1849-1861 Forlivesi
per la Repubblica
romana e
l’Unità
d’Italia affetti e passione civile ne parlano Flavia Bugani ed Enrico Bertoni |
Come sempre la serata è stata aperta da e' minestar che ha presentato gli ospiti: Flavia Bugani, Enrico Bertoni e le rappresentanti di CartaCanta Editore Chiara Partisani e Barbara Boattini. Al termine della cena ha preso la parola Gabriele Zelli nelle vesti di curatore della collana di libri edita da CartaCanta in occasione del 150° Anniversario dell'Unità d'Italia dedicata ai numerosi protagonisti forlivesi di questa eroica pagina di storia patria. Egli ha introdotto i successivi relatori introducendo l'avvenimento straordinario e sicuramente centrale della storia italiana che fu la Repubblica romana. La sua relazione a preso l'avvio dalla data del 5 febbraio 1849; alle 13,00 di quel giorno infatti a Roma, nel Palazzo della Cancelleria si riunì l'Assemblea costituente; le elezioni a suffragio universale che si erano svolte nei territori dello Stato pontificio dopo la fuga di Giovanni Mastai Ferretti , eletto papa due anni prima con il nome di Pio IX, erano state un evento nuovo e straordinario, avevano espresso un'acellerazione alla situazione politica che avrebbe generato la Repubblica romana. La fuga del papa e la conseguente vacanza del potere erano destinate ad aprire una stagione straordinaria di lotte politiche e di emancipazione civile, considerato anche il fatto, non secondario, che la città di Roma, anche se la penisola era divisa in più staterelli, rappresentava un punto cruciale per gli equilibri non solo italiani ma anche per quelli europei. Dopo le elezioni erano rientrati dall'esilio e si trovavano a Roma i più lungimiranti e popolari fautori di un'Italia unita e democratica. Quando, alle 13 di quel 5 febbraio, fu dichiarata aperta la seduta della Costituente, nessuno era in grado di prevedere con certezza i rapporti di forza tra gli schieramenti esistenti all'interno della stessa Assemblea, moderati e democratici. I moderati contavano al congelamento della situazione in vista di un ritorno "contrattato" del papa, e della possibile ripresa, sotto la guida piemontese, della guerra contro l'Austria. I democratici invece spingevano ad un pronunciamento immediato sulla decadenza del potere pontificio; c'era inoltre una parte dei deputati incerta tra le due soluzioni. La discussione che si svolse in quell'Assemblea, tra uomini non usi ai lavori parlamentari, ma forse più alle armi, fu, a detta degli storici di tutti i paesi, una delle più elevate oltre che combattuta ed appassionante della storia dei parlamenti europei. La preoccupazione per il rispetto delle forme e delle regole democratiche, nonostante l'inesperienza generale, e la situazione di eccezionale urgenza creata dalla fuga del papa e dalle minacce militari esterne fu pari all'asprezza della battaglia sui contenuti. L'Assemblea si accalorava ogni volta che veniva evocata la Repubblica ma sembrava esitante di fronte a questa decisione da prendere, decisamente rivoluzionaria. In effetti, sino ad un certo momento, nessuno dei deputati aveva presentato un ordine del giorno, una proposta per la definizione della svolta istituzionale. Fu un giovane professore bolognese, Quirico Filopanti ( nato a a Budrio nel 1812, matematico professore di meccanica e idraulica che propose, in un'opera intitolata Miranda, la suddivisione della Terra in Meridiani in corrispondenza di 24 fusi orari, distanziati ognuno di un'ora) a predisporre quello che lui stesso definì "un decreto fondamentale" e lo presentò chiedendo di abbandonare esitazioni e trepidazioni e lanciò in questo frangente una frase di Danton: << ...ci voleva ardimento ardimento, ardimento...