PERCHE' CHIAMARLA RADIO CAFFE'...
Il centro più importante dell'Illuminismo italiano fu Milano, dove una schiera di scrittori si riunì intorno al periodico, Il Caffè. La rivista "Il Caffè" comincia le sue pubblicazioni nel giugno 1764 uscendo con una cadenza di dieci giorni e durerà fino al maggio 1766: due anni ricchi di animazione culturale e di contributi originali di idee. La rivista viene così chiamata perché si finge di trascrivere le conversazioni, le discussioni e i racconti che venivano narrati in una bottega da caffè, di proprietà di una certo Demetrio, un greco saggio e di intelligenza pronta che si era trasferito a Milano. Nell'editoriale così scrive il Verri a nome di Demetrio: "In essa bottega chi vuol leggere trova sempre i fogli di novelle politiche... in essa bottega chi vuol leggere trova per suo uso il Giornale Enciclopedico e l'Estratto della Letteratura Europea e simili buone raccolte di novelle interessanti, le quali fanno che gli uomini che in prima erano romani, fiorentini, genovesi o lombardi, ora sieno tutti presso a poco europei; in essa bottega v'è di più un buon atlante, che decide le questioni che nascono nelle nuove politiche; in essa bottega per fine si radunano alcuni uomini, altri ragionevoli, altri irragionevoli, si discorre, si parla, si scherza, si sta sul serio; ed io, che per naturale inclinazione parlo poco, mi son compiaciuto di registrare tutte le scene interessanti che vi vedo accadere, e tutt'i discorsi che vi ascolto degni da registrarsi; e siccome mi trovo d'averne già messi in ordine vari, così li do alle stampe col titolo "Il Caffè", poiché appunto son nati in una bottega da caffè". I maggiori collaboratori saranno proprio Pietro Verri (con 37 articoli) e il fratello Alessandro, ma il più celebre è senz'altro Cesare Beccaria, che vi pubblicherà "Dei delitti e delle pene", un trattato che gli darà risonanza europea e verrà letto nei più famosi salotti di Parigi, di Mosca e di altre città europee. Il giornale, che ebbe come modello lo "Spectator" inglese, fu diretto proprio dai fratelli Pietro e Alessandro Verri. Particolarmente curioso è quindi il titolo di tale testata giornalistica: fu chiamata "Caffè" perché i suoi membri si riunivano a lavorare e ad impaginare in una fabbrica dismessa, ove un tempo si produceva, appunto, il caffè; ma, accanto a questo primo significato "di facciata", ce n'era un altro. Infatti, non era forse il caffè quella bevanda che teneva svegli gli uomini, impedendo loro di sprofondare nel sonno o di rimanere assorti in esso? Il riferimento era - ovviamente - a chi viveva nei dogmatismi di vario genere, rifiutandosi di aprire gli occhi sul mondo e di indagare con la ragione, accostata appunto al caffè per la sua capacità di "svegliare" gli individui. Se Alessandro Verri fu letterato e storico, Pietro Verri fu filosofo ed economista dalle spiccate qualità: il suo fu - secondo l'espressione di Luperini - un Illuminismo nobiliare ed utilitaristico.