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Informatore Fitopatologico, Edagricole, Bologna, XXXIX, Nr.7 - 8, luglio - agosto, pp. 27-33.
Note sulla Phylloxera quercus B.d.F., (Rhynchota Phylloxeridae), afide dannoso a varie specie di querce.
Riccardo Antonelli (*) (**)
La Phylloxera quercus B.d.F. è un afide molto diffuso
su varie specie di querce presenti nei viali, parchi e giardini delle nostre
città. Nonostante ciò questo fitofago non è molto
conosciuto. Gli Autori che lo hanno studiato infatti, non sono concordi
nè sulla effettiva identità della o delle specie in questione,
nè sui dettagli della sua complessa biologia. Anche molti tecnici
che operano nel settore del verde ornamentale hanno difficoltà nel
riconoscere l'insetto ed i danni che provoca alla vegetazione.
Introduzione
La Phylloxera quercus B.d.F. (Homoptera, Phylloxeridae) è
una specie olociclica dioica e paramonoica infeudata alle querce.
L'insetto, presente nelle regioni del Mediterraneo (Martelli
e Arru, 1957-1958) e in Iraq (Mohammad e Abdulla,
1985) ha come ospite primario piante a foglie persistenti quali Quercus
ilex L. (volg. leccio), Q. suber L. (volg. sughera) e Q.
coccifera L. (volg. quercia spinosa) e come ospite secondario facoltativo
varie specie di querce a foglie caduche: Q. robur L. (volg. farnia),
Q. petraea Liebl. (volg. rovere), Q. pubescens W. (volg.
roverella) (Del Guercio, 1900;
Grassi
et Al., 1912; Leonardi, 1922; Cecconi,
1924; Silvestri, 1939; Martelli
e Arru, 1957-1958).
Per questi Autori P. florentina Targ., P. coccinea, Targ.,
P. signoreti Targ., P. lichtensteini Balb. e P. balbiani
Lich. sono tutti sinonimi di P. quercus B.d.F.. Altri Autori (Targioni-Tozzetti,
1875; Grassé, 1951;
Goidanich,
1960, Tremblay, 1981) considerano invece come
due specie diverse la P. quercus B.d.F. e la P. florentina
Targ.: la prima svolgerebbe il proprio ciclo dioico fra Q. coccifera
e Q. robur, la seconda invece fra Q. ilex e Q. robur.
Secondo questi ultimi perciò, l'insetto descritto in questa nota
dovrebbe essere la P. florentina, dal momento che gli esemplari
sono stati raccolti su Q. ilex e Q. robur.
Cenni di biologia e morfologia
La schiusura delle uova durevoli si verifica da fine marzo a metà
aprile (figg. 1 e 2),
poco prima che sui lecci incomincino a svilupparsi i germogli. La neanide
neonata della fondatrice , lunga mm 0.25 circa e di colore giallo (fig.
3), trascorre i primi giorni di vita immobile, senza nutrirsi, attendendo
sulla vecchia vegetazione la schiusura delle gemme. Quando ciò avviene
l'afide si porta sulla pagina inferiore (più raramente su quella
superiore) delle nuove foglioline ed inizia a nutrirsi infiggendovi il
lungo rostro di cui è dotato.
Nei primi giorni di maggio, dopo quattro mute, il fitomizo raggiunge il
completo sviluppo. L'adulta è attera (fig.
4), partenogenetica, ha corpo globoso di colore giallo, lungo circa
0.9 mm e caratterizzato dalla presenza, su capo, torace e addome, di sei
serie longitudinali di tubercoli digitiformi ben sviluppati. La fondatrice
depone nell'arco di otto giorni circa (Grassi et Al.,
1912) alcune centinaia di uova bianco-giallastre sparse disordinatamente
su tutta la foglia (fig. 5).
Le neanidi di prima età della seconda generazione sono simili a
quelle delle fondatrici ma se ne differenziano principalmente per una minore
lunghezza del rostro (fig.
6). Dopo il primo stadio preimmaginale, mentre una parte delle neanidi
si sviluppa in modo analogo a quelle della prima generazione dando origine
ad adulte fondatrigenie attere (fig.
7), le restanti assumono una colorazione aranciata che si fa più
intensa nella terza età e più tardi nelle ninfe
(fig.
8). Da queste ultime sfarfallano le adulte fondatrigenie alate (figg.
8, 9). Sia le fondatrigenie attere che le alate incominciano ad essere
presenti dalla seconda metà di maggio (figg. 1 e 2) soprattutto,
ma non esclusivamente, sulla pagina inferiore delle foglie. Le prime,
morfologicamente
simili alla fondatrice, depongono molte uova bianco-giallastre localizzate
prevalentemente lungo le nervature. Le fondatrigenie alate invece, presentano
notevoli differenze e sono caratterizzate da tubercoli del capo e torace
più o meno sviluppati, tubercoli addominali assenti e da una diversa
colorazione (capo e protorace bruno, meso e metatorace neri, addome arancio).
