Mi piacerebbe pensare che il Pirata, al secolo Marco Pantani,
sia ancora vivo. Mi piacerebbe, da amante dello sport e del ciclismo,
poterlo guardare mentre leggero e scattante in sella alla sua bicicletta
vola su una delle terribili salite del Giro o del Tour.
Pantani, trasformato da una parte di quella stessa stampa che oggi ne
piange la scomparsa, da eroe della pedalata a una sorta di mostro dedito
al doping.
Dalle stelle alle stalle, tra una tappa e laltra.
Non mi importa sapere se faceva o meno uso di cocaina, e spero anche di
non dover assistere a ricordi oscillanti tra la beatificazione e la demonizzazione;
alle solite trasmissioni, in cui cè sempre quello che dice
però, ha sbagliato.
Il Pirata lo hanno ucciso tutti coloro che prima lo hanno corteggiato
per strappargli una foto e unintervista e poi non hanno esitato
a massacrarlo additandolo al pubblico ludibrio.
Quelli che si esaltano per performance sempre più al limite e poi
si scandalizzano quando sentono parlare di doping.
Doping che diventa reato penale: davvero da ridere, se non vivessimo la
notte della ragione e della ragionevolezza.
Posso accettare che un atleta sia squalificato dalla sua federazione,
ma che venga perseguito penalmente è davvero incredibile.
Che dire
ciao Marco, spero di poterti incontrare ancora in cima al
Mortirolo.
|