La posta in gioco
di Gianfranco Blasi
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“La decisione della Cassazione era forse facilmente prevedibile. I giudici di Cassazione sono pur sempre uomini. Non si poteva chieder loro un atto che li avrebbe messi contro la retorica della magistratura”. E’ il giudizio di Francesco Cossiga, intervistato da Radio Radicale a commento della decisione della Cassazione che ha deciso di lasciare a Milano i processi Imi-Sir, Sme e Lodo Mondadori.

Cossiga - riferendosi alla Casa delle Libertà - ha detto: “non so se continuerà a coltivare questa politica della prudenza, la politica della mediazione della Presidenza della Repubblica. Si sa che la Casa delle Libertà aveva portato avanti le bandiere delle riforme della giustizia, bandiere che ha ammainato perché c’era una trattativa, la cui posta era certamente il trasferimento del processo”. “Forse – ha proseguito l’ex Presidente della Repubblica - i leader della CDL aspetteranno ancora un po’ ad attuare il loro programma sperando che Carlo Azeglio con il suo spirito di mediazione riesca a farne assolvere qualcuno...”.

“Se la magistratura militante è intelligente dovrebbe ora assolvere Berlusconi. E non si tratta di avere o no colpe. Saint-Just diceva che colpa di Capeto era di essere re. Così Berlusconi. Egli è Berlusconi”. “Se sono furbi lo assolvono, colpa o no, corruzione o no”, ha aggiunto Cossiga. “è una cosa secondaria la colpevolezza.

Se sono furbi non lo condannano, ma condannano i sodali, i coimputati, in modo tale da azzoppare il premier, che credo non seguirà il consiglio saggio che gli aveva dato Franco Mauri, forse temendo che lo avevo ispirato io...”. Franco Mauri, dalle colonne di Libero, consigliava a Berlusconi di dimettersi, di dire “se saro’ condannato mi dimetterò”. E poi di andare alle elezioni, e “chiedere al popolo di scegliere tra Berlusconi e i PM”, ha aggiunto Cossiga.

“Bisogna riconoscere che è in corso un duro scontro tra il potere politico inteso come potere che emana dalla sovranità popolare - il principio democratico - e una magistratura intesa come casta, una casta che era concepita dalla Costituzione come scelta di fini e di mezzi”. “Funzione del giudice – ha proseguito Cossiga - non è essere la bocca della legge, organo della società. Il giudice deve attuare le leggi, non interpretarle per raggiungere obiettivi più alti, come la revisione della storia, o la promozione dell’etica”. Tornando alla decisione della Cassazione Cossiga ha aggiunto che “se avessero accettato anche solo la motivazione già ambigua del rappresentate della Procura Generale, avrebbero dovuto ammettere che Milano - quella che è considerata con Palermo baluardo della giustizia etica, che attraverso la legge realizza valori metagiuridici come la virtù - meritava un colpo, e con essa il mito di Mani pulite”.

Fra tutti i commenti che ho potuto leggere in questi giorni dalle agenzie e sui giornali, questo di Cossiga mi pare il più lucido, il più incisivo, quello politicamente più corretto.
L’ex Presidente della Repubblica non rinuncia mai ad una analisi approfondita degli scenari politici; ne intuisce la genesi storica, sa risalire, attraverso di essa, alle responsabilità personali. Soprattutto, Cossiga conosce gli intrighi di palazzo della politica romana, per certi versi, con Andreotti, ne conserva da protagonista la memoria storica.
È, dal nostro punto di vista, la personalità più indicata per rappresentare la verità nello scontro istituzionale in atto fra il potere giudiziario e quello legislativo, se volete fra la politica e la magistratura e per essere ancora più precisi fra una parte della politica, considerata antagonista, e una parte militante della magistratura.

Cossiga ci spiega come oggi alcuni giudici ed alcune procure, collegate fra di loro, e con una probabile regia più o meno occulta ( non avrà ragione Andreotti), tentino di rappresentare, attraverso una visione “etica” del loro ruolo, un percorso di destabilizzazione e sostituzione di quello che viene chiamato potere democratico, la libera capacità cioè delle donne e degli uomini di uno stato di indicare, attraverso le elezioni, una legittima guida politica guida politica.

Il percorso a ostacoli che il Presidente Berlusconi ha dovuto compiere in questi dieci anni, tra procure, avvisi di garanzia, accuse infondate e attenzioni giudiziarie più o meno marcate, non ha riscontro nella storia democratica di nessun paese moderno. La cultura che ha generato questa visione del ruolo giudiziario insieme a quella cabina di regia politica, che ho definito più o meno occulta, era riuscita a modificare gli assetti di governo all’inizio degli anni novanta, smantellando i vecchi equilibri e disarcionando il pentapartito. La stessa “cabina di regia” aveva poi provocato lo sgambetto nel ‘94 al governo Berlusconi, con il famosissimo avviso di garanzia inviato da Di Pietro a Napoli e poi con il ribaltone.

Dopo sette anni di governi pseudo-tecnici e dell’Ulivo e le incoerenze di quattro governi, da Prodi a D’Alema fino ad Amato, la sonora sconfitta elettorale del 2001 non è bastata a questi teorici del potere a tutti i costi per rassegnarsi. Oggi siamo ancora al tentativo di utilizzare un processo per modificare gli equilibri politici del paese. Fa bene, benissimo Cossiga, a ricordare al Presidente Berlusconi che l’unica strada possibile per uscire da questa brutta vicenda è quella di restare fedele al proprio programma e al proprio intuito e di non accettare il confronto nel solo spazio delle mediazioni dei poteri forti e delle liturgie istituzionali.

Il Parlamento deve ricucire la distonia di potere che oggi affligge alcune frange della magistratura per restituire al potere giudiziario la propria funzione di attuatore delle leggi, e non certo quella di interprete delle stesse per obiettivi non coerenti al proprio mandato costituzionale. Ecco perché Berlusconi dopo la decisione della Cassazione ha tolto dallo scoramento i suoi quadri dirigenti e soprattutto i milioni di suoi elettori. L’obiettivo è nel capovolgere lo slogan di Borrelli: “resistere, resistere, resistere!”

Resistere ad un attacco che è tutto politico, tutto teso alla delegittimazione, tutto intriso di ideologismo di matrice e di cultura ben nota a tutta la storia del novecento.
Il desiderio di libertà e di democrazia presente nel voto del 2001 va difeso a tutti i costi ed esiste oggi in Italia una maggioranza parlamentare che può e deve farsi straordinaria paladina di questi valori.

Da questo momento in poi il livello della battaglia politica, vista la posta in gioco, dovrà per forza alzarsi ancora di più. È certo però un dato:noi non rinunceremo a quel percorso di cambiamento che dal 1994 in poi ci ha visti protagonisti della grande intuizione politica di cui Silvio Berlusconi è stato e resta leader insostituibile.

31 gennaio 2003
 
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