15 dicembre 2010

Racoz degli Auguri

In occasione del 150° Anniversario dell’Unità d’Italia

 -L’ITALIA culla del “Bel Canto” dal ‘600 a Puccini-

con la collaborazione di docenti del Liceo Musicale

“Angelo Masini” 

 Dopo la cena è seguito un mini concerto presentato dal Direttore del Liceo Musicale Angelo Masini, Pierluigi Di Tella, nel quale, accompagnate al piano dalla maestra Pia Zanca, tre allieve del Liceo Musicale Angelo Masini si sono esibite  in alcuni brani dal '600 a Puccini, presentati dalla maestra Catina Florio che ha ripercorso lo sviluppo della composizione e dello stile musicale del "Bel Canto" in tale periodo. 

Nella presentazione, il direttore ha sottolineato come la Lirica sia patrimonio culturale internazionale di matrice e sviluppo italiano, nello scenario musicale odierno è un fatto abbastanza singolare trovare giovani che continuano la passione per la grande tradizione lirica, ed è fondamentale che questi affianchino allo studio la possibilità di esibirsi, come appunto in questo concerto.

Non va infatti dimenticato che nel nostro ambito artistico è proprio attraverso i saggi pubblici ed i concerti che il curriculum scolastico si collega con il mondo del lavoro; è altrettanto chiaro, inoltre, che incontri come questo costituiscono momenti di interesse culturale, tali che il pubblico può a sua volta riavvicinarsi a quel "Bel Canto" dal quale la musica di oggi si sta purtroppo allontanando.

E' stata quindi la volta della maestra Catina Florio che ha presentato le allieve: Rachele Vespignani, soprano leggero, Valentina Pascali soprano lirico drammatico e  Sara Ghtami.

Il primo brano che abbiamo ascoltato è stato di Stefano Landi Poca voglia di star bene dal Sant' Alessio, dramma musicale la cui prima rappresentazione risale al 1631, nel quale si sono esibite insieme le allieve. 

La maestra Florio ha illustrato come, dopo secoli di polifonia, nella seconda metà del '500 si passa alla monofonia.

Una delle cause di tale cambiamento fu il fatto che nel linguaggio polifonico, l'intreccio delle voci non riusciva ad esaltare le parole, si cercò quindi la maniera di fare aderire, di mutuare le parole con la musica.

Ciò avvenne per l'opera di una serie di intellettuali, drammaturghi e musicisti come Girolamo Mei, Vincenzo Galilei (liutista, padre di Galileo e confidente del conte), Giulio Caccini, Emilio de' Cavalieri, Jacopo Peri e Ottavio Rinuccini, che tenevano le loro riunioni presso la casa del conte Bardi di Firenze, per questo il gruppo fu chiamato la Camerata de' Bardi.

 Lo sviluppo della tematica portò, in campo musicale, alla elaborazione dei primi drammi in musica, in uno stile recitativo in grado di cadenzare la parlata corrente ed il canto. Inizialmente questo stile fu applicato a semplici monodie o intermedi per poi essere applicato a forme compositive più articolate. Il conte Bardi e i suoi amici diedero vita cos' a quello che sarebbe divenuto in futuro il  teatro in musica.  È spesso definito "l'inventore dell'opera lirica" Jacopo Peri che scrisse lo spartito della Dafne su libretto (forse non interamente musicato) di Ottavio Rinuccini verso il 1597.

Dopo di che questi musicisti si trasferirono a Roma dove questa forma musicale, l'Opera in embrione, venne accolta con successo per l'interesse dimostrato dai Barberini che fecero costruire nel loro palazzo un teatro con una capacità di 3000 posti. Proprio in questo teatro fu presentata per la prima volta il Sant'Alessio, il cui libretto era del cardinale Giulio Rospigliosi, che divenne poi papa Clemente IX.

Vi era allora a Roma, grande fermento, nell'opera vi erano pure parti comiche, come quella precedentemente eseguita, e molti studiosi affermano che questa opera sia l'origine di quella che sarà l'Opera buffa.

Da Roma si diffondono scuole a Venezia, Firenze e a Napoli che fu a sua volta fiorentissima, la divulgazione dell'opera napoletana avvenne in tutt'Europa.

