Sul Set del Programma Eroi per Caso nell'Ottobre 1998

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 RITORNO DAL PASSATO

  Ottobre '97: rintracciato Walter Omiccioli, il pilota che nel 1942 effettuò un atterraggio d'emergenza su Ribera (tratto da Momenti).
                   
 

 
  
  (1942. Walter Omiccioli, a sn. nel campo d'aviazione di Pantelleria)


   La cittadina di Ribera è stata per un giorno pista d'atterraggio per aeroplani.
  La vicenda, come ogni ricordo di una guerra ormai lontana, era lievemente offuscata dal tempo; una testimonianza era tuttavia straordinariamente lucida, come se quel fatto fosse accaduto un anno prima.
  Tutto era cominciato in occasione delle ricerche che avevo intrapreso dopo il ritrovamento sott'acqua, di un aereo da caccia italiano, un Macchi C-202, individuato presso Borgo Bonsignore e la cui elica è oggi esposta nell'atrio del Municipio di Ribera.
  Cercando testimonianze su quell'ammaraggio e sulla sorte del pilota, scoprii che i nostri cieli erano stati teatro di numerosissime e violente battaglie aeree, legate alla presenza del vicino campo d'aviazione di Sciacca.
  C'era chi mi parlava di un quadrimotore americano attaccato da tre caccia italiani ed inabissatosi al largo di Pietre Cadute, chi mi parlava di un aereo italiano colpito, il cui pilota cercando di salvarsi lanciandosi con un paracadute che non si era aperto, si sfracellava al suolo presso Borgo (mentre la gente intenta alla mietitura, fuggiva terrorizzata pensando che ciò che cadeva dal cielo invece di un uomo fosse una bomba) e ancora chi  mi raccontava di un bombardiere americano schiantatosi a Capo Bianco.
  La testimonianza che più mi aveva impressionato, era però quella del sig. Michele Tornambé. In un racconto ricco di particolari, mi riferì di un episodio a cui aveva assistito all'età di sedici anni, l'atterraggio d'emergenza di un aeroplano italiano per mancanza di carburante, presso il cimitero di Ribera.
  Il pilota contuso e ferito alla fronte, era stato tratto fuori dal velivolo e medicato; successivamente un autocarro, aveva provveduto a recuperare l'aereo danneggiato.
  Un particolare del racconto, mi aveva colpito per il fatto di essere ancora nitido nella memoria di quel testimone, dopo ben cinquant'anni: il pilota riavutosi dal trauma cranico, aveva afferrato un portafortuna che portava con sé e lo aveva stretto riconoscente, per averlo effettivamente protetto in quel grave episodio.
  L'oggettino era un ciondolo, una zampetta di lepre imbalsamata.
  Figurarsi se Michele Tornambé non avesse desiderato avere notizie di quel pilota. Ma trovare il suo nome o altri particolari come la data precisa dell'incidente, era difficilissimo.
  L`unica traccia che si poteva cercare, era l'eventuale transito dell'aviatore  ferito, al pronto soccorso dell'Ospedale di Ribera e consultai per questo i registri del 1941, `42 e `43: nulla!
  In tutte le mie ricerche, un valido aiuto mi era costantemente arrivato dallo storico di Ravenna Piero Faggioli. Il mio amico si era attivato consultando diari storici dei vari Stormi dell'Aeronautica che si erano succeduti in Sicilia durante la guerra ed ascoltando persino qualche veterano.
  Un giorno, Piero Fagioli, mi comunicò telefonicamente, di avere contattato un ex pilota di Macchi che aveva combattuto in Sicilia, ma del velivolo inabissatosi nella nostra costa, non ne sapeva nulla; curiosamente però conosceva bene il paese di Ribera, per avervi effettuato nel `42 un atterraggio d'emergenza presso il cimitero: era lui!
  Tra migliaia di piloti che avevano frequentato i numerosi campi d'aviazione della nostra Isola, Piero aveva trovato proprio colui che cercavo da anni e definire questa cosa come “coincidenza” sembra perfino riduttivo.
