole, le azioni, i silenzi ostinati, i pianti dirotti, i giochi preferiti, i compagni frequentati son tutte cose che osservate attentamente e ripensate con giudizio, devono guidarci a conoscere i gusti, le tendenze, i capricci, le buone qualità, il temperamento.

    I momenti migliori per l'osservazione sono quelli in cui il fanciullo non si sente osservato: nel gioco, per via, in una passeggiata, nei momenti di entusiasmo, di abbattimento ecc.

     

    12. — Si legge ancora ascoltando il fanciullo. Parlando con noi, il fanciullo fa due cose: si manifesta e ci istruisce.

    Noi, infatti, abbiamo qualcosa da imparare dal fanciullo: il suo modo di esprimersi, le sue frasi semplici, immaginifiche, le sue parole infantili. Sono queste che poi dobbiamo adoperare, se vogliamo farci capire da lui e rendercelo attento.

     

    13. — Ma l'osservazione che facciamo sul fanciullo non è completa, se non si estende anche all'ambiente in cui egli vive: la famiglia, la contrada, la scuola.

    Il medico non guarda solo se i polmoni del cliente sono in buono stato: vuol sapere che sorta di aria respirano.

    Certi fanciulli sono dotati di buone qualità, ma in casa respirano un'aria viziata, corrotta per le bestemmie e i discorsi che sentono e i cattivi esempi i che vedono. Il catechista deve tenerne conto e sapersi regolare.

     

    14. — Chi volesse proprio studiare a fondo un fanciullo dovrebbe ricordare la piramide di Nicola Pende.

    Per conoscere una piramide a quattro facce, bisogna esaminare ciascuna delle quattro facce e poi la base. E questo lo sapevamo anche noi. Ma il fanciullo — ha detto Pende — è appunto simile ad una piramide: possiede una base, che è il complesso di tendenze ereditato dai genitori, e quattro facce, che sono: nel corpo: 1) la forma esterna (aspetto morfologico); 2) gli umori interni (aspetto endocrinologico); nell'anima: 3) l'aspetto morale; 4) l'aspetto intellettivo.

    Studiando quindi i genitori e la famiglia del fanciullo, se ne possono conoscere un po' le inclinazioni; studiando il corpo, se ne determina il temperamento; studiando l'anima si misura la forza delle sue facoltà spirituali.

    Ma pochi sono in grado di poter fare tutti questi studi, che diventano complicati quando si tratta degli aspetti morfologico e umorale e rivestirebbero un carattere troppo delicato, quando si volessero esplorare segreti di famiglia.

    Noi qui ci accontenteremo di pochissime nozioni facili e pratiche, avvertendo che si riferiscono di preferenza ad una sola delle seguenti tappe della vita dei fanciulli: bambino (1-5 anni); fanciullo (6-10 anni); ragazzo (10-15 anni); adolescente (13-15 anni), giovane.

    Qui, parliamo soprattutto del «fanciullo».

     

    15. — È tutto sensi. Ha occhi, mani, orecchi, lingua, gola che vogliono intensamente vedere, parlare, toccare, udire, gustare. I bei colori lo rapiscono, ma anche i suoni, e certi rumori, o “fracassi”, che a noi grandi fanno venire il mal di testa, per lui sono musica. E domanda spesso: Perché questo? Perché quello? Come mai così?

    Il bravo catechista deve tener conto di questa grande sensibilità: è ai sensi del fanciullo ch'egli soprattutto deve rivolgersi: faccia vedere oggetti religiosi, li faccia toccare, se si può, mostri belle immagini, insegni bei canti, venga incontro alla curiosità permettendo al fanciullo di interrogare ecc.

     

    16. — Il fanciullo è tutto movimento e gioco. Argento vivo. Se sta quieto, se fa la statuetta c'è
    da pensare che sia ammalato, perché il fanciullo sano prova un bisogno incoercibile di muoversi e di agitarsi. Quindi: mobilitare a catechismo le energie motorie del fanciullo: far muovere con intelligenza e varietà gli alunni ai fini del catechismo.

    Ci sono dei catechisti che quasi giocano ai 10 Comandamenti, ai 7 Sacramenti, ai 5 Precetti, ai 7 Doni dello Spirito Santo... coi loro fanciulli, identificando ciascuno di loro in un Comandamento, in un Sacramento, facendoli muovere e parlare. Altri fanno eseguire in classe un battesimo, una cresima, una scena del Vangelo ecc.; fanno alzare in piedi gli alunni per una preghiera, per un canto, ecc. ecc.

    — Questo è gioco — brontola qualcuno — non catechismo.                     

    — Prego, è parvenza di gioco, in realtà è cosa seria e sapiente. Il gioco è l'unica cosa che il fanciullo fa con impegno, buttandovisi con tutta l'anima, più che noi grandi alle cose serie. Perché sarà proibito dare alla lezione di catechismo l'aspetto di gioco, se ciò le attira simpatia?

    Ci sono dei catechismi che pretendono essere seri e sono farsa.

    Ci sono dei catechismi che sembrano farsa e sono quanto mai seri per i risultati.

     

    17. — Il fanciullo è tutto cuore e sentimento. Quanto spesso ride e quanto spesso piange! Ha tante piccole gioie e tanti piccoli dolori, un cuore che sente molto ed ha un grande bisogno di essere amato.

    Il catechista si guardi dall'urtare il sentimento del fanciullo: l'ironia, per esempio, non si usa con lui; il rimprovero ed il castigo si usano, ma, nell'applicarli, bisogna far sentire che son dati a fin di bene, per amore, con dispiacere.

    I grandi educatori hanno tutti avuto tenerezza di madre verso i piccoli: Don Bosco, S. Filippo Neri ecc. Il vescovo Dupanloup ammoniva i catechisti: «Siate padri, siate madri».

     

    18. — Il fanciullo è tutto fantasia. Le immagini vivaci Io impressionano molto, lo spingono ad imitare subito ciò che ha visto e gli fanno confondere talora ciò che è accaduto davvero con quello che ha solamente immaginato.

    E' dunque importante dargli impressioni buone e sottrargli le impressioni cattive, tenerlo lontano dalle scene paurose o immorali, non raccontargli fatti orripilanti o stravaganti di spiriti che appariscono e di persone portate via dal diavolo...

     

    19. — Il fanciullo ha una memoria strana. Anche i grandi hanno modi diversi di ricordare: alcuni ricordano soprattutto ciò che hanno visto, altri ciò che hanno udito o detto; alcuni fissano bene le idee, altri i fatti; c'è chi ha una simpatia e facilità per ritenere numeri e date e chi invece ricorda solo cose concrete.

    Il fanciullo ha talora la memoria a intermittenza: una cosa la ricorda per un po' di tempo, poi la dimentica, poi la torna a ricordare. Ricorda poco quando è mal nutrito, o sta covando una malattia, o è in convalescenza. Non ricorda le idee astratte, ricorda invece oggetti, individui, suoni.

    Nel fanciullo. la memoria di solito non è fedele, perché congiunta all'immaginazione e all'inventiva.

    Si capisce da questo che prima di far imparare a memoria una formula ai fanciulli, bisogna spiegarla bene e assicurarsi che l'abbiano capita. Altrimenti ne facciamo dei pappagalli.

    Sta bene unire un'idea difficile a un fatto o immagine vivace; si è più sicuri che sarà ricordata.

    Bisogna ritornare spesso sui concetti principali del catechismo, altrimenti scappano dalla memoria. «Ripetere senza stancarsi e senza stancare» e cioè dire le stesse cose con trame diverse in modo che appaiano nuove.

     

    20. — Il fanciullo è tutto fede ingenua. «L'ha detto la mamma, il Parroco, la maestra. Dunque è vero». Crede facilmente anche alle cose meravigliose, ai miracoli, ai misteri.

    Il catechista deve corrispondere a questa fiducia piena del fanciullo, rispettando la verità. Mai raccontare come vero ciò che è inventato; non dar per certo ciò che è dubbio; non esagerare nel giudicare le azioni (non dire a un. bambino, che ha detto una bugia: guarda che, se non ti confessi, vai all'inferno); non interpretare a proprio modo l'intervento di Dio, se no, si rischia di trovarsi nell'impiccio, come quella mamma che aveva detto al figliolo: «Vedi? Hai giocato ai soldi oggi che è venerdì, e perciò hai perso». E il fanciullo, subito: “Ma anche per il compagno che mi ha vinto era venerdì!».

    Il catechista deve approfittare della fiducia che il fanciulle ha in lui per dargli la fiducia nella Chiesa e in Dio. Il fanciullo abbia davanti a sé questi tre scalini: il catechista, la Chiesa, Gesù: «Questa cosa me l'ha detta il catechista, al catechista l'ha detta la Chiesa, alla Chiesa l'ha detta Gesù».

     

    21. — Il fanciullo ragiona con fatica. E' ancora tutto immerso nei sensi; a stento e per breve tempo si alza a pensieri astratti. Chi lo vuol condurre al pensiero, bisogna che non abbia fretta: che gli insegni poche cose e sempre conducendolo attraverso fatti, colori ed immagini.

     

    22. — Il fanciullo ha una volontà debole. E’ instabile, capriccioso. Poi, abituato come è a vedersi circondato dalle premure di tutti nell'infanzia, tende a considerare se stesso come un piccolo sole e tutti gli altri come satelliti: lui è nel centro, gli altri dovrebbero essergli attorno; lui comanda, gli altri dovrebbero obbedire e servire.

