UN' OCCASIONE PER NON TACERE
Lettera al Direttore de Il Quotidiano Pino Anzalone

di Maurizio Bolognetti
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Caro direttore, qualche giorno fa mi è stato rivolto dalle pagine del tuo ottimo giornale un invito a tacere, mi auguro non per sempre.

Francamente, non mi sarei aspettato di essere scomunicato a mezzo stampa da un mio corregionale, che con la delicatezza dell’inquisitore rivolge al sottoscritto una richiesta di abiura, che mi lascia alquanto sconcertato.

Quando parlo di sconcerto, naturalmente, non faccio riferimento a quella concertazione che per alcuni è totem e tabù al tempo stesso.

Ma veniamo a noi, pur comprendendo che il desiderio di martirio, come il desiderio di morte, possa albergare nell’animo umano, credo che questo c’entri davvero poco con il dramma del popolo Montagnard, che semplicemente vorrebbe non essere vittima, come accade da decenni, di una infame persecuzione che gli impedisce di professare la fede in Cristo in tranquillità e serenità.

Non mi si fraintenda ancora una volta, personalmente nutro un grande rispetto per coloro che si sono immolati pur di non abiurare la loro fede, ma ritengo anche che la vocazione al martirio possa, in alcuni soggetti particolarmente predisposti, assumere aspetti patologici.

Insomma, un conto è invocare il martirio, cercarlo, sognarlo, altra cosa è subirlo perché non si vuole rinunciare alle proprie idee.

Credo che Santo Stefano, tirato impropriamente in ballo dal sopra citato intervento, appartenga alla seconda categoria, mentre alcuni nostri concittadini appartengono sicuramente alla prima.

Nella lettera che ho inviato ai Vescovi, ho chiesto alle gerarchie Vaticane in Basilicata di ricordare nell’omelia natalizia il dramma del popolo Montagnard. Visto, però, che qualcuno ha voluto dare alla stessa interpretazioni autentiche che non mi appartengono mi preme chiarire alcuni aspetti.

Da una organizzazione politica come la Santa Sede mi sarei aspettato una maggiore attenzione e maggiori pressioni verso paesi come la Cina e il Vietnam, che perseguitano minoranze religiose quali i Falungong e i Montagnard.

Mi sarei aspettato di più delle generiche dichiarazioni per il rispetto dei diritti umani.

Ho sicuramente apprezzato la dichiarazione del Santo Padre, ma avrei apprezzato maggiormente un riferimento diretto ai sopra citati drammi.

Spero che la real-politik non si sia impadronita anche delle gerarchie Vaticane.

Che la storia della chiesa si basi anche sul martirio degli innocenti è cosa che può andare anche bene, ma temo che il genocidio che gli “infedeli”(per usare una espressione cara ad un nostro corregionale) stanno compiendo ai danni del popolo Montagnard è cosa che non può essere affrontata con tempi biblici.

Il mio non è, non vuole e non voleva essere un rimprovero ai successori di Pietro, ma semmai una richiesta di confronto e di dialogo che parte dal comune desiderio di vivere in un mondo dove si possa non essere perseguitati per le idee, la fede o il colore della pelle.

Nello stesso intervento vengo accusato di aver rivolto ai medici, che si dichiarano obiettori rispetto all’aborto un invito ad esercitarlo.

Per l’aborto, come per il divorzio, come per le droghe, non si tratta di essere favorevoli o contrari, ma di consentire la scelta in piena libertà, anche perché l’atteggiamento proibizionista, quando applicato, non ha fatto altro che trasformare problemi sociali,sanitari, personali, di coscienza , di libertà di scelta, in reati da codice penale aggiungendo dramma al dramma.

Il divieto di divorziare non impediva alle famiglie di sfasciarsi, il divieto di abortire, accompagnato dalla totale assenza di serie campagne sull’uso degli anticoncezionali, non eliminava l’aborto, la proibizione di alcune droghe, perchè altre notoriamente sono legali, non ha impedito l’utilizzo, l’uso e l’abuso delle stesse da parte di milioni di persone.

I medici devono essere liberi di obiettare, le donne libere di decidere se portare o meno a termine una gravidanza.

Lo Stato non dovrebbe mai entrare nella vita e nel privato dei suoi cittadini. Il principio liberale che dice “quando non c’è vittima non c’è reato” dovrebbe valere sempre e comunque.

Tornando alla questione dell’aborto, voglio ricordare che mi sono limitato a sollecitare l’assessore Straziuso e il Presidente del Comitato etico del San Carlo sul tema dell’aborto farmacologico.

Non comprendo, infatti, perché in questo benedetto Paese la donna che decide di abortire debba ricorrere all’aborto chirurgico, nonostante la possibilità di farlo attraverso mezzi farmacologici ultra sperimentati e utilizzati in altri paesi come la Francia.

Dunque, nessuna richiesta di abiura ai medici obiettori, ma una richiesta di “sperimentazione” che consenta l’utilizzo della pillola abortiva.

Per quanto riguarda poi “l’affascinante” discussione su cosa è vita e quindi sulle cellule staminali embrionali, sarei felicissimo di potermi confrontare su questo tema con Monsignor Nolè.

Intanto, constato che la concezione della vita di alcuni, sta impedendo la possibilità, in Italia, di effettuare ricerche che potrebbero dare una risposta e una cura al dramma di milioni di malati.

Sin d’ora invito i Vescovi lucani a un pubblico contraddittorio sul tema della libertà di ricerca scientifica e spero che almeno questa volta l’appello sia raccolto, per me sarebbe una grande gioia poter confrontare e discutere le mie opinioni in materia con Monsignor Nolè e le gerarchie Vaticane regionali.

Parliamone, parliamo di aborto, parliamo di eutanasia, parliamone non chiedo di meglio.

Parliamo anche di quegli atteggiamenti clericali che svuotano la religiosità di contenuti.

Parliamo di una concezione della vita e della morte che esalta la sofferenza uccidendo la gioia di vivere.

Parliamo dell’invadenza della Chiesa nelle cose dello Stato, chiediamoci se il motto di Cavour “Libera Chiesa in libero Stato” ha ancora un senso in Italia.

Chiediamoci quanto giova alla Chiesa e allo Stato il tentativo di imporre la morale di pochi o molti, non importa, a tutti.

6 gennaio 2003
 
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