LUTTAZZIMANIA
ideato da Donatella Luttazzi, la figlia di Lelio, completato da un trio jazz: Lo swing, l’ironia e il garbo delle canzoni di Lelio Luttazzi, arricchite di nuove armonie, condite con chiacchiere e memorie dell’Italia degli anni ‘50 e ‘60.
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"LE ZEBRE A POIS" LUTTAZZIMANIAuna Recensione di Luigi Onori
ROMA. La canzone italiana ha talvolta raggiunto
vertici importanti, di altissimo artigianato, ai confini con l’arte.
Ciò è spesso accaduto
quando ha avuto una base jazzistica, una memoria
remota nella musica afroamericana unita a caratteristiche proprie. In questa direzione ha lavorato per decenni Lelio Luttazzi,
eclettica figura che ha segnato l’immaginario radiofonico,
televisivo e sonoro dell’Italia per un lungo periodo. La figlia e cantante Donatella ha presentato il 22 ottobre scorso all’Alexanderplatz un vero e proprio spettacolo dedicato alle musiche di “papà Lelio”, un recital provato a lungo che ha unito il trio della brava pianista Cinzia Gizzi (con Gigi Rossi al contrabbasso ed Alessandro Marzi alla batteria) ad un eccellente quartetto vocale (Le Zebre) comprendente la Luttazzi, Giuppi Paone, Angela Citterich e Sonia Cannizzo. Una ventina di brani scandiscono lo spettacolo che alterna – sapientemente montati – momenti strumentali, canzoni eseguite da una sola vocalist, esecuzioni dell’intero collettivo e gustosi episodi per sole voci. Tra recitazione e canto, presentazioni, citazioni (come la lettura di un demenziale articolo apparso sulla stampa americana negli anni ‘20 contro gli effetti mentalmente destabilizzanti del jazz…), gag il recital ha uno spessore teatrale, di intelligente cabaret sonoro, raro da trovare nel nostro paese. Ciò
che rende valida l’operazione risiede innanzitutto nel recupero di
splendide melodie, da Il
giovanotto matto a Tzigana,
nella loro riproposizione con nuovi e brillanti arrangiamenti
(elaborati, tra gli altri, da Donatella Luttazzi, dalla Paone ma anche
dallo stesso autore, oggi ultraottantenne, come nel caso di Souvenir
d’Italie). Il mondo ricco di ironia, di fantasia e sentimento,
di asciutta malinconia, di humour surreale di Lelio Luttazzi prende
corpo nel recital, dimostrando contemporaneamente tanto la tenuta di
un repertorio ingiustamente dimenticato quanto la sua collocazione nel
tempo, legato ad un’Italia largamente scomparsa per quanto presente
nella memoria. La
seconda parte dello spettacolo all’Alexanderplatz ha seguito una
scaletta davvero degna d’interesse. Dopo un brano del trio, la
Luttazzi ha cantato un A Foggy
Day accuratamente arrangiato e ricco di accentuazioni espressive.
A seguire le Zebre hanno proposto Quando
una ragazza, euforico pezzo pregno
di atmosfere neworleans, cui si è contrapposto il melanconico, quasi disperato Tristemente.
Le quattro voci si sono librate in Souvenir
d’Italie mentre il canto/recitazione di Giuppi Paone ha brillato
in Legata ad uno scoglio,
dove si tratta in modo paradossale della gelosia. Davvero
straordinaria la versione a cappella di Una
zebra a pois (resa celebre da Mina) che, arricchita di ritmi, si
è trasformata in un brano jazz con swinganti soli scat. Magnifica,
ancora nello splendore delle sole voci, la sconsolata Troppo
tardi, stemperata dallo scopiettante finale, un Towards
Fregene su giro di blues che ha offerto a tutti – strumentisti e
cantanti – spazi solistici. Per
quanto efficace in un club jazzistico, il recital meriterebbe uno
spazio teatrale che potrebbe valorizzarne appieno tutte le componenti.
Luigi Onori (Critico musicale e pubblicista, è collaboratore dal 1981 del quotidiano "il manifesto" e dei suoi supplementi, mentre dal 1985 scrive per la rivista mensile "Musica Jazz" (vi ha pubblicato, tra l'altro, inserti monografici dedicati a Duke Ellington, John Coltrane, Abdullah Ibrahim, al Jazz Sudafricano e al Jazz in Russia). E' socio fondatore della Sisma e dal 1992 al '97 è stato direttore responsabile de "Il Sismografo", bollettino trimestrale della società; per alcuni anni ha diretto anche il "Bollettino dell'Associazione Musicisti di Jazz Amj". Si occupa di jazz sotto il profilo giornalistico, saggistico, didattico, radiofonico e i suoi articoli e studi (più di mille) sono stati pubblicati su svariate testate, da "Avidi Lumi" a "Musica Realtà". Autore, insieme ad altri, di vari libri (tra cui "Italian Instabile Orchestra. Jazz come ricerca collettiva negli anni '90", Auditorium 1997), nel 1996 ha pubblicato per l'editore De Rubeis un volume di studi (pp.311) dedicato all'analisi dei rapporti tra musica/culture afroamericane e continente nero: "Jazz e Africa. Griot, musicisti e fabulatori".) questo
ritratto di Luigi Onori è contenuto nel sito http://www.ijm.it
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