    Dolcemente, ma con fermezza, bisogna metterlo al suo posto: non al comando, ma all'obbedienza e alla docilità. Bisogna che non gli passi neppur per la testa di poter piegare là volontà di chi gli sta sopra; invece, deve egli piegarsi, in modo assoluto, ai genitori, al maestro, al catechista. Se questo non si ottiene da lui fin da principio, c'è più poca speranza di educarlo.

    Naturalmente, per riuscire, occorre presentargli le cose sotto l'aspetto più simpatico e prenderlo per il suo verso, ricorrendo alla persuasione, al sentimento, rare volte ai castighi.

     

    23. — Il fanciullo è una cosa grande. Hanno chiamato il secolo presente «secolo del fanciullo», perché mai come adesso ci si è tanto occupati del fanciullo. Lo si studia con libri, riviste, biblioteche intere; lo si cura con preventori, colonie, asili, ospedali; lo si educa con scuole di tutti i generi, l'umanità intera fa siepe attorno a lui, si china sulle sue sorti.

    Il catechista deve andare più in là, vedere nel fanciullo il figlio di Dio, il fratello degli Angeli e ricordare, che il Signore domanderà conto del come il fanciullo è stato trattato («Chi accoglie uno di questi fanciulli accoglie me»). Chi non è persuaso di questo e non prova per i fanciulli rispetto soprannaturale, non è adatto a stare in mezzo a loro: va a rischio di sciupare l'opera di Dio.

     

    Domande e casi.

     

    — Tra noi grandi e piccoli ci sono solo differenze di statura?

    — E' necessario studiare il fanciullo?

    — I fanciulli sono tutti eguali?

    — «Il fanciullo è tutto bontà; basta non rovinarlo»?

    — Quanti mezzi conosco per studiare i fanciulli?

    — «Un mio fratellino, un cuginetto, un nipotino».

    — Leggi le pagine, che S. Teresa del B. G. ha scritto sulla propria fanciullezza.

    — Paolo si annoia coi ragazzi e parla a fatica con loro. Sarà un bravo catechista?

    — La fantasia, la memoria nei piccoli e nei grandi. Differenze.

    — Caio, catechista, prende in giro gli alunni. Fa bene?


     

     

     

     

    IV

    IL METODO DEL CATECHISMO

    1.     - I principali metodi

     

    1. — Ad una data meta si può arrivare per più strade, con viaggi differenti.

    Anche per insegnare una verità il catechista può scegliere più strade o viaggi, che si chiamano metodi.

    Qui spieghiamo, con parole semplicissime, i metodi principali.

     

    2. — Metodo induttivo o viaggio di andata. Il catechista considera la risposta del catechismo come un punto di arrivo. Dopo averla esaminata, si chiede: Per comprendere questa formula qui, quali idee devono avere questi miei fanciulli? quali parole devono capire?... Queste e queste... Procuro di metterle nella loro testa nel modo più attraente possibile; quando le idee e le parole saranno entrate, leggerò ai fanciulli la risposta, o la farò leggere, e la capiranno subito.

     

    Facciamo un esempio pratico. Il catechista deve spiegare la formula del Piccolo Catechismo di Pio X: «L'anima è la parte spirituale dell'uomo, per cui egli vive, intende ed è libero».

    Il catechista si chiederà: Quali sono in questa formula le parole che i miei allievi non conoscono? Esaminando troverà che sono: «parte dell'uomo»,  «spirituale», «vivere», «essere libero».

    Allora, può raccontare la creazione di Adamo: ... il corpo dell'uomo era fatto, ma giaceva disteso per terra, non si muoveva, non parlava... Il Signore soffiò... L'uomo, diventato vivo, balzò in piedi, cominciò a parlare... Ecco l'uomo diventato completo: prima che Dio soffiasse esisteva soltanto una parte dell'uomo, il corpo. Dopo il soffio c'era anche l'altra parte: l'anima (ed ecco detto come l'anima è parte dell'uomo).

    ...Una parte importante. Se non era l'anima il corpo di «Adamo» sarebbe rimasto per terra, rigido, freddo come i sassi. È in grazia dell'anima che è potuto balzare in piedi e muoversi e camminare. È l'anima che dà la vita, che fa vivere. Un sasso non si muove, non cresce, non vede, perché è senza anima: i conigli, le lucertole, gli uccelli mangiano ecc. perché hanno l'anima (e così i fanciulli capiscono che l'anima fa vivere).

    E continua, facendo che i fanciulli conoscano le rimanenti parole «spirituale», «intendere», «esser libero».

    Quando finalmente vede che tutte le idee e parole prima sconosciute sono capite, il catechista tira fuori la formula e dice: Adesso, state attenti, che impariamo una bella cosa: «L'anima è...». E alla formula i fanciulli non faranno brutto viso perché già la conoscono, la capiscono subito, si convincono che la impareranno facilmente.

     

    Questo metodo è razionale, piacevole pei fanciulli, ma un po' difficile per il catechista.

    E' razionale, perché giustamente procede dal facile al difficile, da ciò che si sa a ciò che non si sa.

    Piace ai fanciulli, perché, prima che la risposta arrivi, li fa navigare nel mare dell'avventura e dell'imprevisto; arrivata la risposta, chiara e limpida, li fa lieti come di una scoperta.

    E' un po' difficile perché richiede spirito di iniziativa, brio e preparazione accurata.

     

    3. — Metodo deduttivo o viaggio di ritorno. Il catechista considera la risposta come un punto di partenza. La legge ai fanciulli, ne spiega ogni membro e tutte le parole, anche le più facili, e non si dà pace fin che tutte le parti e tutte le parole non sono state ben capite dagli alunni.

     

    Per esempio, il catechista tirerà subito fuori la formula di prima. Dopo averla letta o fatta leggere, spiegherà...: «Capite cosa vuol dire  spirituale»? Ve lo dico. Sapete che differenza passa tra una cosa che vive e una cosa che è morta? Guardate...». ecc. ecc. Alla fine conclude: «Spero che adesso abbiate capita la risposta».

     

    Questo metodo è più facile pel catechista, meno attraente per i fanciulli.

    Più facile perché il catechista non ha che da seguire la formula. Smontare un meccanismo è molto più semplice che rimontarlo. Ora il metodo deduttivo smonta, pezzo per pezzo, il meccanismo della formula, mentre il metodo induttivo lo ricostruisce.

    Meno attraente pei fanciulli, perché presenta loro subito una formula non spiegata, ancora oscura, che non capiscono e non amano.

     

    4. — I due precedenti metodi possono anche essere riuniti in un viaggio di andata e ritorno. Così: il catechista spiega prima la risposta con metodo induttivo, portando i fanciulli alla conquista della formula; una volta che i fanciulli hanno capito la formula, la fa spiegare di nuovo da loro deduttivamente, interrogandoli su tutte le parole.

     

    5. — Il metodo induttivo non va confuso col metodo intuitivo (intuire = vedere) che vuoi dire: servirsi di immagini, fatti, esempi, ecc. per fare che i fanciulli «vedano» le cose.

     

    6. — Metodo attivo. Il catechista, insegnando, si preoccupa non solo di fare parlare lui, ma soprattutto di far fare agli alunni e di farli parlare adoperando tutti i mezzi che ha a sua disposizione.

    E' il metodo che ha usato anche il Signore, ma che è stato studiato scientificamente in questi ultimi anni. Si è visto infatti questo: — il fare piace ai ragazzi; — quello che piace, resta loro più impresso; — per fare, il fanciullo è obbligato a riflettere di più; — dopo aver fatto, dimentica meno.

    Ho due studenti: uno s'è letto un intero trattato sulla radio, il secondo s'è costruita una radio. Non è il primo che, conoscerà meglio la radio.

    Vedo un ragazzo che sfreccia via in bicicletta. Non mi passa neppur per la testa di chiedergli che libro ha studiato per andare in bicicletta. Ha provato e riprovato e presto sarà bravo come Bartali.

     

    Per esempio, restando sempre alla risposta sull'anima, il catechista procederà con metodo attivo se metterà in moto i ragazzi; invece che raccontar lui la creazione di Adamo, la farà raccontare da un allievo che già la conosca; scriverà sulla lavagna le parole da spiegare; o farà venir fuori due, cui dice: Tu sei l'anima e tu il corpo. State attenti, io vi dico le belle qualità di ciascuno: voi mi completerete, ripeterete ai compagni ciò che io dico ecc.; oppure mostrerà un sassolino ed un grano di frumento, domandando che differenza passa tra l'uno e l'altro; o ad un certo punto farà alzare tutti in piedi a ringraziare il Signore per averci data l'anima ecc.

     

    7. — Non bisogna credere che il lavoro attivo del ragazzo si riduca al «quaderno» con un po' di disegni, di preghierine o di immagini ritagliate ed incollate. Il bravo catechista mette in moto tutto ciò che è nel ragazzo: la lingua, interrogandolo spesso e lasciandogli far domande; gli occhi, mostrandogli immagini, cartoline, cartelloni, proiezioni luminose, spettacoli della natura, oggetti sacri ecc.; la fantasia, mettendogli avanti bei racconti, fatti, esempi; le mani, facendogli toccare, quando è possibile, oggetti sacri, invitandolo a fare disegni, compitini, preghiere scritte; i piedi e tutto il corpo, conducendolo a visitare una Chiesa, un Cimitero, facendogli riprodurre qualche scena del Vangelo; il desiderio di gareggiare, di portar via dei primati, inquadrandolo in una squadra che compete con un'altra; il desiderio di arrivare subito ad un risultato pratico, abituandolo a pregare, a far l'opera buona, ossia la «vittoria» o «frutto pratico».