>>, si trattava di scegliere, non di perdersi in "chiacchiere". L'intervento di Filopanti fu, a detta dei cronisti dell'epoca, un intervento di rara efficacia politica ed istituzionale. Il documento, di soli cinque articoli sosteneva, nel primo, che il papato era decaduto di fatto e di diritto dal governo dello Stato romano; al secondo che sarebbero state date al sommo pontefice, di concerto con le altre potenze cattoliche, tutte le più convenevole, sicure e stabili garanzie per il pieno e libero ed indipendente esercizio della sua podestà spirituale; al terzo che la formula di governo dello Stato romano sarebbe stata la democrazia pura ed avrebbe preso il nome glorioso di Romana Repubblica. All'articolo quattro, si definiva che gli sforzi della Romana Repubblica sarebbero stati in modo del tutto speciale diretti ad un miglioramento morale e materiale delle condizioni di tutte le classi della società. All'quinto articolo concludeva che le relazioni della Romana Repubblica con gli altri membri della grande famiglia italica sarebbero stati sovranamente determinati dall'Assemblea costituente italiana. Dopo aver stralciato l'articolo quarto, considerato scontato, gli altri quattro furono approvati all'una della notte tra l'8 ed il 9 febbraio 1849. Zelli ha concluso il suo intervento presentando la collana di libri, di cui è stato il curatore, edita da CartaCanta, nei quali ritroviamo le vicende prima e dopo la Repubblica romana e gli illustri forlivesi protagonisti di queste come Achille Cantoni ed altri garibaldini forlivesi, Antonio Fratti, Alessandro Fortis, Piero Maroncelli, Aurelio e Giorgina Saffi illustrati da Flavia Bugani Renato Cappelli, Umberto Pasqui, Mario Proli, Roberto Balzani, Alberto Malfitano, Mirtide Gavelli ed Enrico Bertoni. E' quindi intervenuta Barbara Boattini, in rappresentanza di CartaCanta Editore. La Boattini ha illustrato le finalità della casa editrice, indirizzata in particolare alla pubblicazione di narrativa italiana e straniera ma anche di saggi storici, per questo ha sposato con entusiasmo questo progetto proposto da Gabriele Zelli. E' stata quindi la volta di Flavia Bugani che, prima di parlare di Giovita Lazzarini, ha ricordato brevemente la figura di Aurelio Saffi e l'ambiente nel quale crebbe, per inquadrare il momento storico. Aurelio nacque nel dicembre del 1819 da una famiglia di tradizioni liberali, lo zio Pietro fu un carbonaro associato alla Vendita carbonara dell'Amaranto, il padre Girolamo partecipò all'insurrezione del 1831, dopo che Ciro Menotti aveva organizzato una rivolta a Modena che poi si era estesa a Bologna e da qui alle Romagne, dando vita al Governo delle Provincie unite che dichiarò decaduto il potere temporaneo del pontefice. Il padre di Saffi, Girolamo si unì quindi al generale Sercognani che con una spedizione militare cercò di conquistare Roma. La madre, Maria Romagnoli, era amica d'infanzia di Piero Maroncelli, ed uno zio materno, Giovanni Romagnoli, divenne poi il primo sindaco di Forlì dopo l'Unità d'Italia. Aurelio si laureò in Giurisprudenza a Ferrara, fece poi pratica a Roma, quindi tornò a Forlì dove si impegnò nell'ambito della Amministrazione locale. Nel 1846 scrisse un indirizzo rimostranza contro il malgoverno pontificio. Egli però faceva ancora parte di quel circolo di forlivesi che guardava in primo luogo a Tommaso Zauli Sajani (1802-1872), uno dei protagonisti dei moti del 1831. Quei giovani speravano ancora nel nuovo pontefice, Pio IX eletto nello stesso anno. Il papa aveva garantito delle aperture da parte dello Stato pontificio ed il movimento neoguelfo, che auspicava una Federazione degli Stati italiani sotto la guida del pontefice, pensò che ciò fosse possibile con il nuovo papa. Tutte le illusioni caddero nel 1848, quando Milano insorse contro gli austriaci e con le Cinque giornate scoppiò la prima guerra di Indipendenza, anche con il sostegno di Carlo Alberto, re di Sardegna, e Pio IX che poi però si pente per il minacciato sisma dell'Austria. Il disimpegno delle truppe pontificie ed il tradimento di Pio IX produssero tumulti nello Stato pontificio, il papa fuggì a Gaeta e Roma restò senza una guida politica. Vennero quindi indette elezioni a suffragio universale, riservato solo agli uomini però, ma una cosa comunque eccezionale, perchè il suffragio universale maschile ritornerà ad essere utilizzato in Italia solo nel 1913 con il Governo Giolitti. Nelle elezioni del 1848, nella provincia di Forlì, primo degli eletti fu proprio Aurelio Saffi, il decimo, Felice Orsini ( il manifesto con questi risultati elettorali è esposto al museo del Risorgimento di Forlì). Tutti gli eletti confluirono a Roma e nella notte tra l'8 ed il 9 di febbraio 1849 venne proclamata la Repubblica romana. Aurelio