Queste ultime inoltre migrano e provvedono così a colonizzare altri
lecci e differenti specie di querce a foglie caduche. Su queste nuove piante
depongono sulla pagina inferiore delle foglie numerose uova gialle su di
un solo piano e strettamente affiancate tra loro (fig.
9).
Gli adulti della terza generazione compaiono a fine giugno - prima metà
di luglio. Sui lecci, questa progenie è formata da fondatrigenie
attere ed alate e da sessupare alate, tutte derivanti da fondatrigenie
attere (figg. 1 e 2). Mentre le fondatrigenie attere si comportano come
le loro madri (rimangono cioè sulla foglia dove sono nate o al massimo
si spostano su quelle vicine, dove depongono molte uova bianco-giallastre
lungo le nervature della pagina inferiore) e le fondatrigenie alate completano
la migrazione verso gli ospiti secondari, le sessupare alate
(fig.
10), che hanno tutti gli stadi di sviluppo morfologicamente simili
alle corrispondenti età delle fondatrigenie alate, volano su altri
lecci o su altre parti della stessa pianta. Qui depongono poche uova (1-12)
isolate sui rametti e sotto le foglie: quelle che origineranno i maschi
sono di colore aranciato, mentre le uova che produrranno le femmine sono
giallastre ed un poco più grandi.
La quarta generazione (i cui adulti compaiono a fine luglio - prima metà
di agosto) e le eventuali successive, sono composte da fondatrigenie attere
e sessupare alate (entrambe figlie di fondatrigenie attere) e dai sessuali
nati dalle uova deposte dalle sessupare alate (figg. 1 e 2).
Sull'ospite primario dove l'afide svolge da un minimo di quattro ad un
massimo di otto generazioni , si possono ritrovare gli adulti fino ad autunno
inoltrato-inverno , ma ad ogni nuova progenie il rapporto percentuale tra
fondatrigenie attere e sessupare alate si modifica a vantaggio di quest'ultime
(Grassi et Al., 1912).
Sulle querce a foglie caduche invece, il fitofago compie di solito tre
generazioni (figg. 1 e 2). Agli inizi di giugno, dalle uova deposte dalle
fondatrigenie alate della seconda generazione provenienti dai lecci, si
originano virginogenie attere, i cui adulti sono simili alle fondatrigenie
attere presenti sull'ospite primario, ma da cui differiscono per avere
il corpo un poco più piatto e con tubercoli più corti. Queste
femmine, a fine giugno - prima metà di luglio, depongono le proprie
uova bianco-giallastre disponendole in cerchio, archi di cerchio o anche
irregolarmente, ma sempre attorno al proprio corpo e su di un piano, (fig.
11). Da queste uova nascono sia virginogenie attere sia sessupare alate;
mentre queste ultime, che si distinguono dalle sessupare nate sui lecci
per i tubercoli del capo e del torace che sono assenti o appena accennati,
fanno ritorno sui lecci (a fine luglio - primi di agosto), le virginogenie
attere, derivate anche dalle uova deposte dalle fondatrigenie alate di
terza generazione provenienti dall'ospite primario (fig. 2), danno inizio
ad una successiva generazione, formata esclusivamente da sessupare alate
che migrano anch'esse sui lecci (a fine agosto - prima metà di settembre)
. Qui, insieme alle sessupare alate nate sull'ospite primario, depongono
le loro uova (in numero di 1-6) da cui schiudono i sessuali. Gli adulti
di questi ultimi sono atteri, privi di apparato boccale, di colore giallo
chiaro le femmine, aranciato i maschi. Subito dopo l'accoppiamento, si
ha la deposizione delle uova durevoli a cui è affidato lo svernamento
della specie. Queste di colore arancio scuro, sono collocate isolate nelle
anfrattuosità della corteccia in prossimità delle gemme (fig.
12).
Danni e lotta
Sui lecci, nel caso di attacchi massicci (fig.
13) (più frequenti in piante allevate a siepe o con forme obbligate,
a causa delle ripetute potature che provocano ogni volta il ricaccio di
abbondanti nuovi germogli) i danni, provocati da tutti gli stadi postembrionali
della fillossera, possono essere tali da compromettere il normale accrescimento
delle piante. La fondatrice infatti, infigge il suo apparato boccale di
preferenza nelle nervature delle foglie dove, in seguito alla puntura,
si forma una piccola zona necrotica che impedisce il regolare accrescimento
e provoca, col procedere dello sviluppo, un progressivo accartocciamento
della lamina fogliare. Nel caso sia stata interessata la nervatura principale,
il ripiegamento avviene verso il basso (fig.
14), mentre qualora venga colpita una secondaria, la foglia si curva
verso destra o verso sinistra (figg.
15 e 16). La deformazione risulta essere
più o meno accentuata a seconda che, al momento dell'introduzione
degli stiletti boccali, l'accrescimento sia appena iniziato o quasi concluso.