     

    8. — Spiegheremo più sotto tutte queste belle cose, che costituiscono i vari aspetti dell'attivismo. Basti per ora notare che il metodo attivo, se vuole, può abbracciare tutti i metodi: l'induttivo, il deduttivo, l'intuitivo ed altri ancora qui non ricordati.

     

    2. - I principali aspetti dell'attivismo

     

    a) Far parlare il fanciullo

    9. — Al catechismo, i casi sono tre: o parla il catechista solo, come in una predica (forma espositiva); o il catechista interroga e l'alunno risponde (forma interrogativa); o interroga l'alunno e il catechista risponde (forma dialogica). Oppure si adoperano un po' tutte queste tre forme ed allora abbiamo un quarto caso: forma mista.

    Per i fanciulli, è un supplizio sentir parlare gli altri e tacere, a meno che non si tratti di racconti. Essi non sopportano un discorso continuo più lungo di due minuti. Il catechista, quindi, deve usare solo di rado e brevemente la forma espositiva e ricorrere continuamente alle interrogazioni e al dialogo.

     

    10. — Le interrogazioni si fanno per vedere se il fanciullo ha capito e ritiene (forma catechistica) o per portarlo piano piano a conoscere un'altra verità (forma socratica). La forma socratica è talora difficilina a maneggiare; più facile e frequente è la forma catechistica.

     

    11. — Le domande fatte ai fanciulli devono essere semplici e chiare, che attendono una risposta sola. Non si dirà: «Chi e quando fondò la Chiesa»?: i fanciulli farebbero confusione; ma: «Chi fondò la Chiesa»? E avuta la risposta: «Quando fondò la Chiesa»?; non troppo facili, perché finirebbero in farsa; non troppo difficili, perché scoraggerebbero; varie, per non produrre monotonia.

    Il catechista farà, di solito, prima la domanda in generale, poi indicherà l'alunno che deve rispondere e non viceversa, se no gli alunni non interrogati non prestano attenzione.

    Non va bene suggerire all'alunno la prima parola o la prima sillaba della risposta.

     

    12. — Attraverso le domande il catechista verrà a conoscere la prontezza, l'ingegno, la diligenza dei suoi alunni. Verrà anche a toccar con mano se è stato capace di farsi capire da loro; vedrà che certe parole, che a lui parevano facilissime, non erano state comprese o comprese a rovescio. Sono celebri ormai i casi di quel ragazzo che credeva che la Messa fosse chiamata «sacrificio» perché ad ascoltarla si faceva penitenza; «sacrificio» di quell'altro che domandò se le «specie» eucaristiche sotto cui sta il Signore, fossero il baldacchino; di un terzo che recitò per anni i precetti della Chiesa, senza capire cosa fossero le «nozze» nei tempi proibiti; di un quarto che protestò: gli ultimi Sacramenti? non esistono più; sono stati dati a mia nonna!

     

    13. — Il dialogo del fanciullo col catechista è una buona cosa: prova che il fanciullo si interessa, rende varia la lezione; esige però nel catechista scienza, abilità e prudenza.

    Scienza, se no può trovarsi imbarazzato a rispondere a certe domande.

    Abilità: per tener la disciplina («far parlare», non «lasciar parlare»), per non perdere tempo inutilmente, per distinguere a colpo sicuro il birichino che interroga per disturbare e ridere, per sviare le domande che non hanno a che fare con la lezione.

    Prudenza, nel saper impedire domande delicate o imbarazzanti; nel rimandare schiettamente la risposta alla prossima volta, se non è pronta; nel saper prevedere le domande degli alunni.

     

    b) Far ritenere

    14. — Mosé nel deserto batté col bastone la roccia, dura, e ne venne acqua refrigerante. Un campanone è muto, silenzioso, fin che non è toccato: percosso dal battaglio, diffonde un suono potente e regale che vola per chilometri. I fiammiferi lasciati soli sono dei piccoli cosi insignificanti: fregati, diventano sorgente di luce e di calore.

    La roccia, il campanone, il fiammifero sono altrettante immagini della formula del catechismo. Essa è una cosa arida, muta, insignificante fin che non è spiegata: diventa feconda, parlante, sorgente di luce, se spiegata bene.

     

    15. — Sbaglia, dunque, chi vorrebbe abolire le formule e lo studio a memoria nel catechismo.

    Certi passi della chimica o del diritto, perché esigono precisione, sono studiati a memoria da studenti di liceo e di università.

    In religione ci sono delle verità importantissime, delicate e difficili. Che male c'è, se vengono condensate in formule precise e fatte imparare a memoria a piccoli fanciulli?

    La formula imparata a memoria è come un attaccapanni, al quale restano appese, nonostante il passare degli anni, le cognizioni religiose più importanti.

    Tanto più che certe verità, non servono ai fanciulli per il momento, ma solo nel futuro. Per esempio, le verità sul Matrimonio, sull'Estrema Unzione. Ma come potranno servire, se non sono ricordate?

    D'altra parte, non è anche la memoria una facoltà da esercitare e far lavorare?

     

    16. — Ma sbaglia anche chi abusa della memoria e fa consistere il catechismo solo nell'imparar formule.

    Ketteler, l'illustre vescovo di Magonza, definì delitto far imparare ai fanciulli formule che non capiscono.

    Ed è proprio delitto, perché impone una fatica improba ai fanciulli, lasciandoli nell'ignoranza e dando loro l'idea che il catechismo sia solo un complesso di cose senza senso, difficili e astruse.

     

    17. — In altri tempi, alla formula si facevano seguire queste tappe: 1) formula imparata a memoria; 2) formula spiegata a senso del catechista i 3) formula praticata.

                Mancomale la formula si spiegava, ma la via più giusta e naturale è la seguente: 1) formula spiegata bene; 2) formula imparata a memoria; 3) formula praticata.

     

    18. — Il catechista quindi non farà imparare a memoria la formula, se non l'ha prima spiegata bene.

    Oltre che spiegarla, cerchi anche di farla amare, presentandola in una luce simpatica.

    E cerchi di facilitarne l'apprendimento. Quando, ad esempio, la formula è stata sentita più volte a scuola (recitata dal catechista, letta da un alunno, recitata da tutti) ed è una sola alla volta, i fanciulli restano con l'impressione di saperla già o di poterla imparare facilmente, e la studiano volentieri.

     

     

    c) Dar da vedere agli occhi

    19. — Sono occhi che hanno fame e sete di colori e di visioni e che si aprono estasiati davanti alle proiezioni luminose, ai cartelloni, alle belle immagini colorate.

    Quando si fa vedere un quadro, la prima impressione dei fanciulli è stupore: (— «Oh...» Poi, approvazione: «Com'è bello!». Poi, vengono commenti e osservazioni: — «La Madonna ha i capelli biondi!...»; «Il sole entra per la finestra!…»        Si nota, però, che i fanciulli restano impressionati soprattutto dai particolari (la coda di un cane, la testa di un cavallo, il berretto di un soldato), al contrario dei grandi che vedono subito l'insieme e trascurano i particolari.

     

    20. — Non basta mostrare i quadri; bisogna aver l'arte di renderli vivi e parlanti.

    Non si deve quindi aver fretta e passar via presto, ma quando si mostra un quadro, spiegar tutto: chi sono i personaggi, cosa era successo prima, cosa fanno, cosa stanno dicendo, da quali sentimenti sono animati. E mettere in bocca ai personaggi parole e discorsi, in maniera che i fanciulli abbiano davanti quasi una scena viva e animata. Si può arrivare fino a parlare a nome dei fanciulli al Gesù del quadro o a far parlare i ragazzi con Lui. Usati a questo modo, i quadri o le immagini imprimono fortemente le scene nella fantasia, rendono i fanciulli attenti e interessati, servono molto a destare buoni sentimenti.

     

    21. — Il quadro può essere mostrato fin dall'inizio della lezione, se illustra un concetto; quando ricorda un fatto, si può prima narrare il fatto e poi mostrare il quadro; se si tratta solo di una figura (Crocifisso, Madonna, S. Luigi) che serve per edificare, la si mostra al momento dell'applicazione.

     

    22. — La lavagna ha pure molte cose da far «vedere» ai fanciulli: un nome difficile, il quale eccita la curiosità e l'interesse e per di più, visto cogli occhi oltre che udito con le orecchie, sarà ricordato facilmente; un disegnetto, uno schema, un titolo di lezione, che serviranno ad eccitare l'attenzione e a ricordar meglio.

     

    d) Dar da «vedere» alla fantasia

    23. — «Un ragazzo deve fare un pezzo di strada in discesa, d'inverno. La strada è tutta lucida per il ghiaccio. Il ragazzo ha paura e dice: — Chissà quanti capitomboli dovrò fare prima di arrivare in fondo! Egli non vuole i capitomboli, e tuttavia prevede che qualcuno ne farà. C'è in lui, fortissima la volontà di non cadere, ma insieme la previsione che cadrà. L'una non distrugge l'altra.

    Qualche cosa di simile può accadere a chi va a confessarsi. Egli fa il proposito fermo di non commettere più il tal peccato, ma insieme prevede che ricadrà nel tal peccato. Altro è il proposito, altro la previsione». Questo è un paragone. Con esso, a base di somiglianza, il catechista spiega in poche parole un concetto un po' difficile: che la previsione di commettere peccato non è volontà di peccare.