Di questo periodo abbiamo poi ascoltato Rachele Vespignani in   Addio Corindo, del pianista Marc'Antonio Cesti, nato ad Arezzo ma di scuola veneziana, da “I casti amori d’Orontea” del 1657, la sua prima opera inaugurata a Innsbruck. L'aria è un lamento. La maestra ha poi spiegato come anche l'esecuzione al piano sottolinea tale stato d'animo attraverso un procedimento al basso che si ripete molte volte, l'aria del lamento è costruita proprio su questo ostinato del basso.    

All'epoca non vi era una netta distinzione tra compositori, violinisti, violoncellisti ecc, molti compositori dell'epoca, sono stati prima di tutto grandi cantanti.

Già alla fine del Cinquecento, quando nacque la prima monodia, vi erano dei cantanti quasi dilettanti che furono celeberrimi.  Vi sono state due nobili di ferraresi, due sorelle che sono state citate dal Tasso, la prima, Isabella, nelle Rime, alla seconda, Lucrezia, di cui il Tasso si era innamorato follemente, dedicò alcune poesie amorose.

Ciò evidenzia quale importanza avesse allora non solo la musica ma anche il canto.   

E' seguita poi l' esibizione di Sara Ghtami in Per la gloria d’adorarvi da “Griselda” opera seria del 1722 di Giovanni Maria Bononcini, con due strofe che si ripetono con la stessa musica.

Come detto precedentemente, la scuola napoletana ebbe grande successo e  diffusione anche in Europa, vi era poi, all'inizio del Settecento, un altro problema, nello Stato Pontificio le donne non erano ammesse a teatro. Vi fu quindi l'epoca dei castrati, si ricorda il film su Carlo Broschi, detto il Farinelli. Come il Farinelli i castrati erano davvero degli idoli, strapagati, ottenevano tutto ciò che volevano, tutta Europa li richiedeva. La tecnica vocale, anche se un poco empirica, era agguerritissima, per arrivare ai trattati di tecnica occorrerà arrivare all'Ottocento. Il periodo era quello degli estetismi, trilli, la tessitura era acutissima proprio per adattarsi alle caratteristiche vocali dei castrati. Le loro voci non erano totalmente femminee, ma rotonde, piene, molto dolci, adatte alle agilità, ai sovracuti. I castrati divennero dei grandissimi didattici, da qui nacquero le voci del nostro melodramma, anche dal punto di vista vocale. Tutti i cantanti che avremo nell'Ottocento ed anche nel Novecento, compreso la grande Callas, venivano da questa scuola, cioè i loro maestri, a loro volta sono stati allievi di questi maestri, dei castrati. Da questo Bel canto nasce tutto il nostro Canto sino al Novecento. Ma dopo la scuola napoletana si ebbe pure un periodo di decadenza, ormai il grande pubblico voleva sentire solo  Arie con grandi vocalismi, grandi sovracuti e l'azione drammatica, per cui era nata fondamentalmente l'Opera,  era relegata ormai in secondo piano. Ai teatri si andava, si mangiava, si giocava a carte e alla musica era assegnato il ruolo di sottofondo, solo quando arrivava sul palcoscenico il grande cantante che cantava virtuosissimamente un'aria virtuosistica, il pubblico gli degnava la sua attenzione. Tutto ciò, a lungo andare, avviò alla decadenza questo tipo di opera.

Vi fu quindi quella che fu definita la Riforma di Gluck, che recuperò l'azione drammatica; Gluck, dopo le prime opere in cui si lascia tentare dal modo di scrivere in uso, nella seconda parte della sua opera, a partire dall'Orfeo ed Euridice inserisce delle vere e proprie regole, ad esempio la sinfonia di apertura doveva fare comprendere all'ascoltatore lo stato d'animo, l'ambientazione nella quale si sarebbe poi svolta l'azione. Non vi erano più tutti quei vocalismi, Gluck cercò di riformate  il tutto, il recitativo era attaccato all'aria, legando questa all'azione, rintrodusse i cori per sottolineare l'azione drammatica.       

Di Christoph Willibald Gluk abbiamo ascoltato, di questo secondo periodo, O del mio dolce ardor da “Elena e Paride”, opera del 1760, dalla voce di Valentina Pascali, un'opera che componeva un trittico con  il Paride ed Elena del 1762 e l'Alceste del 1767.