Saffi, che non aveva ancora trent'anni, venne nominato Ministro degli Interni e come primo atto nomina Ministro di Grazia e Giustizia, Giovita Lazzarini, un altro forlivese. Giovita nasce a Forlì nel 1813, il padre era avvocato, ed anche lui aveva studiato Legge e nel 1831, diciottenne, aveva partecipato, nelle file della legione Pallade, composta da studenti ed insegnanti dell'Università e dell'Accademia di Belle Arti di Bologna, ai moti insurrezionali con il padre di Aurelio. Successivamente Giovità completò gli studi e si laureò, come Aurelio andò a far pratica a Roma per poi tornare a Forlì dove fece parte del gruppo liberale che ruotava attorno a Tomaso Zauli Sajani. Giovita quindi si sposò ed ebbe tre figli, Elvira Emma e Giovanni che nascerà nel 1849 e che non conoscerà mai il padre. Nella notte in cui fu proclamata la Repubblica, Giovita è in viaggio verso Roma per cui la nomina a Ministro di Grazia e Giustizia gli viene conferita solo cinque giorni dopo, il 14. Per conoscere gli eventi di quel periodo è possibile consultare il "Diario epistolare" dove sono raccolte le lettere che Giovita scrive dal 9 febbraio in poi a sua moglie Anna. Lazzarini nel breve periodo che rivestì l'incarico, con grande rigore, si impegnò grandemente per rinnovare l'Amministrazione giudiziaria, per rinnovare i Codici civile, pubblici e privati, per organizzare le nuove magistrature, per togliere il potere ai tribunali ecclesiastici. Ma come sappiamo, la situazione precipitò, Pio IX, che si era messo sotto la protezione del Regno delle due Sicilie, chiese quindi aiuto all'Austria, alla Spagna ed alla Francia dove il Presidente era Luigi Napoleone Bonaparte, che in gioventù aveva partecipato ai moti del 1831 con il fratello Napoleone Luigi, che morì di rosolia nella Locanda del Cappello in quello che ora è corso della repubblica. Luigi Napoleone predispose un corpo di spedizione in soccorso al papa, che sbarcò il 25 aprile lasciando sgomento lo stesso Giovita, che aveva visto da sempre la Francia portatrice di valori liberali. Il popolo di Roma, molto reattivo, prepara la resistenza "...atteso che il governo dei preti non ha lasciato alcun desiderio di sè...". A onore di Giovita Lazzarrini, sottolinea la Bugani, occorre ricordare che egli parla sempre dell'onore dell'Italia e spesso scrive "....Dio vegli sopra di noi...faccia salva l'Italia" o "...Ciò che mi sta a cuore è soprattutto l'onore di questa Patria nostra che dobbiamo salvare ad ogni costo...dobbiamo difendere l'onore, i principi che la forza brutale invano tenta di distruggere...se dobbiamo cadere, dobbiamo cadere con onore e con i nostri principi da cui non dobbiamo transigere...". Il 3 giugno il generale Oudinot, che comandava il corpo di spedizione francese, di sorpresa attacca Roma e Giovita ricorda "...con il più vergognoso tradimento alle ore 4 circa antimeridiane ha attaccato con fuoco vivissimo la città in più punti...lo sdegno che la slealtà francese ha eccitato è straordinario...tanto in noi era grande l'opinione favorevole che per lunga abitudine ci lega alla Francia..." (aveva promesso tregua e di non attaccare prima di giovedì 4). Sotto i bombardamenti e le distruzioni provocate dai francesi, il 1° luglio l'Assemblea costituente, per contenere il numero dei morti ( era morto pure Goffredo Mameli), decise di interrompere ogni ormai inutile resistenza e Giovita scrisse "...l'assassinio politico che si consuma contro di noi non ha esempi nella storia...". Il 3 luglio, poco prima che i francesi entrassero in Roma, l'Assemblea costituente proclamò la Costituzione della Repubblica romana, un gesto simbolico, ideale che però ha un significato profondissimo. A questo punto la Bugani ha letto alcuni articoli di tale Costituzione per sottolinearne il grandissimo ed ancora attuale valore morale e civile. Allorchè i Francesi prendono possesso della città, e la Bugani sottolinea "con mano leggera, almeno nei primi momenti", a coloro che avevano fatto parte della Repubblica romana non rimane altro che la via dell'esilio. Aurelio Saffi, come Mazzini, si rifugia in Svizzera, quindi in Inghilterra; Garibaldi, con altri fedeli, inizia la "trafila" verso Venezia; Giovita vuole riunirsi a tutti i costi alla moglie, alla