     

    24. — Gli esempi, invece sono casi pratici nei quali si vede applicata la materia insegnata. Eccone uno sull'obbligo di restituire.

    «Antonio è un contadino. Ha in stalla quattro mucche e porta il latte alla latteria. Ma ogni giorno mette nel latte un po' d'acqua, perché dice: “Così pesa di più e prendo più soldi”. Fa bene o fa male Antonio? Rispondi tu, Ernesto.

    — Male.

    — Fa male, commette peccato. Contro quale Comandamento fa peccato?

    — Contro il 7° Comandamento: non rubare.

    — Bravo. E perché fa peccato contro il 7° Comandamento?

    — Perché fa danno agli altri che portano il latte.

    — Bene. Ma chi ha recato danno basta che si confessi?

    — No, deve restituire.

    — E così, anche Antonio. Non basta che si confessi di aver messo acqua nel latte, ma deve riparare i danni arrecati, restituendo i soldi alla latteria».

     

    25. — Soprattutto, però, piacciono ai fanciulli i bei racconti. I racconti contengono i pregi sia dei paragoni che degli esempi ed oltre che gettar luce nell'intelligenza, spingono al bene e servono a tener la disciplina nella scuola. I migliori sono sempre i racconti presi dal Vangelo e dalla Storia Sacra. Altri possono essere ricavati dalla vita dei Santi o dalla storia, a patto che siano veri. Talvolta si possono raccontare novelle, fatti verisimili, parabole, ma allora bisogna avvisare i fanciulli che sono cose inventate.

     

    26. — Saper raccontare bene è una delle migliori qualità del catechista. Vi riesce chi si fa piccolo come i fanciulli e si adatta ai loro gusti, facendo vivere e parlare fra di loro i personaggi del racconto, drammatizzando e sceneggiando.

    Così, per esempio, dovendo raccontare a fanciulli il fatto del mantello di S. Martino, non sarà sufficiente dire: «Un povero domandò un giorno l'elemosina a S. Martino: questi, non avendo altro, tagliò con la spada metà del suo mantello e gliela diede». Al ragazzo questo modo di raccontare non dice nulla: egli è avido di particolari circa il luogo, le parole, i personaggi. Vuol vedere. E allora sarà necessario descrivere ambienti, vestiti, far parlare i personaggi. Così: «Adesso state attenti perché vi racconto un bel fatto. Era una mattina d'inverno; era caduta la neve e faceva tanto freddo. Per la strada c'era un povero: era scalzo, aveva indosso solo uno straccio, batteva i denti e tremava tutto. Ed ecco venire un soldato, a cavallo. Si chiamava Martino. Il povero stese allora la mano che tremava tutta e chiese: “Ho tanto freddo, fatemi la carità!” Martino rispose: “Mi dispiace tanto, ma non ho proprio nulla in questo momento”. Ma poi gli viene in mente un'idea: “E se gli dessi metà del mio mantello?”. Ferma il cavallo. Chiama il povero e gli dice: “Prendi, tieni un po' il mio mantello, perché adesso lo taglio e te ne do’ mezzo”. Tira fuori la spada, taglia il mantello, ecc.»

    Narrando, si stia attenti a usare frasi brevi, parole concrete e chiare, a gettar la luce là dove deve risplendere. Nel racconto precedente la cosa da mettere in vista era la carità, il buon cuore di S. Martino. La luce andava gettata sul gesto pietoso, non altrove.

    Si supponga che, invece, il catechista si diffonda sul cavallo che si avvicina:... «Ma, ecco, a un tratto, sulla strada gli zoccoli di un cavallo: tròc, tròc... tròc, tròc... troc, troc. Il cavallo si avvicina. Lo cavalca un soldato ardito, colla spada al fianco, coll'elmo in testa...». Tutto ciò interesserebbe molto i ragazzi, ma li scalderebbe per il trotto, per la spada, per l'elmo facendo passare in secondo ordine l'elemosina e la pietà.

     

    27. — Se vuole «far vedere» la verità che si sta spiegando, il racconto deve apparire strettamente unito alla verità spiegata, parte del catechismo, e non come uno zuccherino staccato, che si dà per far accettare un cibo o una medicina sgradevole. Non si dica: State attenti che poi vi farò un bel racconto. Vorrebbe dire che il catechismo non è bello. Ciò naturalmente non impedisce che il racconto si tiri fuori quando i fanciulli danno segno di stanchezza o alla fine della lezione.

     

    e) Mobilitare mani e piedi

    28. — Non sanno ancora scrivere, i fanciulli, e già tengono in mano con passione gessi, pezzi di carbone, matite, e vi riempiono di scarabocchi, omini e sgorbi i muri delle strade, i margini del libro o del giornale che hanno a portata di mano. Ciò dimostra che si esprimono volentieri col disegno ed ha suggerito di far loro esternare col disegno anche i pensieri del catechismo e le loro piccole esperienze religiose. E' nato a questo modo il«quaderno di religione» o «quaderno attivo».

     

    29. — Di esso dobbiamo dire un gran bene: fa che il fanciullo si applichi al catechismo, come a una cosa bella e sua; — fa imparare e ritenere di più; fa che a casa si interessino del catechismo il papà, la mamma, le sorelle, i fratelli chiamati dal piccolo, in aiuto per il disegno da fare, per l'immagine da scegliere, ecc. Si verifica più di una volta il caso dei «paperi (oche piccole) che menano le oche (grandi...), a bere», cioè dei figlioletti che fanno un po' di bene al padre, allo zio che non vanno a sentir la predica in Chiesa, ma l'ascoltano tanto volentieri attraverso il quaderno del nipotino o del figlioletto.

     

    30. — Intendiamoci, però: il disegno lo fa chi vi ha un certo trasporto; i fanciulli che non vi sentono inclinazione o non hanno attitudini, invece del disegno, scriveranno sul quaderno qualche altra cosa: coloriranno immagini già disegnate in quaderni appositamente preparati, metteranno sotto l'immagine una, due o tre righe di commento; completeranno frasi dettate dal catechista o già stampate sul quaderno; faranno delle preghierine proprie, dei compitini, dei racconti, ecc. E non importa niente che i disegni siano rozzi, che i pensierini siano pieni di errori grammaticali. L'importante è che il ragazzo esprima spontaneamente, come meglio sa, sul quaderno i suoi pensieri e sentimenti religiosi.

     

    31. — Non è solo il quaderno che mobilita i fanciulli. Questi si possono far muovere, e nelle mani, e nei piedi, e nella persona in altre maniere. Per esempio, con giochi catechistici, con scene catechistiche, con visite alla Chiesa, alla sagrestia per vedere o toccare i paramenti sacri, l'altare, la pietra sacra, ecc. O quando i fanciulli sono invitati a preparare il materiale didattico della lezione, a ritagliare a casa su carta minuscole pianete, stole, a fabbricare un piccolo altare con tutti gli oggetti, un presepio, ecc. ecc.

     

    f) Lavoro a squadre

    32. — Osservate i giochi dei fanciulli sui 9-12 anni: sono molto spesso a base di «bande», di «tribù», di «squadre». Date un'occhiata agli «sport»: tutto va a base di squadre, di gare, di primati, di vittorie e di punteggi. E la gente, ma soprattutto i ragazzi, vi prendono passione enorme. L'agonismo, cioè lo spirito di gara, è oggi molto sentito; perciò si è pensato di portarlo nel catechismo con il «lavoro a squadre».

     

    33. — Un esempio: Una classe ha 12 ragazzi; si divide e si formano 3 squadre, con 4 ragazzi ciascuna; per ogni squadra si elegge un capo, che deve dirigere, spronare, richiamare gli altri. Si stabilisce un sistema di punti: 1 punto per chi è presente; 1 per chi sa a memoria, 1 per chi sa a senso, 1 per chi ha fatto la pagina attiva, ecc. I punti dei fanciulli si sommano e danno i punti della squadra, che vengono segnati di volta in volta su un grafico. La squadra che raggiunge prima un determinato numero di punti, è vincitrice.

     

    34. — Si noti: Questo sistema, in generale, è fruttuoso soltanto con fanciulli sui 9-12 anni;  richiede nel catechista pratica, passione, tempo;  fatto funzionare bene, reca parecchi vantaggi: fa lavorare molto i ragazzi, stimola una emulazione sana (si lavora per la squadra, non per se stessi), educa alla fraternità, rende la scuola animata, serena, abitua i capi a preoccuparsi dei compagni, quindi li avvia all'apostolato, mette i fanciulli a contatto con il catechista, che li può conoscere, istruire meglio.

     

    35. — Perché il lavoro a squadre riesca: i capi siano adatti, ragazzi volitivi, che hanno prestigio sugli altri della squadra; le squadre siano almeno tre, equilibrate nelle forze, ossia quasi eguali per l'intelligenza e l'intraprendenza dei membri; si scelga ad ogni squadra un bel nome di battaglia, un distintivo; per segnare i punti si trovi qualche cosa di immaginoso (giro del mondo, salita alla montagna, giro d'Italia, colonne che salgono, ecc.); si cerchi che oltre la squadra, possa avere un premio anche l'individuo, con primati di frequenza, di buona condotta, ecc.

