Fine di un incubo:
la Romagna
non è solo la patria della piadina, del sangiovese e del ballo
liscio. “Nella nostra terra unica al mondo sono nati ed hanno
operato scienziati di valore assoluto”. Franco Gàbici
non ha dubbi: laureato in fisica e direttore del Planetario e del
Museo di Scienze Naturali di Ravenna, è autore, assieme al fisico
Fabio Toscano, dell’eccellente volume
“Scienziati di Romagna”, edito da Sironi. L’opera, nata
dall’iniziativa dell’associazione “Nuova Civiltà delle
Macchine” e della Fondazione della Cassa dei Risparmi di Forlì,
è stata presentata lunedì 29 ottobre all’Hotel della Città di
Forlì, nel corso della periodica riunione conviviale del Centro
di cultura romagnola “E Racoz”.
“Questo
libro – assicura l’assessore comunale Gabriele Zelli
nell’introduzione alla serata – riesce finalmente a fare luce
su un aspetto sinora sconosciuto: il cospicuo numero di
intellettuali romagnoli, che, a partire dal XIII secolo, si sono
distinti in campo scientifico, elaborando teorie che, in taluni
casi, hanno veramente inciso sulla dinamica del sapere, italiano e
mondiale”.
Fabio
Toscano parte dal presupposto di fondo del lavoro svolto: il
volume è un mosaico biografico della scienza romagnola, esposta
tra l’altro in mondo facilmente leggibile e divulgativo. A ciò
aggiungasi pure l’assunto, mai troppo considerato, che pure gli
scienziati, e dunque anche le “menti” romagnole”, hanno
un’anima. “La scienza non è quella materia spersonalizzata e
fredda che impariamo a scuola, ma vive delle emozioni e dei
sentimenti dei suoi protagonisti”.
Dopo
una carrellata di trenta grandi romagnoli, il libro offre un
dizionario biografico con numerosi altri scienziati minori. Nel
corso della serata, a mo di esempio, sono stati estrapolati una
decina di romagnoli descritti nell’opera, fra cui anche numerosi
forlivesi.
Due
figure in particolare hanno destato l’attenzione del “Racoz”:
Cornelia Fabbri, l’unica studiosa trattata – fu la prima donna
italiana a laurearsi in fisica - e il bistrattato Gregorio
Ricci Curbastro. “Questo lughese – racconta Toscano
– agli inizi del ‘900 elaborò un procedimento matematico
rivoluzionario, il calcolo sensoriale, che non fu però accettato
né capito”. Un certo Albert Einstein, vent’anni dopo, intuì
la celeberrima teoria della relatività, senza però riuscire a
dimostrarla. Dopo almeno un anno di stallo, qualcuno del suo
entourage gli procura il sistema di calcolo di un “carneade”
lughese caduto nel dimenticatoio: tempo tre anni, e il geniale
scienziato rivelerà al mondo la sua straordinaria scoperta,
tuttora insuperata. Il gran finale, condotto da Gàbici, ha
riportato alla ribalta un altro grande istrione della scienza
nostrana: Raffaele Bendandi. Nato e vissuto a Faenza, autodidatta,
studiò geologia, sismologia e astronomia. Nel 1920 formulò la
celeberrima teoria in grado di interpretare e prevedere i
terremoti. Nel 1924 salì alla ribalta internazionale per aver
previsto un sisma realmente avvenuto nelle Marche.
Piero
Ghetti
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