famiglia, alla quale rivolge lettere davvero struggenti. Per fare questo, non si dirige come altri esuli, a nord, ma prende la direzione di Napoli, da qui passa a Malta, quindi in Turchia, da qui in Grecia, ad Atene, dove ottiene dal rappresentante del Regno di Sardegna il visto per raggiungere Marsiglia, dove nel frattempo si erano verificati casi di colera. Da qui Lazzarini contava di raggiungere la vicina Genova e da qui, attraverso gli Appennini, la Romagna. A Marsiglia,purtroppo, anche Lazzarini probabilmente contrasse il morbo, morì infatti a Nizza per una forma violentissima del male il 31 agosto 1849. La Bugani ha concluso il ricordo del giovane e sfortunato eroe forlivese, citando il saggio dell'avv. Renato Cappelli sul valore delle proposte di legge introdotte da Giovita Lazzarini, non ancora del tutto conosciuto e valorizzato. E' stata quindi la volta di Enrico Bertoni che ha nuovamente ricordato come Aurelio Saffi sia stato uno dei principali protagonisti dell'esperienza della Repubblica romana; ma concorda con la Bugani sottolineando che egli nacque in un contesto famigliare sicuramente favorevole, in una famiglia di forte aspirazione liberale, sia la famiglia Saffi che quella dei Romagnoli avevano avuto un ruolo importante nel corso del Regno italico, quello di Eugène de Beauharnais, una generazione che non aveva conosciuto lo Stato pontificio, l'avrebbe conosciuto solo a seguito della Restaurazione, effettivamente come uno stato di polizia. A seguito della riunione carbonara della Vendita dell'Amaranto nel 1817, si verificarono i primi arresti, quelli degli organizzatori, tra i quali Piero Maroncelli. La formazione di Aurelio Saffi avviene quindi su un dupplice binario, da una parte quella all'interno degli istituti pontifici, il Collegio Campana di Osimo, dall'altra quella all'interno della Università di Ferrara.L'incontro di Saffi con i suoi precettori non fu dei migliori, ciò si deduce dello spietato ritratto che Aurelio fa del suo professore di filosofia. Come Lazzarini, Saffi, terminati gli studi, fece il praticantato a Roma ; quello che però Saffi trova a Roma è un ambiente corrotto e bigotto, egli denuncia anche le condizioni di vita, la donna è inconsapevole di se stessa, ma egli ha la possibilità di frequentare un ambiente particolare, quello della casa del console americano a Roma, George Washington Green; un personaggio importante nella formazione di Saffi perchè era nipote del generale americano Nathanael Green che aveva combattuto nel 1777 contro gli inglesi durante la Rivoluzione americana. Il console era un appassionato di storia, infatti, concluso il suo incarico a Roma, proseguirà la sua attività come visiting professor presso la Cornell University. In particolar modo, il contatto con questo console americoano diede modo a Saffi di approfondire gli ideali americani; gli Stati Uniti d'America erano una repubblica, una repubblica giovane ma propriamente strutturata, soprattutto sulla città, e questo è molto importante per lo sviluppo successivo del pensiero di Saffi, anche a seguito delle vicende che lo vedranno protagonista a Forlì negli anni successivi all'Unità. In questo periodo sono importanti due saggi: Di Firenze alcuni studi necessari a farsi intorno alla vita morale delle Comuni italiane, pubblicato nel 1843, e Dell'idea filosofica del Diritto del 1844. Nel primo, Saffi analizza in maniera assolutamente lucida quella che era la composizione della società di Firenze durante il Medioevo; diverse classi sociali, dalla nobiltà alla plebe che partecipano in maniera attiva alla vita politica della città e che, anche se per un breve periodo, sanno dare vita ad istituzioni che rispecchiano le aspirazioni del popolo, che partecipa e di identifica in esse e nelle loro deliberazioni. Quello che manca a quella Repubblica, continua Bertoni, è l'idea di Nazione, l'idea di non essere una città sola ma di fare parte di un contesto sociale storico-politico molto più ampio. Nel secondo, Saffi elenca due elementi importanti, il primo, il senso religioso, la legge morale che l'uomo sa di avere in sè, e che cresce man mano che cresce l'uomo, attraverso la sua esperienza; la consapevolezza che c'è un Dio immanente nella storia. Questo