E’
difficile scrollarsi di dosso lo squallore del Parlamento che in fretta
e furia vota una nuova Costituzione, preoccupato di innalzare
striscioni e sventolare simboli un tempo sacri, irridendo milioni di
italiani che per essi sacrificarono, giovanissimi, la vita. Irridendo
la nostra storia. Una Camera di deputati la cui maggioranza invoca un
Paese fatto a pezzetti, sconclusionato, diverso, lontano, disarticolato
e debole, così debole da trasformarsi da Repubblica in regno del più
forte.
Il più ricco del reame, che siede lì con i suoi nuovi occhiali, a
“controllare” e vigilare sul voto, ad additare i “traditori” al
pubblico disprezzo.
Difficile uscire da Montecitorio e riprendersi dal malessere
profondo in cui il clima di questa votazione ha fatto precipitare. Un
manipolo di alieni è intervenuto in aula a cercare una vendetta: contro
quell’arco costituzionale di cui essi non fecero parte perché
corresponsabili del vecchio regime fascista, oppure perché eredi di un
particolare, antico disprezzo del nord per il resto del Paese. Mi
riferisco ovviamente a An e alla Lega. Quanto a Forza Italia votava
soprattutto una riforma che umilia il Parlamento, istituzione che non
piace a Berlusconi, ancora troppo autonoma, nonostante tutto.
La Costituzione scritta da quei quattro “pirla” come Bossi stesso
chiamò i quattro “saggi di Lorenzago”, non può più avere la firma dei
padri fondatori: De Nicola, De Gasperi e Terracini. La firmino
Berlusconi e Calderoli.
Ci sarà il referendum, si consola l’opposizione. Ma credete davvero
che sarà una passeggiata? Noi non lo crediamo: non lo crede certo
Libertà e Giustizia che da tempo si è dedicata con i soci e i
simpatizzanti, a mobilitare i cittadini perché sappiano cosa accade.
Non lo crede nessuno di coloro che oggi nei piccoli centri e nelle
grandi città si organizzano in comitati e coordinamenti. Non lo
credono i partiti, e nemmeno i sindacati che vedono lesi l’uguaglianza
dei diritti dei lavoratori e l’essenza stessa della Repubblica fondata
sul lavoro.
Un referendum si può anche perdere: se chi lo contrasta non sarà
unito, se cercherà di vincerlo nel nome di piccole distinzioni formali,
se ognuno andrà in Tv a sostenere una tesi di parte, la propria. Qui ci
sarà un’idea soltanto da far passare: non serve una nuova Costituzione,
serve quella vecchia che ci consente di aggiornarla e rivederla in
quelle parti che davvero una stragrande maggioranza del Parlamento o
del Paese ritenesse di dover aggiornare. Serve un Parlamento forte,
rappresentativo della volontà popolare, un presidente del Consiglio
forte, in grado di governare, un presidente della Repubblica e una
Corte Costituzionale garanti delle istituzioni e del bilanciamento dei
poteri, una magistratura indipendente dal potere politico. Serve
l’unità d’Italia, e un federalismo moderno che non la distrugga.
Vogliamo essere fieri della nostra storia di uomini e donne liberi, tanto più quando siedono in quelle aule.
Per questo vincere il referendum è un dovere. Sarà bene non dimenticarlo. |