  Ottenuto dal mio amico l'indirizzo del pilota, gli scrissi una lettera dove esternavo sorpresa e commozione e dove riportavo la testimonianza del Sig. Tornambé, compreso il particolare del suo portafortuna.
  La curiosità di conoscere quell'uomo, era più forte della mia pazienza, per cui dopo qualche giorno gli telefonai.
  Selezionato il numero, mi rispose direttamente lui, Walter Omiccioli.
  Mi aspettavo di dover parlare con un uomo anziano, stanco per l'età e per una guerra che aveva sicuramente lasciato segni indelebili ed invece il mio interlocutore era un ragazzo di 77 anni!
  Il glorioso pilota protagonista di aspre battaglie sui cieli del Mediterraneo, era contentissimo di parlare con me, poiché lo stesso giorno aveva ricevuto la mia lettera.
  Era meravigliato del fatto che a Ribera qualcuno si ricordasse ancora di lui, ma era addirittura sbalordito che ricordassero anche il suo portafortuna.
  - Non portavo con me soltanto la zampa di lepre - mi disse - ma avevo in tasca anche due tappi di sughero, che mi avrebbero dovuto portare a galla in caso di ammaraggio; avevo pure un bouquet di papaveri secchi. Si tratterà di superstizione, ma una cosa è certa: moltissimi miei compagni non sono sopravvissuti alla guerra, io si. Se oggi parlo al telefono con lei, vuol dire che quegli oggetti hanno funzionato! -
  Omiccioli, mi raccontò i particolari dell'atterraggio a Ribera e dei momenti drammatici che lo avevano costretto a rimanere a corto di carburante ( già descritti nella presente monografia).
  Anche Omiccioli non aveva dimenticato quel drammatico episodio e nel 1970, in occasione di un competizione aerea a cui aveva partecipato, era tornato in Sicilia con il proprio aeroplano, accompagnato dalla  moglie; in quell'occasione, non aveva comunque trovato i suoi soccorritori.
  Le coincidenza legate a questo singolare episodio, non erano ancora finite.
  Lo stesso giorno della mia telefonata al pilota, ad una stazione di rifornimento mi ero fermato a chiacchierare  col giornalista riberese Totò Castelli, che era in compagnia di suo suocero, Rosario Quartararo.
  Ancora eccitato, gli riferivo della recentissima telefonata, quando suo suocero mi interruppe - Ma chi, il pilota che atterrò al cimitero ?- Si - esclamai - perché lei si ricorda di quel fatto ?- E lui - Caspita se mi ricordo, fui tra quelli che lo tirarono fuori e lo accompagnarono dal dott. Giuseppe Bonifacio! -
  Walter Omiccioli manifestò il desiderio di reincontrare Michele Tornambé e Saro Quartararo e la migliore occasione non poteva essere altro che l'imminente presentazione degli Atti del 1°Convegno di Storia.
  Il convegno, nato per fare conoscere ai giovani studenti una storia che ha visto la Sicilia protagonista delle fasi finali del conflitto (storia praticamente contemporanea, ma paradossalmente meno conosciuta), era divenuto nelle fasi di organizzazione, via via sempre più interessante, per l'adesione di personaggi molto qualificati, che intervennero con entusiasmo: il 10 novembre 1996, nel teatro Lupo di Ribera, si confrontarono serenamente ed apertamente ed in certi casi con  obiettiva autocritica, il colonnello Ovidio Ferrante, direttore del Museo Storico dell'Aeronautica di Vigna di Valle, il direttore della prestigiosa rivista Storia Militare, Erminio Bagnasco, già ufficiale della Marina Militare ed il senatore Salvatore di Benedetto, presidente dell'Associazione Partigiani d'Italia. Dunque un rappresentante dell'arma voluta e creata da Mussolini, cioè l'Aeronautica, uno della Marina 8i vertici della Marina Militare erano stati accusati nel dopoguerra, di avere avuto una condotta in certi momenti equivoca, addirittura, vicina alle posizioni dell'Inghilterra) ed un partigiano: testimonianze preziose per avere un quadro della situazione abbastanza obiettivo.