L'opera di Mozart va esaminata dividendola in due periodi, nel primo periodo si rifà a quelle che sono ancora le tradizioni italiane mentre nel secondo periodo abbiamo una grande vocalizzazione, ma non è mai fine a se stessa, vi è sempre una grande aderenza tra la vocalità ed il personaggio. Mozart riesce a fondere la tradizione italiana con quelle modalità più ruffiane. Di Mozart, del secondo periodo, abbiamo ascoltato Che soave zefiretto da “Le nozze di Figaro” interpretato da Valentina Pascali e Rachele Vespignani.  

E' seguita quindi, sempre di Mozart, l'aria L’ho perduta me meschina da “Le nozze di Figaro” cantata da Sara Gitami.  

Con papa Clemente X non è più possibile utilizzare i castrati, quindi nasce un problema per i compositori, siamo nel periodo di Rossini.

Le parti dell'uomo, dell'innamorato, normalmente affidate ai castrati con la loro voce angelica, vengono quindi affidate ad un contralto donna che farà le parti da uomo; le classificazioni delle voci ancora non esisteva.

Rossini realizza le più belle e difficili parti da contralto, ma non solo, tratta e conosce tutte le voci con la stessa difficoltà, non solo il contralto ma anche il basso, il basso rossiniano; tutte le voci dovevano saper vocalizzare, fare trilli ecc. E' quella di Rossini un'epoca, in sostanza, di grande tecnica, si cominciano a vedere i primi trattati sulla tecnica delle voci.

Di Rossini abbiamo quindi ascoltato Perché dal tuo seno da “L’inganno felice”, ha cantato Rachele Vespignani.  

Nell'Ottocento si comincia ad avere, lentamente ma progressivamente, un grande rapporto tra voce e testo, con l'uso del baritono nella parte del padre, del tenore per quella dell'innamorato, del basso. Ancora con Bellini  e Donizetti non vengono esattamente impiegate voci baritonali, vi è qualche forma di basso.

La musica belliniana è veramente la melodia per eccellenza, ed abbiamo ascoltato dalla voce di Valentina Pascali Qui la voce sua soave da “I puritani”.  

Giacomo Puccini fece parte del movimento del Verismo. Il termine Verismo si riferisce ad un movimento letterario ed artistico nel quale scrittori, pittori e musicisti trattavano di materie quotidiane e comuni in modo realistico. Il periodo del Verismo lirico ebbe inizio nel 1890 in Italia grazie ad artisti interessati ad esplorare soggetti legati alla classe proletaria; spesso trattavano di passioni ed azioni violente in situazioni contemporanee. Prima di questo periodo, le opere trattavano soprattutto d’eroi mitologici o misteri religiosi spesso enfatizzati per portare il pubblico a culmini emotivi. La Bohème, una delle prime opere veristiche, racconta la storia d’artisti bohemien, passionali ma poveri e perciò completamente opposti ai classici personaggi lirici di ricchi monarchi e d’intrepidi eroi, presentati con arie divise in parti cantate e di agilità. 

Nell'Ottocento la scienza è entrata pure nella musica e nel canto, si è studiato scientificamente, fisicamente tale espressione artistica, ma dal punto della cultura musicale ciò non è stato ad essa favorevole. Non essendo più impegnati in virtuosismi, nel tempo i cantanti non hanno più sviluppato questa parte di vocalità, o meglio, si è suddivisa in settori, spezzettata in più ruoli. Ad esempio il soprano viene suddiviso  in tipo lirico, di coloritura o drammatico, mentre prima, ad esempio vi erano solo quello più chiaro e quello più scuro. Questo perché con il Verismo si è teso a sviluppare una parte della vocalità tralasciando quello che era il corredo italiano del cantista.

Ecco perché il caso Callas è stato rivoluzionario, non solo per la sua grande personalità ed interpretazione, ma perché ha riportato a quella che era la tradizione dell'Ottocento; molti la affiancavano alla mitica Giuditta Pasta, contralto e soprano ottocentesco, perché anche lei passava dall'interpretazione della Lucia a  quella della Norma, con grande facilità.      

Di Puccini abbiamo ascoltato Quando men vo’ da “La Bohème, dalla voce di Rachele Vespignani.

Il concerto si è concluso quindi con Son pochi fiori da “L’amico Fritz di Pietro Mascagni, cantato da Valentina Pascali.  

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