     

    g) Far pregare bene

    36. — Supponiamo che un catechista riesca a fare dei suoi alunni dei cristiani che pregano. E' a cavallo, ha ottenuto moltissimo. In pratica, però, il caso si verifica di raro: ci sono molti ragazzi e cristiani che «dicono preghiere», pochi che «pregano».        

    Due cose deve fare il catechista per rimediare a questo inconveniente: dare ai fanciulli un concetto giusto, ampio, simpatico della preghiera e portarli alla pratica della preghiera.

     

    37. — Ecco alcuni principii da inculcare un po' alla volta nei fanciulli, affinché abbiano un concetto giusto, simpatico della preghiera.

    1) pregare vuol dire parlare con il Signore: e non solo del paradiso, dell'anima, ma di qualunque cosa, proprio «chiacchierare», come si fa con un amico; si può parlarGli del papà, della mamma, del compito, del gioco; e Lui non è lontano, ma è vicinissimo, ci sente, ed è tutto contento che noi Gli parliamo;

    2) pregare è facile: non occorre che la preghiera sia lunga, basta anche corta, il Signore non la misura con il metro; non occorre la formula, bastano le parole che piacciono a noi, in italiano, in dialetto, magari con sbagli di grammatica;

    3) non si prega soltanto in Chiesa, ma dappertutto e spesso: per via, in iscuola, in casa, durante il gioco, il fanciullo può raccogliersi un momento, salutare Gesù, dirGli grazie, domandarGli scusa, senza che nessuno s'accorga.

     

    38. — Ed ecco alcuni mezzi per la pratica:

    1) L'esempio del catechista, che prega davanti ai. suoi alunni con convinzione, compostezza e serietà;

    2) Dare alla preghiera recitata in comune un tono pio, evitando noiose cantilene, facendo pause giuste;

    3) Variare spesso le formule e il modo di recitarle per togliere la monotonia, l'abitudine, la meccanicità e introdurre la novità, che sorprende sempre gradevolmente i fanciulli; ad esempio:

    Recita solo il catechista, lentamente, sommessamente, ma con parola calda, vibrata, mentre i piccoli seguono in raccoglimento con la mente;

    Recita un solo bambino e gli altri seguono in silenzio;

    Recita tutta la classe, ma sottovoce, con belle pause dopo ogni frase;

    Si sostituisce alla preghiera un canto («Oggi faremo una preghiera cantata»), ecc.

    4) Preparare, spiegare la preghiera che si sta per recitare o si recita, sfruttando cose o circostanze che impressionano il fanciullo. Ad esempio: «Il vostro compagno sta male, diremo la preghiera per lui... Oggi è sabato, giorno della Madonna, diremo la preghiera a questa buona mamma...». Oppure, si ferma il Pater...: Aspettate, avete detto «dacci oggi il nostro pane:..»; perché vi capiti il pane è necessario che il vostro papà trovi lavoro, abbia salute, chiediamo al Signore che aiuti papà», ecc.

    5) Richiamare spesso il pensiero che Dio ci vede, che è buono, che provvede, che tutto dipende da Lui, in maniera che il fanciullo sia un po' alla volta pervaso dallo spirito di fede, che gli fa attribuire a Dio gli avvenimenti personali, familiari e sociali e lo fa ricorrere a Lui;

    6) Curare molto l'atteggiamento del fanciullo durante la preghiera: abituarlo a star composto, con le mani giunte; correggere i difetti che ha nel fare il segno della croce (sono più frequenti di quello che si crede); insistere, affinché a casa dica in ginocchio le preghiere del mattino e della sera;

    7) Insegnare a trasformare in preghiera le formule del catechismo già capite ed imparate. Sia la formula seguente: «Dell'anima dobbiamo avere la massima cura, perché solo salvando l'anima saremo eternamente felici». Aggiungendo e cambiando pochissimo abbiamo: «Credo, o Signore, che dell'anima devo avere la massima cura, perché solo salvando l'anima sarò eternamente felice».

    Usando questi ed altri mezzi, il fanciullo trova gusto nella preghiera, la pratica con spontaneità, si abitua a farsi le formule da sé, sfrutta la preghiera come mezzo per diventare più buono.

     

    h) Condurre alla pratica

    39. — Una lezione di catechismo non è fatta bene, se non porta i fanciulli a compiere qualche opera buona. Il fanciullo, quando ha capito una cosa, vuol subito provarla; se è impressionato, è spinto ad agire. D'altra parte, bisogna fargli capire che il catechismo non è imparare e diventar bravi, ma diventar buoni e fare opere buone; non è solo insegnamento, ma vita.

     

    40. — Occorre quindi dare molta importanza alla «buona azione» o «vittoria» che è suggerita dal testo alla fine di ogni lezione. Il catechista insista, perché la buona azione venga fatta, e nella lezione seguente chieda se è stata fatta. Se il fanciullo vede che il catechista domanda la pagina attiva, la risposta a memoria e dimentica la buona azione, conchiude: la buona azione non ha nessuna importanza!

     

    41— Le buone azioni da suggerire ai fanciulli, devono essere ben determinate e adatte. Non basta dire: «Siate buoni». E neppure: «Cercate di essere obbedienti». Ma bisogna determinare dove, quando, in che modo devono ubbidire: «Quest'oggi farete senza brontolare quel che la mamma vi ordina, per amore di Gesù»; oppure: «Allora, siamo intesi, stasera prima di andare a letto, chiederete scusa al Signore», ecc.

     

    42. — Soprattutto, però, il catechista deve preoccuparsi che i suoi alunni siano avviati alle pratiche religiose e alla frequenza dei sacramenti e adoperare tutta l'influenza, la soave persuasione di cui è capace, per fare che assistano bene tutte le feste alla S. Messa, che si confessino spesso e bene, che si accostino alla S. Comunione.

    A questo scopo deve approfittare anche degli incontri casuali che ha con i suoi alunni fuori di lezione. Incontrandoli uno o l'altro per la via, chieda a che punto siano con la pagina attiva, con la «buona azione», se si sono ricordati della preghierina, ecc.

     

     

    Domande e casi

     

    — In cosa consiste il metodo induttivo? deduttivo? intuitivo?

    — Perché si usa oggi il metodo attivo?

    — «Il metodo attivo consiste nel far fare la pagina attiva»!

    — «Il metodo attivo» fa perdere troppo tempo»!

    — «Il metodo attivo riduce il catechismo a un gioco!»

    — «Il metodo attivo è difficile»!

    — Bisogna far tante domande ai fanciulli?

    — Come devono essere le domande?

    — Basta essere bravi predicatori per far catechismo?

    — «Se si lasciano parlare loro, vien fuori la confusione»!

    — «E' una barbarie far studiare le formule a memoria»!

    — Quali regole si seguono nel far imparare a memoria?

    — Perché sono utili i quadri e le immagini?

    — Come si spiega un quadro?

    — «La lavagna non occorre»!

    — Che differenza passa tra «paragone», «esempio», e «racconto»?

    — Perché il saper raccontare è una delle più belle doti del catechista?

    — Come si fa a raccontar bene?

    — Perché è utile il quaderno di religione?

    — «I miei alunni non vogliono far disegni»!

    — «Mobilitare»: cosa vuoi dire?

    — «Il lavoro a squadre è un perditempo»!

    — «In tutte le classi ci devono essere le squadre»!

    — Come si organizza il lavoro a squadre?

    — Come devo presentare la preghiera ai miei alunni?

    — Come li farò pregare?

    — Trasforma in preghiera qualche formula del catechismo.

    — «Poche preghiere» - «preghiere brevi» - «molte preghiere» - «preghiere lunghe». Di queste quattro formule due sono giuste, due sbagliate. Quali?


     

     

     

    V

     

    LA LEZIONE DI CATECHISMO

     

    1.     - Preparazione alla lezione

     

    1. — E' necessaria. Non si fa una casa senza prima stabilire e disegnare quanto deve essere grande, quante stanze, quante porte, quante finestre deve avere. Una lezione è una piccola casa: prima di costruirla bisogna pensarci su, vedere quanto deve durare, quante parti deve avere, quali ornamenti bisogna metterci dentro, quali frutti deve portare.

    Una lezione non preparata sarà una cosa confusa, noiosa, insipida, senza risultati. Solo la lezione preparata con amore e diligenza, con le sue belle parti chiare ed evidenti, coi suoi esempi, riesce bene.

     

    2. — Non basta dare un'occhiata al libro negli ultimi dieci minuti. Ci sono dei catechisti che cominciano il lunedì a pensare al catechismo della domenica e passano tutta la settimana nell'attesa gioiosa della lezione, meditandone con amore il soggetto, riempiendosene la mente e il cuore. In questa maniera, oltre le idee chiare, portano alla lezione un'anima che vibra e fa vibrare.

     

    Il minimo che ogni catechista deve fare è di:

    a) trovare nel Testo la lezione che tocca, studiarla in modo da saperla bene, ripassare la risposta a memoria;

    b) consultare la Guida e qualche altro buon libro, sapendo scegliere quello che piacerà e farà bene ai fanciulli, lasciando quello che non possono capire;

    c) stabilire quali parole spiegare, quale metodo seguire, quali esempi, quali paragoni raccontare, quali immagini o oggetti mostrare;

    d) fissare il compito e la buona opera da far fare;

    e) prevedere le principali domande da rivolgere, tener in serbo qualche esempio in più per il caso che i fanciulli fossero stanchi o disattenti.