In definitiva il normale sviluppo dei giovani rametti viene compromesso
e di conseguenza l'accrescimento è ridotto (fig.
17). Quando invece, la puntura avviene più o meno discosta dalle
nervature si formano solo delle macchie decolorate.
Nel caso di forti infestazioni e soltanto in particolari ambienti come
i vivai dove i danni assumono una importanza economica, è opportuno
eseguire interventi chimici. Per il buon esito della lotta è di
fondamentale importanza l'individuazione tempestiva degli attacchi,
poichè
le deformazioni fogliari sono provocate, nei primi giorni di aprile, dagli
stadi giovanili delle piccole e di conseguenza poco visibili fondatrici.
Per quanto riguarda i prodotti da utilizzare Pollini
e Marchetti (1973), consigliano l'impiego di fosforganici sistemici
o citotropici quali l'Oxidemeton-metil, il Fosfamidone, il Protoato, il
Vamidothion e il Thiometon, principi attivi con DL50 molto bassa appartenenti
alla prima o seconda classe tossicologica; Badiali
(1983), consiglia più opportunamente il Malathion ed il Piretro
ed anche Tremblay (1981) infine, suggerisce l'uso
di insetticidi di derivazione vegetale. Quest'ultimo Autore, come in precedenza
Silvestri (1939), propone anche trattamenti invernali
con oli minerali contro le uova e le neanidi svernanti. Oltre ai prodotti
indicati da Badiali e Tremblay appaiono adatti al controllo di questo insetto
anche l'Acephate, il Pyridafenthion e l'Ethionfencarb, tutti aficidi
caratterizzati
da DL50 abbastanza elevata.
I danni provocati dalle generazioni successive, prevalentemente a carico
di foglie che hanno ormai raggiunto le dimensioni definitive, sono
esclusivamente
estetici e consistono in decolorazioni più o meno estese (fig.
18) che successivamente necrotizzano, anche con il concorso di funghi
del gen. Phyllosticta Pers. (cfr. anche Covassi,
1984). Nel caso invece siano ancora presenti alcune giovani foglioline
in accrescimento, i danni sono analoghi a quelli provocati dalla prima
generazione. In questa fase è comunque inutile intervenire dal momento
che il danno è già stato fatto, ed anche perchè la
consistenza numerica delle popolazioni estive tende a diminuire sempre
più, a causa della dispersione delle forme alate, delle sfavorevoli
condizioni climatiche (siccità estiva che impedisce lo sviluppo
di nuova vegetazione) e della predazione esercitata da varie specie di
Coccinellidi, Sirfidi, Miridi e Crisopodi.
Sulle querce a foglie caduche (farnia, rovere, roverella) i danni causati
dalla fillossera sono trascurabili e ben distinguibili da quelli appena
descritti per il leccio. Infatti le fondatrigenie alate migrano sugli ospiti
secondari solo a fine maggio quando ormai le foglie hanno completato la
loro crescita e di conseguenza le lesioni sulla pagina inferiore, conseguenti
all'attività trofica degli afidi, consistono solo in piccole macchioline,
all'inizio gialle e successivamente brune. In alcuni casi risultano tanto
numerose da coprire l'intera pagina superiore con una fitta punteggiatura
(fig. 19).
Conclusioni
Benchè la Phylloxera quercus sia molto diffusa sulle
querce presenti nelle nostre città essa è poco conosciuta
e scarsamente studiata. Ne deriva che sia la sua effettiva identità
sia alcuni aspetti della complessa biologia devono ancora essere chiariti.
Anche i danni che il fitomizo arreca principalmente al Q. ilex,
seppur evidenti, vengono spesso confusi con le lesioni provocate da funghi
patogeni del gen. Phyllosticta.
Nonostante questo fitomizo possa essere considerato una delle principali
avversità del leccio, la particolarità dell'ambiente urbano
fa si che non sia consigliabile l'esecuzione di trattamenti chimici, tenendo
conto che i danni per quanto gravi, non sono in grado di compromettere
la sopravvivenza degli alberi. Solo nei vivai, dove esiste l'esigenza di
commercializzare piante esenti da parassiti ed immuni da danni anche solo
estetici, può essere giustificata in presenza di forti infestazioni,
l'esecuzione di interventi di lotta chimica. In questi casi è
indispensabile
individuare tempestivamente la comparsa, che avviene nei primi giorni di
aprile, degli stadi giovanili della prima generazione, la sola responsabile
delle deformazioni ai nuovi germogli. I trattamenti contro le generazioni
successive sono invece inutili dal momento che i danni più gravi
sono ormai già stati fatti e che la popolazione degli afidi tende
a ridursi naturalmente, a causa della dispersione degli individui alati
e dell'azione esercitata da numerose specie di predatori.
Bibliografia citata
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Tremblay E., 1981 - Entomologia applicata. Vol. II, Parte Prima. Liguori Ed., Napoli: 183-184.
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