è un elemento carico di conseguenze, è la coscienza che fa la Storia, è la Legge morale che ci governa e quando Saffi, come Lazzarini, sarà accusato di debolezza durante il periodo della Repubblica romana, Saffi si difenderà affermando " Noi avevamo bisogno di vincere moralmente" . Bertoni ha sottolineato come ciò può sembrare una parola vuota, ma allora per uomini come Saffi e Lazzarini, significava ubbidire a questa Legge morale presente nella storia. Ritornando alla biografia di Saffi, Bertoni ha proseguito narrando il rientro di questi a Forlì, dopo il praticantato romano, nel 1846, ed il suo incarico di segretario della Deputazione provinciale. Dai suoi scritti di allora si evince la sua consapevolezza che vi è una generazione di giovani che si sta preparando al cambiamento, ed un mese prima che Gregorio XVI muoia, coraggiosamente scrive la Rimostranza contro la visita di alcuni rappresentanti papali. In questo scritto Saffi è spietato contro l'amministrazione pontificia, soprattutto nei confronti della amministrazione della Giustizia e dello stato di polizia nel quale le popolazioni romagnole vivevano e fa un ammonimento: "Il vostro potere è incapace di coglie re quelle che sono le esigenze della popolazione. La vostra struttura statuale ha segnato il passo perchè non rappresenta più quelle che sono le esigenze del popolo...Un potere politico che non è in grado, lui stesso, di rispettare le leggi che ha emanato, è un potere che genera la mancanza di osservanza delle leggi - Saffi parla pure della Storia che definisce - E' una progressiva protesta della ragione della Libertà contro i sistemi e istituzioni che inceppano la stessa Ragione e la Libertà". Queste convinzioni di Saffi si riscontreranno, saranno acquisite poi in alcuni articoli della stessa Costituzione della repubblica romana. E' molto importante anche ciò che Saffi affermò sul lavoro, all'interno della Rivoluzione industriale, che ancora però non aveva toccato Forlì. Egli scrisse:" Il lavoro, soprattutto il lavoro industriale, è un affrancamento dalla povertà morale e materiale, a patto che non sia il profitto l'unico fine di questo, e quindi le classi borghesi hanno il compito di guardare ai proletari, non a qualcosa da tenere lontano, ma come fratelli che devono essere aiutati al fine di poterli far crescere dal punto di vista morale e materiale". Non si è ancora nel campo della lotta di classe, ma qui Saffi usa una parola fortissima del pensiero mazziniano, l'associazione, la società è frutto della partecipazione di tutte le classi che sono presenti al suo interno e che si confrontano in una dialettica positiva tra di loro. Con la fuga di Pio IX, nel 1848, Saffi, quando seppe che le truppe piemontesi avevano attraversato il Ticino, ebbe un brutto presentimento. la parte democratica non conosceva esattamente quelle che erano le intenzioni della Corona sabauda, e Saffi questi dubbi li pone, tanto è vero che nel dicembre 1848, quando tutte le illusioni sono perdute, il papa è fuggito a Gaeta e la guerra in Piemonte volge alla sconfitta delle truppe di Carlo Alberto, convoca i comizi elettorali facendo una raccomandazione, si rivolge direttamente al corpo elettorale che sollecita a valutare e scegliere i suoi rappresentanti, mentre si rivolge pure a coloro che saranno poi eletti dicendo loro:"una volta che sarete eletti, dovrete sapere rappresentare tutto il corpo elettorale, anche quella parte che non vi ha votato, perchè in gioco questa volta non è soltanto la sorte di un governo, di un ministro, ma l'assetto futuro di quelli che sono ora gli ex Stati pontifici". Qundo si arriva all'Assemblea costituente, Saffi fa parte dello zoccolo duro della parte democratica, non era scontato l'esito a favore della Repubblica, perchè erano presenti all'interno dell'Assemblea anche molti nobili come Terenzio Mamiani che fece un intervento di grandissima oratoria "... a Roma, o governa il papa o governa Cola di Rienzo, non governano tutti e due insieme..." ma questo deputato neoguelfo guarda con favore al Piemonte, tanto che sarà Ministro dell'Istruzione negli anni successivi all'Unità, Saffi invece è di parere diverso, vede con la parte democratica, vede nella possibilità della Repubblica un a forma