     

    3. — I fanciulli sono come gli uccellini: vogliono saltare di palo in frasca, cambiare. Sarà quindi bene cercare di avere per ogni lezione qualche cosa di nuovo, che faccia piacere. Non cominciar sempre alla stessa maniera, non far sempre le stesse domande. Almeno ogni tanto tenere una lezione brillante, e in ogni lezione avere almeno uno spunto felice, attraente.

     

    4. — E pregare. Far bene la lezione, anche se ci si è preparati con diligenza, è sempre una grazia del Signore, che bisogna umilmente implorare.

     

    2.     - Itinerario della lezione

     

    5. — Chi dice «itinerario» dice percorso o serie di tappe successive. Enumeriamo le varie tappe della lezione del catechismo parrocchiale: 1) Il catechista si trova (con testo, guida e registro) all'ora precisa nel luogo della lezione; 2) raccoglie e mette in fila gli alunni; 3) entra con loro, in silenzio nell'aula o nel locale della lezione; 4) attende che si mettano a posto ed aiuta a mettersi a posto; 5) preghiera (eventualmente canto); 6) appello; 7) interrogazioni sulla lezione antecedente; 8) spiegazione della lezione nuova; 9) riepilogo della lezione nuova; 10) applicazioni pratiche; 11) assegnazione del compito; 12) preghiera; 13) uscita di classe.

     

    6. — Alcune annotazioni: 1) I fanciulli non possono balzare di punto in bianco da un gioco vivacissimo, da una baruffa, alla preghiera e alla lezione: il catechista si preoccupi che il passaggio avvenga dolcemente, calmi con un canto, con due o tre minuti di attesa silenziosa fuori dall'aula; 2) La preghiera non si comincia finché tutti non sono quieti e sereni; 3) Il Registro funzioni bene sia nell'appello che nelle interrogazioni sulla lezione studiata. Esso mette sempre un po' di soggezione ai fanciulli e dà un po' il tono di scuola.

     

    7. — Dopo la lezione, rimasto solo o tornato a casa, il catechista preghi il Signore, ringraziandolo di essersi servito di lui, chiedendo che gli alunni mettano in pratica le cose imparate. Buona cosa, se farà un po' di esame con relativo proposito, sul come la lezione è andata, su pregi e difetti. Cosa migliore, se avrà un «Diario» sul quale segnare prima della lezione la preparazione o una traccia e, dopo, le osservazioni.

     

    3. - Disciplina alla lezione

     

    1)     Idee da tenere sulla disciplina...

     

    Una nazione possiede ordine e disciplina, se ci sono queste due cose: leggi precise e chiare (potere legislativo) e forza per farle eseguire (potere esecutivo e punitivo).

    In una classe di catechismo ci sarà disciplina, quando si danno ordini ben chiari e si riesce con la presenza, con l'interessamento insistente, con la persuasione o, alla peggio, con un po' di castigo, a farli osservare.

     Se gli ordini non si danno, o non sono capiti da tutti, o nessuno li eseguisce o fa eseguire, abbiamo confusione, disobbedienza, anarchia, tutto il contrario di disciplina.

    a)      ...circa il «potere legislativo»

    8. — Esser chiari e precisi nel dar ordini. Spesso il fanciullo non ha eseguito perché non aveva capito o non s'era ricordato. Per assicurarsi che ha capito l'ordine per farglielo ricordare, farsi ripetere l'ordine («Hai compreso quel che ho detto? Dimmelo su... Hai. trovato la pagina che devi studiare? Fammela vedere, segnala»).

    Non dare ordini, mentre i fanciulli sono in moto; dare pochi comandi, non cambiarli, ma ripeterli spesso. Non comandar mai una cosa, quando si è sicuri che non sarà fatta.

    E tener duro ai dinieghi. Quando s'è detto di no, e le circostanze sono ancora quelle, non si deve cambiare. Perché di solito, il papà si fa ubbidire più della mamma? Perché tien fermo e non cede e i figliuoli lo sanno.

    E niente prediche quando si danno ordini; più parlate e più fate vedere ai fanciulli che avete paura di non essere ubbiditi; poche parole incisive (non amare ed ironiche) sono molto più energiche ed efficaci delle lungaggini.

     

    b) ...circa il «potere esecutivo»

    9. — La disciplina nostra non è disciplina prussiana o del «baston tedesco» («O fai questo o son bastonate!»); essa non vuole soltanto portare il fanciullo a fare quella tal cosa, ma vuole portarlo a far volentieri, di buon animo la tal cosa; non soffoca la libertà del fanciullo, ma la educa ed alimenta facendo sì che egli stesso, spontaneamente, voglia quello che noi gli ordiniamo.

     

    10. — Attenti, però: «volentieri», «spontaneamente» non significa «senza sforzo», «senza fatica».Nessun educatore educherà mai fanciulli e giovani, se non domanda e ottiene da loro sforzi e sacrifici.

    Un catechista dice: «Voglio risparmiare ai miei fanciulli qualsiasi sforzo». Non ha capito nulla di educazione, nulla della vita. Un altro giorno fatti grandi, i fanciulli troveranno pure il duro, l'aspro e l'amaro. Bisogna dunque prepararli adesso! D'altra parte, senza fatica, non c'è nulla di grande a questo mondo. Deve dire invece: «Voglio che si sforzino, che si abituino al sacrificio: il riso, il gioco, la giocondità sono un aiuto, e niente più».

     

    11. — La disciplina di cui parliamo, presuppone nel catechista certe qualità indispensabili. Prima, il prestigio. Lo si ha, quando il fanciullo prova verso il catechista un senso di riverenza e di stima per la sua bontà, per la scienza, per la capacità di fare. Il fanciullo è un po' come il selvaggio: ha bisogno di vedere nel capo che lo guida un uomo più capace, più forte, più bravo di lui. Altrimenti non lo segue.

     

    12. — Altra qualità, la bontà... purché non sia troppa. («Uomo buono», non «bonomo», («dar confidenza», non lasciar che «prendano confidenza!»). I fanciulli devono vedere che il catechista è buono e li ama, ma insieme devono provare una certa soggezione di lui, altrimenti Io «prendono sotto gamba» ed il prestigio salta.

     

    13. — Terza qualità, la fiducia in se stesso. I fanciulli devono avere l'impressione che noi siamo provetti, sicuri, capaci e devono sentir ciò dal nostro sguardo, dal tono della voce, dal contegno, dalle mosse. Guai, se ci vedono timidi, malsicuri, impacciati.

     

    14. — Qualità forse principale, però, è quella di riuscire interessanti. Il più delle volte i ragazzi sono indisciplinati, perché non li sappiamo interessare, diciamo loro cose che non li interessano o in un modo inadatto, o non ci siamo preparati alla lezione.

     

    15. — La disciplina che noi intendiamo considera ottimi mezzi i premi e l'emulazione. Il più facile di tutti i premi è la lode: data con prudenza, a tempo opportuno, incoraggia, sprona allo studio. Quanto agli altri premi, siano grandi o piccoli, non è il darli che conta, ma il modo con il quale sono stati dati, le parole, lo sguardo che li accompagnano.

    Il voto, se saputo adoperare, dà ottimi risultati per la disciplina. Lo sa adoperare il catechista che gli dà importanza davanti ai fanciulli; che usa il voto soprattutto per incoraggiare («Hai saputo benino, più dell'altra volta, otto; e se continui così arriverai anche al nove»), che sa regalare talvolta qualche punto.

     

    c) ...circa il «potere punitivo»

    16. — Il sole ha qualcosa da insegnare, qui, al catechista, il sole che alle cose somministra continuamente luce e calore, spesso pioggia e vento, di rado fulmini e tuoni.

    Il catechista deve continuamente ai suoi alunni affetto e premura, spesso raccomandazioni ed esortazioni, di rado interverrà con rimproveri e castighi.

     

    17. — I quali castighi devono essere dati con molta prudenza, se si vuole che siano efficaci.

    1) Cominciare dal poco (mostrarsi non contenti, meno benevoli, occhiata severa; richiamo; minaccia di castigo); arrivare al castigo vero e proprio solo con i pertinaci, che, nonostante avvisi e richiami, sono già alla terza o quarta mancanza; non infligger punizioni corporali, ma piuttosto privare di qualche cosa, cui i fanciulli tengono.

    2) Non è il castigo in sé che corregge il fanciullo, ma il dispiacere e il desiderio di vederlo migliorare che il catechista esprime nel castigare.

    3) Non castigare, se non si è sicuri della mancanza, lasciate che il fanciullo si difenda: se lo si trova innocente, mostrare dispiacere di averlo punito e contentezza per averlo trovato innocente.

    4) Non castigare mentre si è agitati; mai arrabbiarsi.

    5) Correggere possibilmente in privato; non costringere un fanciullo a comparire davanti ai compagni con il viso rosso e in lacrime per rimproveri subiti.

    6) Se il fanciullo si emenda prima del castigo, perdonarlo.

     

    2) Accorgimenti pratici per la disciplina

     

    18. — Adoperare bene gli occhi, per far sentire ai fanciulli che li osserviamo e che sono visti in ogni loro movimento. Per questo le classi siano poco numerose e quando si usano le panche, queste non siano disposte a linee parallele, ma a semicerchio o a ferro di cavallo. Così tutti gli alunni sono visti completamente e a nessuno capita la tentazione dalla seconda o terza panca di disturbare coi piedi o con le gambe i compagni della prima o della seconda.