  L'incontro fra Omiccioli, Tornambè e Quartararo, avvenne a Ribera il 14 marzo 1998, dove in un clima di comprensibile commozione, gli ex giovanotti del 1942 si riabbracciarono (nella foto, Mimmo Tornambè, Mimmo Macaluso, Michele Tornambè, Walter Omiccioli, Saro Quartararo ed Armida Omiccioli).

 

 



Questa singolare ed emozionante vicenda, non poteva passare inosservata e dopo la pubblicazione della storia su un famoso settimanale, la trasmissione televisiva di Italia Uno, "Eroi per Caso" propose ai protagonisti, di ricostruire tutta la storia.
Il risultato fu la puntata considerata dai produttori della serie televisiva, la più bella puntata di tutto il ciclo, anche per la meticolosa ricostruzione dell'atterraggio d'emergenza (nella foto, una scena delle riprese a Ciampino).


 

 


 

Nel vicino comune di Calamonaci, si allestì un set cinematografico, per le sequenze del trasporto del pilota ferito nello studio del dr. Bonifacio, che all'epoca dei fatti, aveva suturato le ferite di Omiccioli, mentre gli interni vennero girati proprio nell'ambulatorio medico, che nel 1942 avevano ospitato il pilota grevemente ferito.


 


La scoperta del caccia italiano, fu anche l'occasione per ricordare i numerosi piloti che eroicamente nei cieli siciliani, affrontarono da leoni e spesso con successo, avversari temibili, ma soprattutto dotati di mezzi migliori, gli inglesi. Con l'elica del Macchi, recuperata rocambolescamente da Domenico Macaluso e da Gianni Riggi, mentre già imbragata rischiava di essere trafugata, si eresse una stele, all'interno del Municipio di Ribera, unico monumento che rende gloria e memoria ai tanti giovani piloti che perirono in questi impari confronti.


 

 
 Un monumento ai caduti dell'aria con l'elica di un Macchi  C-202


Era proprio un  bell'aereo “naso lungo”, come lo chiamavano gli inglesi.
E lo temevano, nonostante a fronteggiarlo, i piloti di sua Maestà avessero gli “Spitfire”.

 

 


Stiamo parlando dell'Aermacchi MC-202 “Folgore”, stupendo aereo da caccia italiano della seconda Guerra Mondiale (nella foto in alto, un Macchi 202 in volo). E non è neppure vero che i materiali dei nostri aeroplani fossero scadenti; la dimostrazione? Andate ad osservare l'elica del Macchi restaurata dai fratelli Polizzi: dopo una permanenza di 52 anni in fondo al mare, le tre pale di alluminio e la ruota dentata che la collegava all'albero motore,
sono come nuove, inattaccate da processi corrosivi!
L'acciaio e l'alluminio sono così perfettamente conservati, da potersi ancora leggere perfettamente i numeri di matricola, la serie e perfino i segnali di allineamento dei pezzi.
E pensare che quando con Gianni Riggi, nell'estate del `93, avevamo scoperto l'aereo sott'acqua tra Borgo e Capo Bianco, il relitto coperto da alghe sembrava uno scoglio.
L'elica tripale a passo variabile, è di costruzione Piaggio ed il suo diametro è di m.3,05. Era progettata per ospitare nel suo interno un cannoncino da 20 mm., mentre un meccanismo di sincronizzazione, permetteva alle due mitragliatrici Breda-Safat da 12,7 mm, di cui l'aereo era dotato, di sparare attraverso le pale, mentre l'elica girava.
Iniziai una meticolosa ricerca storica per cercare di ricostruire la vicenda che aveva portato l'aereo a precipitare.
Il velivolo era italiano ed era stato sicuramente coinvolto nelle operazioni belliche su Malta del 1942.
La ricerca è tuttora in corso, anche perché la presunta appartenenza dell'aereo al pilota Aldo Gon, ipotizzata all'inizio, presenta molti punti di incongruenza.
Dopo il recupero, l'elica veniva gelosamente custodita lontana da occhi indiscreti, mentre l'Aeronautica Militare entusiasta della scoperta, mi autorizzava, in qualità di Presidente del Club Seccagrande, a curare le operazioni subacquee di recupero, nel caso si trovasse uno spazio espositivo adeguato.
Ma l'elica rischiava di essere trafugata: che farne?
L'idea di un degno utilizzo del cimelio, venne durante l'estate del 1996, quando l'Amministrazione Comunale si accingeva ad organizzare una serie di manifestazioni commemorative in onore dei Caduti delle due Guerre Mondiali. L'elica poteva essere deposta all'interno dell'atrio del Municipio appena restaurato. Una targa accanto all'elica, avrebbe ricordato il sacrificio di tanti giovani piloti italiani.
Il restauro molto meticoloso è stato effettuato nell'officina dei fratelli Polizzi, che da auto carrozzieri, per l'occasione sono diventati aero carrozzieri. La qualificante supervisione di Natale Plaia, uno dei più grandi esperti di colorazioni e vernici aeronautiche, premiato con riconoscimenti internazionali in rassegne di modellismo aereo,  ha garantito la fedele riproduzione della colorazione dell'elica. L'inaugurazione del piccolo monumento ha avuto luogo il 10 novembre 1996, nel corso di una cerimonia austera emozionante, che ha visto la presenza di Autorità civili e militari, tra cui il Prefetto ed il Vescovo di Agrigento, mentre a rendere gli onori, provvedevano un picchetto dell'Aeronautica Militare ed uno della Capitaneria di Porto.

 

 
Ecco il testo inciso nel monumento:
ALLE GIOVANI AQUILE CHE NEI CIELI DI SICILIA CADDERO FEDELI AI LORO IDEALI