L’interessato ecologismo eolico di Lega Ambiente

di Carlo Ripa di Meana
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Martedì 10 febbraio Maurizio Bolognetti, segretario dei Radicali Lucani e coordinatore del Cnp-Comitato nazionale del paesaggio in Lucania, ha pubblicato a Potenza una lettera di Legambiente, tenuta segreta per un anno e trentatré giorni, con cui il presidente regionale e consigliere nazionale Gianfranco De Leo chiede all’amministratore delegato G. Vetere, del gruppo industriale eolico Fri-El, con sede nazionale a Bolzano, l’industria che ha realizzato e gestisce in Basilicata due centrali e ne prepara una terza, di “facilitare rapporti stabili e durevoli con le comunità locali..., avviando un processo comunicazionale sistematico orientato ad ottenere fiducia sociale e, nel caso, massima riduzione della percezione del rischio..., con un ampio programma di azioni mirate e con delle attività di accompagnamento e facilitazioni delle iniziative imprenditoriali sul territorio... per un importo complessivo di Euro 57000,00 (oltre Iva)”.

Il 12 febbraio Vittorio Giugni, coordinatore toscano del Cnp presenta in Conferenza stampa e a Radio Radicale due visure camerali, la prima riferita al gruppo europeo di interesse economico Eneco Geie, via Grande 73 Livorno, amministratore unico Lorenzo Partesotti, che ha come scopo sociale “la costruzione, la gestione e la commercializzazione di impianti e centrali eoliche”, e la seconda relativa alla Eolis srl, eguale indirizzo ed eguale amministratore unico, Lorenzo Partesotti, via Grande 73 Livorno, con scopo sociale “la costruzione, la gestione e la commercializzazione di impianti per la produzione, trasporto, distribuzione e utilizzazione di energia elettrica”. Nella stessa conferenza stampa vengono consegnati ai presenti due testi giornalistici di Lorenzo Partesotti della fine di novembre del 2003, con la sua qualificazione di responsabile energia di Legambiente Toscana.

La presentazione, dunque, di questi documenti di Legambiente Toscana si conclude con un interrogativo: Legambiente, industria eolica in proprio? Da più di due anni il Cnp, Comitato nazionale del paesaggio, ha rivolto a Legambiente, infervorata promotrice dell’eolico a tutti i costi in Italia, i seguenti quesiti: E’ vero o non è vero che l’Italia è un paese poco ventoso, 1950 ore su 8760 ore annue? E’ vero o non è vero che, pertanto, la resa energetica è oggi con 1590 torri installate, e domani anche con le 6000-8000 torri previste è, e rimarrà domani, un apporto energetico risibile?

E’ vero o non è vero che per la somma di incentivi, certificati verdi, contributi europei e regionali a fondo perduto, prezzo politico per il Kilowattore prodotto con l’eolico, convergenza di fondi dalla legge 488 per lo sviluppo l’eolico è, in verità, una ghiotta operazione finanziaria, una vera miniera d’oro? E’ vero o non è vero che questa confluenza di bonus sul solo eolico ha, tra l’altro, nel paese del sole, strozzato il futuro del solare-fotovoltaico? E’ vero o non è vero che le gigantesche centrali industriali eoliche, che si avvicinano ormai ai 150metri di altezza, sono rovinose per il paesaggio italiano in ogni sua espressione: addosso alle sue città d’arte, come Perugia e Lecce, lungo le sue coste, come nel Golfo di Policastro e a Otranto, e lungo i suoi crinali appenninici, tutti già investiti, e domani lungo lo skyline delle Prealpi e delle Alpi, e che dunque il nostro paesaggio è in pericolo di scempio ambientale e di perdita di identità?

E’ vero o non è vero che, quando verrà meno la catena degli incentivi e dei contributi che in questi anni in Italia ne fanno l’affare degli affari (come è accaduto nel passo Altamont, vicino a Livermore in California, dove centinaia e centinaia di aerogeneratori svettano immobili e arrugginiti fermi ormai da decenni) anche le 1590 torri già installate e le altre migliaia previste subiranno lo stesso fatale abbandono, perché per tirar giù quei giganti di acciaio e di vetroresina, per la loro rimozione, per il trasporto ai centri di rottamazione, per il ripristino delle aree sconvolte dalle strade d’accesso, dai basamenti in calcestruzzo con plinti d’acciaio e cemento profondi decine di metri, non vi saranno, nelle casse dei comuni e delle regioni le cospicue somme, né le fideiussoni, per rimuovere quegli impianti industriali giganteschi dai crinali, ripristinando i luoghi?

A questi nostri quesiti Legambiente non ha dato risposte. Ha solo ripetuto le sue giaculatorie sulle mutazioni climatiche planetarie, e reiterato le sue affermazioni rituali e manichee relative al Protocollo di Kyoto e agli impegni italiani, evitando di parlare della questione eolica in Italia, e rifugiandosi sempre nel caso della Germania, dell’Olanda, della Danimarca, degli Stati Uniti, comunque altrove. Silenziosa nell’impossibilità di confutare i nostri argomenti, Legambiente si è rifugiata in una indefessa e acritica promozione della impresa industriale eolica. Naturalmente, noi pensiamo che Legambiente sia liberissima di scegliere questo suo ruolo. Ma osserviamo che non si possono avere due ruoli in commedia.

Il Cnp denuncia oggi “la scelta d’affari” di Legambiente, che sempre più la distanzia dall’autonomia economica e dalla indipendenza di giudizio dei tantissimi ecologisti che traggono, invece, da questi principî il rigore della loro ricerca e della loro analisi sull’eolico in Italia, non essendo condizionati da interessi spuri, ma tesi invece a trovare le migliori soluzioni per la protezione dell’ambiente e del paesaggio, in un progetto di sviluppo economico possibile e non devastante. Beninteso, nulla da eccepire da parte nostra se la lunga esperienza di Legambiente e le sue specifiche competenze si raccoglieranno, come è ormai tempo, nella Camere di commercio e nella Confindustria.

Come accade con tutti i centri di servizi, le società di varia consulenza, gli uffici di pubbliche relazioni, tutte realtà operative inserite, giustamente, negli elenchi delle Camere di Commercio, e come accade per le altre piccole e medie imprese industriali eoliche che operano nel settore dell’energia, tutte inserite negli albi di Confindustria. Il Cnp, Comitato nazionale del paesaggio considera, invece, non più accettabile che Legambiente contrabbandi per verità rivelate, anzi come giudizi pro veritate sopra le parti, le proprie opzioni sull’eolico in Italia. Legambiente chiede e prende soldi dalle imprese industriali eoliche, anche se con Iva e relativa fattura.

Sull’eolico in Italia, ripetiamo, il parere di Legambiente è condizionato, e i casi documentati, provati e inoppugnabili della Basilicata e della Toscana sono lì a confermarlo con nitidi documenti. Il parere di Legambiente non è sopra le parti. Conta, quanto ad indipendenza di giudizio, esattamente quanto quello del gruppo industriale eolico Fri-El di Bolzano, che gestisce le sue prime due centrali industriali eoliche in Basilicata, e che sta costruendo lì la sua terza centrale.

17 febbraio 2004
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