     

    19. — Procurare che entrino in classe con ordine ed in silenzio: assegnare i posti in modo che non si trovino insieme due disturbatori; e i posti siano fissi, in modo che non ci sia, entrando, la gara e la corsa per trovare il posto. Tener presente che essere deboli all'inizio della lezione vuol dire aver battaglia perduta per tutta la lezione.

     

    20. — Non cominciare mai la lezione con il rimproverare coloro che fanno rumore nel metterei a posto. Il rimprovero messo in principio getta una luce poco simpatica su tutta la lezione. Invece si loda chi si è già messo a posto, si aspetta con calma, invitando con lo sguardo, che si mettano a posto gli altri, e si comincia la preghiera solo quando s'è fatta l'attenzione ed il silenzio.

     

    21. — Essere un po' furbi e presentare la disciplina sotto una luce bella e simpatica. Non dite: «In questa classe io voglio disciplina! Farò rigar diritti tutti quanti e castigherò gli indisciplinati!». Mostrereste la disciplina in un aspetto duro e spingereste i fanciulli a sbarazzarsi di lei. Dite, invece, così: «Voi conoscete Bartali, Coppi... gli aviatori, gli alpinisti... Brava gente che signoreggia le strade, i cieli, le montagne... Ma sapete come hanno fatto a diventare così in gamba?... Si sono sottoposti alla disciplina... Bartali si allenava sotto la pioggia, sotto il vento, con la fame, con la sete... con disciplina. Anche noi faremo un po' di disciplina». ...E' probabile che si abbia un effetto migliore che nel primo caso.

     

    22. — Non bisogna moltiplicare proibizioni e divieti: «Quello non si può, questo neanche, lì non dovete andare...», il fanciullo si sentirebbe soffocato e sentirebbe che la disciplina è un peso, mentre bisogna farla apparire leggera; certe cose fargliele prima amare e poi proporgliele; certe altre farle apparire come premio, mentre sono necessarie.

     

    23. — E saper comprendere. I fanciulli sono sempre fanciulli: certe indisciplinatezze sono irrequietezza, non cattiveria. Non andar dietro le minuzie e concedere un respiro quando è ragionevole. Sbuca un topo di sotto un armadio: tutta la classe è in piedi... Cosa volete fare? Sarebbe esagerato alzare la voce, rimproverare. Cercate di calmar via alla meglio, con bontà.

     

    24. — Siete mai saliti in groppa ad un puledro? Sì? Allora sapete che ogni tanto bisogna allentare le redini e lasciargli un po' di respiro. Non abbandonate però le redini sulla cavezza, se no vi possono capitare dei guai. Così con la classe: ogni tanto un po' di respiro, un racconto, qualcosa che sollevi; ma non far ridere troppo, lasciando scoppiare l'ilarità; pochi son maghi da riportare con un colpo di bacchetta magica l'ordine interrotto.

     

    25. — Provate ad abbassare la voce, quando i fanciulli cominciano a distrarsi o a parlare. Subito, tutte le teste si alzano, gli occhi, fissandovi, interrogano: Cosa farà adesso? Cosa vuole con questa voce dolce e sommessa? Niente. Solo che stiate attenti, perché il catechista sa che per far tacere non si grida, ma si parla piano e si tace...

     

    26. — Qualche volta parlar piano non basta: i fanciulli sono stanchi. Ecco pronto un bel fatto, un cartellone a colori. Oppure si invitano ad alzarsi in piedi: una preghiera, un canto sommesso; si è introdotta una nota più vivace, si son fatti muovere e si può riprendere. I vari alimenti dell'attivismo sono anche aiuti per la disciplina.

     

    27. — Quando un fanciullo è mancato alla lezione, ci si informi del motivo, ci si interessi passando a casa sua. Quando un ragazzo non sa, perché timido, pregare qualcuno di casa o una persona vicina che se ne occupi. Nel caso poi di qualche disturbatore incorreggibile, è forse opportuno farlo dimettere dal Parroco.

     

    Domande e casi

     

    — «Son tanti anni che insegno: non sempre preparato»!

    — «Do’ un'occhiata al testo e son preparato»!

    — Come si fa la preparazione prossima alla lezione?

    — Quali testi o riviste conosci per la preparazione?

    — Quali sono i successivi momenti alla tua lezione?

    — «Il registro non conta nulla»! 

    — Il «diario» è la stessa cosa che il «registro»?

    — Il catechista è un piccolo governante che ha in mano tutti e tre i «poteri»... Spiega.

    — Com'è l'arte di comandare?

    — «La miglior disciplina è la tedesca»

    — Quali qualità si devono possedere per tener la disciplina?

    — Quando i ragazzi sono indisciplinati, di chi può essere la colpa?

    — «La disciplina consiste nel silenzio e nella immobilità»

    — «Qualche schiaffo è necessario».

    — Quali sono le principali tue difficoltà per la disciplina?


     

     

    VI
    L'organizzazione del Catechismo

    1. - Gli organi propulsori

    1. — Il motore è un centro, dal quale partono tutti i movimenti della macchina; la testa è un centro che dirige e sorveglia tutta l'attività del corpo. I movimenti e le attività del catechismo hanno pure dei centri direttivi, che sono conce il motore nelle macchi. ne e come la testa nel corpo.

     

    2. —  A Roma, presso la S. Congregazione del Concilio, funziona (dal 1923) l'ufficio catechistico centrale con il compito di regolare e promuovere il movimento catechistico di tutto il mondo.

     

    3. — Al centro della diocesi, presso la Curia Vescovile, c’è l'ufficio catechistico diocesano, organo di cui si serve il Vescovo per promuovere, ordinare, dirigere, in tutta la Diocesi, la istruzione religiosa del popolo.

    L'attività dell'Ufficio, che è stato detto «piccolo Ministero dell'Istruzione Religiosa», Si estende:

     

    a) all'istruzione catechistica parrocchiale dei fanciulli e degli adulti;

    b) all'insegnamento della Religione nelle pubbliche Scuole dello Stato, sia Elementari che Medie;

    c) alla dottrina cristiana impartita nei Collegi e nelle Istituzioni Cattoliche.

     

    4. — In Parrocchia c’è la congregazione della dottrina cristiana che ha lo scopo generale di promuovere l'istruzione religiosa in ogni luogo, grado e forma e lo scopo speciale di promuovere, organizzare, assistere nei migliori modi possibili la scuola parrocchiale di Dottrina Cristiana ai fanciulli.

    2. - La Scuola parrocchiale di Dottrina

     

    5. — È opportuno che il catechismo sia impartito a forma di vera scuola, con classi distinte, maestri, registri, testi regolari ecc. Lo esigono il Papa, i Vescovi, lo richiedono la dignità del catechismo, l'interesse dei fanciulli, che altrimenti non ricaverebbero frutto serio.

     

    6. — Come locale è desiderata la Casa della Dottrina Cristiana, fatta apposta, con diverse aule scolastiche fornite di banchi, cattedra, tavola nera, carte geografiche, riscaldate d'inverno, e in ogni stagione pulite, piene di aria, di luce, di ordine.

    Tale casa non esiste in tutte le Parrocchie. Dove manca, si supplisce utilizzando i locali dell'Asilo, le sale delle Associazioni, le varie parti della Chiesa, in modo che ciascuna classe abbia il suo ambientino, decoroso e pulito il più possibile, e poi raccolto e indisturbato.

     

    7. — Il personale della Scuola viene dalla Congregazione della Dottrina Cristiana.

    Direttore è il Parroco che stabilisce l'orario; assegna i catechisti alle varie classi, dirige e sorveglia tutto, facendosi aiutare anche da altri membri della Congregazione (Priore, zelatori, ecc.).

    Il Segretario tiene il Registro generale coi nomi di tutti i maestri ed alunni divisi per classe aggiornandolo di volta in volta e cura che ciascun catechista abbia e tenga in ordine il Registro di classe. Ha una grande importanza per il retto funzionamento della scuola.

    I catechisti saranno assistiti, possibilmente, ciascuno da un vice-catechista, che aiuti a tenere la disciplina, si addestri all'insegnamento e supplisca il catechista assente, che in qualche caso avrà avuto cura di preavvisare dell'assenza in tempo utile il Segretario.

     

    8. — Registri, pagelle ed esami. Oltre il Registro generale, tenuto dal Segretario, è indispensabile per ogni catechista, il Registro di classe, appositamente preparato, su cui segnare le presenze ed i voti per ogni lezione imparata. E questo volta per volta. Invece alla fine di ogni trimestre, in occasione dello scrutinio, si segnano i voti di profitto (media dei voti riportati) e di condotta e si compila la pagella che, firmata dal Parroco, viene consegnata all'alunno che deve riportarla firmata dal padre o chi per lui.

    L'esame finale stabilisce chi è promosso, chi non è promosso, chi deve riparare nella seconda sessione e chi deve ripetere.

     

    9.Biblioteca, sussidi didattici. Ogni scuola di catechismo dovrebbe avere a servizio ed uso dei catechisti un po' di biblioteca con libri di religione, di pedagogia, di didattica, con la raccolta di qualche rivista catechistica. Inoltre, sarebbe indispensabile una serie di cartelloni, o almeno di cartoline catechistiche, immagini, ecc.

     

    Domande e casi

     

    — Qual è l’organo che mette in moto il catechismo nel mondo? nella Diocesi? nella Parrocchia?

    — «Continuiamo il catechismo come abbiamo sempre fatto, in Chiesa, alla buona»!

    — Gennaro voleva mandare un'offerta a S. Antonio. Ma un amico gli suggerì: «Fa piuttosto un'offerta alla Congregazione della Dottrina in onor di S. Antonio». Ha suggerito bene? Perché?

