A più riprese, le rivalità esistenti tra questi popoli diversi per
origine e livello culturale si risolsero in conflitti armati, soprattutto tra
Greci ed Etruschi che, in concorrenza con i Fenici, miravano all'egemonia del
Mediterraneo occidentale. Nel tentativo di creare un'unità politica che andasse
dal Sele al Po gli Etruschi, sentendosi minacciati dall'espansione dei Focesi
di Marsiglia, si allearono con Cartagine e insieme ne distrussero la flotta
nelle acque di Aleria (Alalia) [540 circa a.C.]. Impadronitisi della Corsica,
progredirono oltre il Lazio alla conquista della Campania; ma la duplice
disfatta di Cuma (524 a.C.) e di Ariccia (505-504 a.C.) e la cacciata dei
Tarquini da Roma li costrinsero a retrocedere. La loro potenza si ridusse
sempre più quando, a metà del V sec. a.C., i Sanniti discesero dalle montagne dell'Abruzzo
e Molise per occupare le fertili pianure sottostanti e nell'Italia
settentrionale i Galli, inserendosi tra Liguri e Veneti, irruppero nella
pianura padana, donde in seguito si riversarono nella penisola. Roma iniziò
allora il suo capolavoro politico-militare: la conquista e l'unificazione
dell'Italia ( IV-II sec. a.C.). Vi riuscì attraverso numerose guerre (con i
Latini, gli Etruschi, i Galli, i Sanniti, i Greci Italioti) e un'arte di
governo moderata e costruttiva. Alla perizia delle armi, alla rete delle strade
e alla deduzione di colonie congiunse un'originale abilità organizzativa che
raccolse i vinti in una confederazione, in cui l'accorta concessione di diversi
statuti giuridici, l'uguaglianza economica e l'assimilazione degli istituti
amministrativi crearono, nella comunanza degli interessi, una solidarietà
politica. Il nome Italia si estese a buona parte della penisola, mentre il
latino diveniva la lingua comune. La consistenza della confederazione ebbe la
prova del fuoco durante la seconda guerra punica, resistendo, tranne poche
defezioni, alle vittorie di Annibale e alle sue lusinghe disgregatrici; corse,
invece, un grave pericolo quando i federati italici, mantenuti in condizione di
inferiorità, nonostante le loro benemerenze, dal misoneismo dei nobili e
dall'egoismo della plebe, si ribellarono per il conseguimento del diritto di
cittadinanza. L'ottennero dopo una dura lotta (guerra sociale 91-88 a.C.) e con
una concessione graduale (Lex Iulia, Lex Plautia Papiria, Lex Pompeia
Strabonis), che con Cesare comprese i Galli della Transpadana. Poco dopo la
battaglia di Filippi (42 a.C.) tutta la Gallia Cisalpina venne incorporata
nell'Italia, che estese in tal modo i confini settentrionali sino alle Alpi,
dal Varo all'Arsa. Divisa in undici regioni, esclusa la città di Roma, ebbe
particolari cure da parte di Augusto, preoccupato di cancellare le tracce delle
lunghe e rovinose guerre civili. Al ristabilimento dell'autorità dello Stato e
della sicurezza dei cittadini, seguirono il rinnovamento della rete stradale e
l'istituzione di un regolare servizio di posta, nonché un'attività edilizia che
ingrandì e abbellì, oltre alla metropoli, anche altre città della penisola. Una
considerevole prosperità economica si accompagnò a una fioritura letteraria e
culturale che fece di Roma e dell'Italia il centro di irradiazione della
civiltà del mondo occidentale. Ma lo sviluppo dell'Impero con le sue necessità
di organizzazione diminuì a poco a poco il primato dell'Italia. Economicamente
si accelerò il processo di disintegrazione della piccola proprietà terriera,
già in precedenza oberata di debiti per le lunghe guerre e incapace di
sostenere la concorrenza con i prodotti delle province; si sostituirono a essa,
soprattutto al centro e nel meridione della penisola, i latifondi tenuti per lo
più a pascoli, a solo profitto dei grandi proprietari. D'altra parte
l'estensione dell'Impero provocò lo spostamento delle linee commerciali lungo
il limes, così che l'Italia cessò di essere il centro dei traffici e i
suoi abitanti in numero sempre maggiore emigravano in regioni di più ampie risorse
economiche. Anche la sua struttura amministrativa si modificò conformandosi a
quella delle province e con la perdita progressiva dell'autonomia. Se
l'esenzione dagli obblighi militari (Vespasiano) la privò della funzione più
importante dello Stato romano, l'istituzione dei curatores civitatis (Domiziano
o Traiano), dei consulares con la ripartizione in quattro distretti
disposta da Adriano e ripresa da Marco Aurelio, e dei correctores nel III sec. d.C., la abbassò al livello di
qualsiasi altro territorio dell'Impero. Siffatto criterio fu seguito da
Diocleziano che ne fece una della dodici diocesi, suddivisa in due vicariati,
uno a nord con sede a Milano e soggetto all'imposta in natura (Italia
annonaria), l'altro comprendente la penisola a sud dell'Appennino con sede
a Roma (Italia suburbicaria). Con Costantino, che creò una nuova
capitale nell'antica Bisanzio e quivi trasportò la residenza imperiale,
l'importanza dell'Italia diminuì maggiormente e con l'unione, nel corso del IV sec., all'Africa in una medesima
prefettura perdette anche la propria fisionomia amministrativa. Con
l'affermarsi del cristianesimo le restava tuttavia un'altra funzione di
preminenza: a Milano, ormai capitale contro le minacce dei Barbari,
sant'Ambrogio imponeva la sua volontà all'imperatore Teodosio e a Roma il
papato poneva le basi della sua universale autorità.