Racoz

“Forlì, città rinascimentale?”

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“Melozzo da Forlì – pictor papalis”

con

Gianluca Brusi

e

Mari Pia Fabbri

Al saluto ed introduzione della serata de’minestar è seguito l'intervento del primo degli ospiti, Gianluca Brusì. 

Il relatore ha esordito ricordando come anche il centro storico di Forlì, come quelli  delle numerose città rinascimentali italiane, si è sviluppato tra il Millecento e la metà del Milleduecento. Il secolo che seguì, il Milletrecento, fu un periodo molto burrascoso che portò a significativi rimaneggiamenti del borgo, nel suo sviluppo, limiti e struttura, rimodellando pure la piazza, sino ad allora utilizzata a fini produttivi e di mercato, ora anche a scopi di rappresentanza del potere pubblico, ma anche di alcune famiglie nobili e borghesi della città. Modifica fondamentale della metà del secolo, fu quella di ridurre a solo quattro porte il numero dei numerosi varchi sulle mura; lo scopo era certo quello di migliorare il controllo delle mura e la sicurezza della città. Riducendo le porte si crea una certa gerarchia di vie, si riduce l'estensione dei fossati esterni, la città si disegna, si compatta. Non si è ancora nel periodo rinascimentale, ma comincia ad emergere una logica urbana più marcata di città medievale più libera nel suo disegnarsi, accogliendo ordini religiosi, aprendosi a maggiori esperienze. Il Rinascimento è un processo, molto complesso, è un nuovo modo di vedere l'urbanistica, il governo delle cose, la cultura, forma e sostanza, certamente, riguardo l'urbanistica, tutto si evolve attraverso il gotico ingegneristico di fine Duecento, che con l'avvio dell'architettura cistercense conclude il periodo Romanico. Questo indirizzo perdurò a Forlì, come in tutte le altre città, per tutto il Quattrocento. Possiamo così definire rinascimentali quegli edifici che hanno un' aspetto ancora gotico, ma che presentano una impostazione di ordine, di scansione, di razionalità che ci porta verso qualcosa di nuovo rispetto alla città medievale: torri gentilizie, case artigiane, a colombaia, a graticcio, in mattoni crudi, portici lignei. Nel trecento queste strutture cominciano a cedere il posto a strutture più borghesi, più moderne e si continua così anche nel Quattrocento sino poi a scomparire. Quindi ci dobbiamo immaginare la città rinascimentale come questo intreccio di strutture medievali, trecentesche, torri, chiese parrocchiali e conventuali che pian piano viene adattato o ricostruito, assorbendo le spinte, gli stimoli che vengono dall'esterno. Forlì nel tempo è governata dagli Ordelaffi, quindi dai Riario Sforza, ma non sono i Bentivoglio di Bologna o gli Este di Ferrara o un governo forte come quello fiorentino, quindi non riesce ad avere una spinta stilistica unitaria, ammesso che ci fosse altrove, perlomeno fortemente caratterizzata. Per cui Forlì è una città abbastanza ricettiva che porta in sé tante tendenze che producono il passaggio dal Gotico al Rinascimento. Moltissime sono le influenze, vi è la vicina Faenza manfrediana che pure ha una trasformazione importante nello stesso periodo di Forlì degli Ordelaffi, negli anni 60-70 del Quattrocento. La Faenza manfrediana ha fortissimi legami con Firenze e probabilmente anche un mondo culturale più attento ed una signoria più forte, per cui riesce a fare interventi urbanistici profondi in chiave rinascimentale. Negli anni '70 i Manfredi riescono a fare abbattere quasi completamente tutti i portici e ristrutturare l'impianto della città sui quattro borghi principali, sui margini di una città romana, con una piazza forum porticata, in verità completata nel Seicento, con il grande palazzo signorile, la cattedrale con l'opera del grande maestro fiorentino Giuliano da Maiano (1432-1490), ma gli inizi sono quelli del Quattrocento. Quindi concentrazione dei portici in piazza e rettificazione e creazione di strade armoniose, controllabili dal punto di vista ambientale, secondo dettami rinascimentali. Anche Forlì vede un intervento di questo genere, ma in realtà molto più timido. All'inizio del Quattrocento si cominciano a costruire alcune sedi degli ospedali dei Battuti, nel 1427-33 si insedia il nuovo convento, quello di San Girolamo dell'Osservanza, che avrà una fase gotica seguita da una rinascimentale; nello stesso periodo avviene la radicale ricostruzione della Cattedrale di Santa Croce, con Domenico Capranica governatore pontificio. Anche la cattedrale nel corso del Quattrocento avrà due fasi, entrambi molto importanti .  La prima fase, quella gotica di Capranica, un gotico particolare, legato al Duomo di Cesena, a quello delle Marche, il gotico di Loreto, chiese con tre navate di uguale altezza, imponenti, coperte da volta, che a Forlì era una novità, dove erano diffuse coperture lignee e solo le cappelle alterali erano a volta. La cattedrale tardo-gotica verrà poi ripresa da Pino III Ordelaffi che fa realizzare la grande porta marmorea, quella che oggi è al Carmine, in pietra d'Istria, da uno scultore veneziano. Una porta compiutamente rinascimentale, anche se dal punto di vista stilistico con dei ricordi gotico-veneziani.  Negli stessi anni '60 verrà poi ricostruito il campanile della cattedrale. Sotto i Riario si avrà la fase rinascimentale, matura, importantissima, perché vedrà all'opera importanti, anche se non famosissimi, maestri come Domenico detto il Capitano, che provenivano dalle botteghe di architetti militari importanti che avevano forgiato gran parte della classe di architetti che avevano lavorato nella Roma di Sisto IV. Sugli archi ogivali si impostano arcate a tutto sesto, le navate laterali vengono abbassate, rialzando quella centrale, la cattedrale gotica si trasformerà così in una chiesa che ricorda più le chiese romane come Santa Maria del Popolo. Arriviamo così al 1483, gli anni della brigata del Melozzo e soprattutto di Pace Bombace. A proposito di Melozzo, ricordiamo l'altro importante edificio, il Palazzo Comunale che è ancora nella fase di passaggio tra gotico e rinascimento. Per questo vengono chiamati due maestri, uno modenese, e Matteo de Resevudo, zio acquisito di Melozzo, che realizzano un palazzo signorile di grande imponenza, che è sia palazzo di potere che residenziale, con questo stile che va dal tardo-gotico al romanico, un gotico cortese, pensiamo alla piazza di Ascoli Piceno. Il Palazzo del Podestà viene rifatto dal Resevudo negli stessi anni, ma in stile gotico bolognese. Si hanno quindi questi accostamenti arditissimi, palazzi con pilastri ottagonali, come casa Strocchi, quella del Palmezzano che definiscono questa fase di transizione. L'edilizia civile si va così, piano, piano, modernizzando, sempre nel periodo di Pino III Ordelaffi, metà del Quattrocento, vediamo la Casa Grande degli stessi Ordelaffi, ora Palazzo Albicini,  un agglomerato di case medioevali pittoresche, ridisegnato, almeno nell'esterno, in maniera simile al palazzo comunale, con merli all'esterno ed affreschi all'interno. Fu abbattuto nel 1488. Due esempi di tale periodo restano; la Cappella di Santa Maria della Canonica in Duomo, di ignoto, e la chiesa di San Sebastiano di Pace Bombace, che realizza una chiesa in uno stile fiorentino post-brunelleschi, però con un amore matematico ed una fantasia particolare, recuperando quella che era la classicità locale, ripescando l'impianto di una chiesa malatestiana di Rimini, oggi scomparsa, dalla chiesa di Sant'Andrea di Mantova, di Leon Batista Alberti, tutto il tardo antico viene ripescato, riutilizzato, come il mausoleo di Teodorico nella cupola, nei cunei che la reggono, mescolando proporzioni fiorentine, volumi puri brunelleschiani con proporzione aurea. Pace Bombace realizza così un edificio che è il vero affermarsi del rinascimento più fine ed originale di Forlì. non va dimenticata Santa Maria della Ripa, una delle più imponenti fabbriche rinascimentali della città, iniziata da Pino III e continuata da Girolamo Riario e Caterina Sforza (1479-1497) con una fase culminante negli anni '90 del Quattrocento ed un completamento che si prolunga sino agli anni '20-30 del Cinquecento. anche in questo edificio fortissimo è l'influsso dello stilo della Roma di Sisto IV, pilastri ottagonali, proporzioni armoniche, l'uso della sezione aurea. Chiesa imponente con grandi volte, quadrate a vela, di influenza decisamente fiorentina.