    — Carlo, Priore della Congregazione, domandando aiuti per il Catechismo, dice: «Aiutate le Missioni interne!», E’ giusto?

    — Che ci sta a fare il vice-catechista?


     

     

    APPENDICE I

     

    Statuto della Congregazione
    della Dottrina Cristiana

    1. Nella Parrocchia di . . . . . . . . . . .  è istituita la Congregazione della Dottrina, sotto il patrocinio di S.  . . . . . . . . . . . . . .  Essa è aggregata di diritto all'Arciconfraternita eretta in Roma.

     

    2. Scopo della Congregazione della Dottrina Cristiana è:

    a)    in generale, di promuovere l’istruzione di ogni luogo, grado e forma;

    b) in particolare, di promuovere, organizzare, assistere nei migliori modi possibili la scuola parrocchiale di Dottrina Cristiana ai fanciulli.

    3. Fanno parte della Congregazione:

    a)  come semplici soci, i fanciulli e le fanciulle che frequentano la scuola della Dottrina;

    b) come soci attivi, i parrocchiani dell'uno e dell'altro sesso, sopra i 15 anni, che tengono buona condotta morale e danno ai fini della Congregazione e della scuola parrocchiale di Dottrina un qualche aiuto o prestazione di opere;

    c)  come soci aderenti, i parrocchiani, sia presenti che assenti, di qualsiasi età e sesso che versano, una quota annua di almeno lire 10;

    d) come soci benemeriti, i fedeli che versano un'offerta di almeno L. 500.

     

    4. La Congregazione è eretta da un Consiglio di 7 membri: il Direttore, il Priore, un Segretario, un Cassiere e tre Consiglieri.

     

    5. Il Consiglio si raccoglie di regola ordinaria almeno tre volte all'anno: all'inizio, verso la metà e verso la fine dell'anno scolastico. In via straordinaria viene radunato tutte le volte che il Direttore trovasse opportuno convocarlo, specialmente alla visita del Vicario Foraneo o alla venuta dell'incaricato dell'Ufficio Diocesano.

    6. Le adunanze del Consiglio hanno per oggetto:

    a)      l'attuazione delle direttive dell'Ufficio Catechistico;

    b)     iniziative e provvedimenti per un sempre miglior funzionamento e rendimento della Congregazione e della Scuola di Dottrina Cristiana;

    c)      preparazione delle adunanze plenarie della Congregazione e delle relazioni dell'Ufficio Catechistico.

     

    7. L'adunanza generale dei soci attivi si fa una volta all'anno, verso l'inizio dell'anno catechistico. Vi si leggerà la relazione morale, finanziaria e statistica dell'annata precedente: sia nei riguardi della Congregazione che della Scuola di Dottrina Cristiana.

    8. La Congregazione, attraverso il Consiglio, organizza nel suo seno:

    a)      il gruppo dei catechisti incaricati dell'insegnamento della Dottrina nelle diverse classi e sessioni di classe;

    b)     il gruppo dei collettori, incaricati di raccogliere le nuove iscrizioni e quote annuali degli iscritti e le eventuali offerte;

    c)      il gruppo dei pescatori, incaricati di raccogliere e condurre alla Scuola di Dottrina i fanciulli che vi sono obbligati;

    9. Ogni anno la Congregazione celebra con particolare solennità la Festa della Dottrina Cristiana.

    10. La Congregazione, entro il mese di Novembre di ogni anno, procura la celebrazione di una Messa a suffragio di tutti i Soci defunti, previo avviso a tutti i Soci, perché abbiano a parteciparvi di presenza.


     

    APPENDICE II
    Regolamento per la Scuola Catechisti

    1. — E' istituita la Scuola dei catechisti, che ha lo scopo di preparare i maestri delle classi parrocchiali di Dottrina Cristiana.

    2. — La Scuola dipende dall'ufficio Catechistico Diocesano che stabilisce il programma, ne autorizza gli Insegnanti, ne controlla il profitto.

    3. — Previo accordo con l'Ufficio Catechistico, una Sezione di detta Scuola venga aperta in ogni Parrocchia, a meno che non si reputi utile in qualche caso istituire una Sezione interparrocchiale o foraniale.

     

    4. — La Scuola conta specialmente sulla collaborazione dell'Azione Cattolica, che considera sua nobilissima attività l'apostolato catechistico.

     

    5. — Il Programma comprende due parti: una, di catechismo propriamente detto e l'altra, di nozioni ed esercitazioni pratiche di pedagogia e didattica catechistica:

    a)      per la prima parte si consiglia di far coincidere il Programma con le Lezioni di catechismo svolte alle Sezioni Maggiori, maschili o femminili, di Azione Cattolica, aggiuntevi alcune nozioni brevi, ma organiche di Storia Sacra, in modo che chi si è sottoposto o intende sottoporsi per più anni all'esame di Gara, sia perciò stesso ritenuto in possesso almeno del minimo di cognizioni necessarie;

     

    b)     b) per la parte pedagogico-didattica, saranno materia di esame: 1) le nozioni contenute nel testo edito da questo Ufficio Catechistico e 2) una lezione pratica, preparata in antecedenza su una delle cinque «Guide Didattiche diocesane» e svolta in modo da far vedere che il candidato conosce la tecnica della lezione, sa usare i metodi, i vari sussidi, sa raccontare un fatto adattandosi all'indole e alle varie età dei fanciulli.

     

     

    6. — E' ammesso alla Scuola chiunque lo desideri, purché abbia finito il Corso Diocesano delle otto classi e sia fornito, a giudizio del Parroco, delle qualità necessarie.

     

    7. — Direttore della Scuola parrocchiale è il Parroco; insegnanti possono essere altri, preferibilmente sacerdoti, proposti dal Parroco e autorizzati dall'Ufficio Catechistico.

     

    8. — L'esame si tiene in data e sede proposta dal Direttore della Sezione, approvate dall'Ufficio Catechistico che nomina la Commissione. Può riguardare tutto il programma o parte.

     

    9. — Ai frequentanti che avranno superato l'esame di tutto il programma, verrà rilasciato il diploma di catechista firmato dal Vescovo.

     

    10.               Le spese di ogni Sezione (testi, tassa di diploma ecc.) sono a carico della Congregazione della Dottrina Cristiana.

     


     

    PICCOLA BIBLIOGRAFIA

     

    ANSELMO F. S. C. — Lineamenti di Catechetica — Ediz. «Sussidi», 1949.

                          La scuola di Dottrina Cristiana — Ediz. «Sussidi», 1946.

                          Missione educatrice — Ediz. «Sussidi», 1944.

     

    BENIAMINO F. S. C. — La conoscenza del fanciullo — Ediz. «Sussidi», 1945.

     

     

    FORALOSSO A. — Catechismo della pedagogia catechistica — Torino, 1939.

     

     

    GIOVANNINO F. S. C. — Brevi cenni pratici di pedagogia catechistica — Torino, 1939.

     

     

    LEONE F. S. C. — Missione, doti, parola del Catechista — Torino, 1939.

                          Invito allo studio del fanciullo — Milano 1946.

     

     

    MONTALBETTI E. — Colloqui coi maestri — Trento, 1943.

     

     

    NOSENGO G. — Libertà e vita nell'educazione religiosa dei piccoli — Milano, 1938.

     

     

    RIVA S. — Pedagogia del catechismo Milano 1943,

                           Il maestro del catechismo — Milano, 1945.

     

     

    TOTH T. — L'educatore spirituale del giovane — Venezia, 1940.

     

     

    VIGNA L. — Ai maestri — Milano, 1934.


    INDICE

     

     

    I - IL CATECHISMO

     

    1.       Cos'è il catechismo

    2.       C'è bisogno di catechismo

    3.       Ci sono leggi sul catechismo

     

     

    II - IL MAESTRO DI CATECHISMO

     

    1.        La missione del catechista

    2.        Le doti del catechista

    a)                 religiose

    b)                morali

    c)                 professionali

    d)                esterne

    3.       La formazione del catechista

     

     

    III - L'ALUNNO DEL CATECHISMO

     

    1.       E' necessario conoscere il fanciullo.        

    2.       Come conoscere il fanciullo.

    3.       Cos'è il fanciullo.

     

     

    IV - IL METODO DEL CATECHISMO

     

    1.       I principali metodi.

    2.       I principali aspetti dell'attivismo

    a)                 Far parlare il fanciullo

    b)                Far ritenere               

    c)                 Dar da vedere agli occhi

    d)                Dar da «vedere» alla fantasia

    e)                 Mobilitare mani e piedi       

    f)                  Lavoro a squadre      

    g)                 Far pregar bene        

    h)                Condurre alla pratica           

     

     

    V - LA LEZIONE DI CATECHISMO

     

    1.       Preparazione alla lezione

    2.       Itinerario della lezione       

    3.       Disciplina alla lezione        

    1. Idee da tenere sulla disciplina...  

    a)       ...circa il «potere legislativo»                                                                              

    b)      ...circa il «potere esecutivo»                                                                                   

    c)       ...circa il «potere punitivo»                                                                                    

    2. Accorgimenti pratici per la disciplina     

     

     

    VI - L'ORGANIZZAZIONE DEL CATECHISMO

     

    1.       Gli organi propulsori        

    2.                                                                                                     La scuola Parrocchiale di Dottrina

     

     

    Appendice I                                

     

    Appendice II