Lingua Franca

 

Dal 1500 a.c. a oltre il 1700 d.c. nel Mediterraneo venne adoperata una lingua semplificata per mettere in contatto ambasciatori, mercanti, corsari pirati, puttane e schiavi originari di tutte le sponde dell'antico mare.

Venne chiamata lingua franca, e nella versione pił diffusa era un misto di italiano, spagnolo, turco e arabo. Tuttora, navigando nel Mediterraneo, alcuni termini nautici come vira (solleva) e 'maina (abbassa ), riferiti alla caricazione delle merci o alle manovre di cavi e catene, vengono compresi dappertutto, da Trieste a Trapani, da Cadice a Casablanca.

Espressioni come  todo mangiado (tutto rubato, perso, rovinato), o usanza de mar (tradizione immutabile del mare), riferite a dialoghi tra i corsari e le loro vittime, sono rimaste celebri nella letteratura di mare. Esiste anche  una rara versione in  lingua franca del    Padre Nostro,

" Padri di noi, ki star in syelo, noi voliri ki nomi di ti star saluti. Noi
   volir ki il paisi di ti star kon noi, i ki ti lasar ki tuto il populo fazer
   volo di ti na tera, syemi syemi ki nel syelo. Dar noi sempri pani di
   noi di cada jorno, i skuzar per noi li kulpa di noi, syemi syemi ki noi
   skuzar kwesto populo ki fazer  kulpa a noi. Non lasar noi tenir
   katibo pensyeri, ma tradir per noi di malu. Amen.
"

Questa versione della preghiera fu probabilmente adottata dagli schiavi cristiani caduti nelle mani dei corsari barbareschi che avevano i loro covi principali ad Algeri, Biserta, Tunisi e Tripoli, da dove per secoli partirono per razziare le coste del Mediterraneo cristiano, spingendosi sino all'Irlanda e Islanda, per procurarsi schiavi da incatenare ai remi delle loro galeotte e per tenere in piedi un'economia arcaica e drogata dalla pirateria.

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