Per quanto riguarda l'edilizia civile di quel tempo, Brusi ha ricordato Palazzo Morattini-Manzoni gotico e Palazzo Sangiorgi, il primo con struttura pubblica, molto lucida, con assi perfetti, decisamente rinascimentali, in una veste del tutto gotica,  piena di riferimenti al trago gotico lombardo degli Sforza a Milano. Palazzo Sangiorgi ci riporta invece alla Ravenna dei veneziani, una bella facciata, abbastanza semplice e severo. Alla fine  del periodo di cui trattiamo, il Valentino, Cesare Borgia, fa selciare i quattro borghi maestri ed inizia a fare sistemare facciate e spianare porte. La breve durata del ducato del Valentino impedisce però una trasformazione profonda della città quale quella di Faenza. Anche Ravenna, città di canali, viene trasformata in una città di terra, con il rifacimento delle mura e la costruzioni di edifici rinascimentali. Lo stesso si può dire di Rimini, con Sigismondo Pandolfo ed il Tempio Malatestiano e Cesena. Forlì, pur vivendo questi fermenti più o meno vicini, con gli Ordelaffi non riesce in una trasformazione fortemente caratterizzata, però qualcosa accade sotto i Riario Sforza. Sotto questa signoria vi è in effetti una forte trasformazione della città.

Brusi ha concluso il suo intervento con alcune immagini d'archivio che ci hanno guidato attraverso i vari periodi in cui si è sviluppata la nostra città: la mappa del Coronelli, le mura realizzate dal 1438 al 1500, il periodo cosidetto di transizione, il fossato, le porte, la rocca di Ravaldino del maestro Giorgio Marchesi, fiorentino. La cittadella di Girolamo Riario (dove sono oggi le carceri, eseguita tra il 1481-83).

E' stata quindi la volta di Maria Pia Fabbri che ci ha parlato del Melozzo. Sottolineando l'importanza del pittore forlivese nel quadro della pittura rinascimentale, la Fabbri ha illustrato le scarse notizie biografiche dell'artista, ha quindi proseguito accennando alle ancora più scarse notizie sulla sua formazione artistica, ripercorrendo le tappe ormai note attraverso le numerosi conversazioni che si sono organizzate contestualmente alla mostra in corso nei musei San Domenico. La conversazione è proseguita accompagnata dalla proiezione di numerose delle opere in mostra, di ognuna delle quale la Fabbri ha fornito un breve commento.           

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