di governo nuova. Saffi viene nominato Ministro degli Interni innanzitutto perchè è un uomo capace, perchè ha fatto parte della Amministrazione provinciale e sa come funziona la burocrazia pontificia, ma soprattutto perchè gli viene affidato un incarico fondamentale, anche come immagine della Repubblica all'estero, doveva garantire l'ordine, doveva mostrare che la Repubblica romana non nasceva dalla violenza ma nasceva da un moto popolare che aveva dato vita a libere elezioni a suffragio universale e che gli episodi di violenza che si erano verificati dovevano essere puniti come episodi di delinquenza comune; infatti uno dei provvedimenti che Saffi emette dice :"... la Repubblica romana riconosce il dissenso, la libertà d'opinione, ma non tollera coloro che possono essere i suoi nemici, coloro che attentano ai suoi ideali, alle istituzioni". Ma come sappiamo, la Repubblica romana cade, e Saffi, negli anni successivi, difenderà sempre la scelta di Mazzini, di fare decidere l'Assemblea di come comportarsi di fronte ai Francesi, di accoglierli in città o decidere per la resistenza. Così facendo Saffi, inaugura un'ampia dialettica democratica fra diversi ruoli istituzionali. Gli anni successivi, in Svizzera ed in Inghilterra, sono per Saffi anni di approfondimento soprattutto sul ruolo che la religione ed il cristianesimo rivestono e riconosce il grande valore morale che la predicazione cristiana delle origini ha avuto soprattutto sullo sviluppo della fratellanza universale. Saffi viene eletto deputato nel primo Parlamento dell'Italia unita in un collegio della Lucania ed è molto attivo, con il suo innato senso pratico, fa un indagine molto approfondita di quella che è stata la soppressione del brigantaggio, definendola apertamente "una occupazione militare del meridione" e stila un rapporto estremamente preciso su quello che è il reddito procapite della popolazione del meridione; questa inchiesta venne insabbiata e nel 1864 Saffi si dimette dall'incarico parlamentare, scrive al Presidente della Camera:"...Carissimo Presidente, abbia il piacere di comunicare le mie dimissioni alla Camera perchè ritengo che in questo Parlamento non vi siano più le condizioni minime per garantire all'opposizione l'esercizio delle sue funzioni..." Saffi ritiene di poter fare il bene della sua Patria anche da libero cittadino ed inizia questo periodo di attività a livello locale; anche in questo caso, l'azione che Saffi conduce è quella attraverso le varie componenti la società forlivese. Attraverso Saffi nascono e si sviluppano le società di mutuo soccorso, i sindacati, e l'educazione. Saffi intende che i repubblicani, anche se in uno Stato monarchico, avessero il dovere di educare i cittadini alla Repubblica e, criticando anche Mazzini, all'indomani del fallimento dei moti di Palermo del 1870, afferma:"...noi non possiamo pensare di far nascere oggi la Repubblica facendo suonare le campane e scendendo in piazza...noi possiamo far nascere la Repubblica nelle coscienze dei cittadini ..." Questo ultimo appello ritorna anche nel suo testamento, dove si rivolge a Giorgina, ai figli ai quali scrive:"...Io non vi lascio un gran patrimonio, ma vi lascio il valore del lavoro attraverso il quale io vi auguro voi possiate vivere...- poi si rivolge agli operai facendo una donazione ad una Società operaia- ...date loro questo semplice segno del vostro amore che ad essi vi lega, li esorto a perseverare nella virtù del lavoro, dei costumi, della mutua assistenza, e di educazione, nella più piena osservanza dei loro doveri privati e pubblici, doveri ed altre professioni". Bertoni poi ha proseguito ricordando come anche nella nostra Carta costituzionale, ad ogni diritto corrisponda un dovere, attraverso il rispetto del dovere si può accedere al diritto, anche nella visione di Saffi, l'uomo vive le tre dimensioni: l'ordine morale, politico e sociale, l'ordine morale all'interno della sua persona, l'ordine politico, la partecipazione attiva alla politica, l'ordine sociale attraverso il lavoro. Ha poi concluso, riprendendo gli ideali di Saffi, ricordando che solo principi come il Vero, l'Onesto, il Giusto possono condurre il popolo d'Italia a bene adempiere i suoi ideali di Patria e di Umanità. |