Racoz
Pellegrino Artusi l’autore del ‘Risorgimento gastronomico’ italiano dott.
Laila Tentoni coordinatore
Centenario Artusiano |
Al
saluto ed introduzione della giornata fatta da e’minestar è seguito
quello del sindaco Paolo Zoffoli che ha aperto il suo intervento
di saluto sottolineando il valore della cultura, oggi molto, troppo
trascurata; ha continuato affermando che la cultura può essere anche
traino di incentivo, sotto il profilo economico, per la produzione di
ricchezza e risorse. Proprio in questa direzione negli anni,
l’Amministrazione comunale di Forlimpopoli ha valorizzato i pochi siti
storici, artistici e culturali del territorio per incrementarne il
richiamo turistico. Per questo è stata valorizzata la figura del grande
concittadino Pellegrino Artusi ed il suo libro “L’Arte di Mangiare
Bene”. Si è compreso che tutto ciò poteva essere un veicolo
importante di trasmissione di un certo tipo di cultura, di immagine di
Forlimpopoli. Su questo personaggio è stato così costruito un grande
progetto, culturale, attraverso il ciclo delle Feste Artusiane che
coinvolgono i massimi esperti italiani del settore; quindi
architettonico, realizzando Casa Artusi, alla progettazione della quale
hanno collaborato architetti di fama internazionale. Attraverso Casa
Artusi si è così dato vita con grande successo alla valorizzazione
della cucina casalinga, dei prodotti del territorio, del turismo
eno-gastronomico, attraverso ad un personale, singolare modo di porsi
nei confronti del cibo. Nelle Feste Artusiane, attraverso convegni,
conferenze, presentazione di libri, degustazioni, l’eno-gastronomia è
stata coniugata alla musica, all’arte, creando eventi di cultura a
tutto tondo che hanno come punto focale l’eno-gastronomia, che
riavvicina quindi la gente alla cultura. Casa Artusi, con le
numerosissime presenze di pubblico, nazionale ed internazionale, è
divenuta un grande veicolo di promozione del territorio. In un prossimo
futuro Casa Artusi avrà una sede distaccata a Mosca all’interno
dell’Accademia del Turismo, un imprenditore, dopo aver avuto rapporti
e conosciuto la missione di Casa Artusi, ha realizzato un Piano Bar in
Polonia, trasferendo anche lì un poco della sua cultura e del suo
messaggio, della sua tradizione. È
stata quindi la volta della dottoressa Laila Tentoni che ha introdotto
il suo intervento sottolineando come l’Artusi non vada inteso solo
come il “padre” della cucina moderna, ma anche come grande
divulgatore del lessico della gastronomia italiana. La relatrice è poi
passata ad illustrare la biografia di Artusi, che nacque a Forlimpopoli
il 4 agosto 1820, in piazza Garibaldi, nella casa a sinistra del
Municipio. Nel 1961, i proprietari fecero demolire l’edificio
originario, dove si trovava l’abitazione e l’emporio di Agostino, il
padre di Pellegrino, per lasciare spazio all’attuale, anonimo
edificio. Gli Artusi avevano, sino ad allora, fatto sempre i muratori,
è Agostino che interrompe questa tradizione aprendo un esercizio di
generi coloniali, un “guazzabuglio di tutto un po’”, ma che
rendeva molto bene. Un
grave episodio però, spinse Agostino ad abbandonare Forlimpopoli con
tutta la famiglia, e trasferirsi a Firenze. Il
25 gennaio 1851 il noto bandito Stefano Pelloni, detto e’
Pasador, si presentò con tutta la sua banda, tra il primo e secondo
tempo della rappresentazione epica “La morte di Sisarra” sul
palcoscenico del locale teatro. E’ Pasador, con tanto di lista dei più
ricchi cittadini (dopo il Tesoriere del Municipio, secondo era proprio
Agostino Artusi) depredò i presenti, ma Agostino non c’era. Una parte
della banda quindi si spostò
nell’abitazione degli Artusi mettendola a ferro e fuoco. Dagli atti di
polizia si evince che forse l’unica a ribellarsi coraggiosamente fu la
madre Teresa Giunchi, Pellegrino tentò una debole resistenza, mentre
Agostino fu ritrovato il giorno dopo, disorientato; ma la cosa più
drammatica toccò alla sorella di Pellegrino, Geltrude, che …fu
manomessa e contaminata… (probabilmente stuprata, per lo shock impazzì
e dovette essere ricoverata in manicomio). Agostino non espose neppure denuncia dei fatti, non
si sa quanto denaro gli fu estorto; dopo il fatto la famiglia lasciò
Forlimpopoli alla volta di Firenze, città che Artusi frequentava spesso
per ragioni di commercio. A Firenze Pellegrino si dedicò la commercio
di seta, aprendo un “banco” nel centro storico di Firenze. Tale
attività gli concesse grande agiatezza e ricchezza, cambiò residenza
un paio di volte, nel 1865 viveva in Campo della Paglia, prossimo a Via
de Cerretani. Nello stesso anno fu stabilito di trasferire la capitale
del giovane Regno d’Italia da Torino a Firenze; 50.000 persone si
dovevano trasferire nella città toscana. Il centro di Firenze viene
sventrato per fare posto ai nuovi edifici che accogliessero gli uffici e
le abitazioni degli esponenti governativi. Questo evento produce grande
turbativa in città, la grande domanda aumenta notevolmente i costi
degli edifici e gli affitti. Anche Artusi vive e svolge la sua attività
in locali in affitto, ed alla richiesta di incremento del canone di
locazione, egli fa alcune considerazioni e decide di cessare l’attività
e di andare in pensione. Egli, a 45 anni, chiude il negozio e si
trasferisce, sempre in affitto, in periferia, nel quartiere della
Mattonia, in piazza D’Azeglio 25, dove concluse i suoi giorni. Cessata
l’attività che gli aveva prodotto una discreta rendita, decise allora
di dedicarsi a ciò che gli piaceva, dedicarsi alla cultura, alla
letteratura, agli incontri; ancora non pensava alla gastronomia, anche
se, avendo viaggiato molto, aveva conosciuto molto bene la gastronomia
italiana, l’aveva provata, aveva preso appunti nei suoi diari di
viaggio. Nel
1911, all’età di 91 anni, Pellegrino si spegne mentre, a letto, sta
leggendo l’Eneide. Era ancora in buona salute e molto attivo, venne
sepolto nel cimitero monumentale de “Le Porte Sante” a San Miniato,
situato entro il bastione fortificato dell'Abbazia di San Miniato al
Monte. Ritornando
ad Artusi ed al suo famoso libro, la relatrice ha sottolineato come lui
stesso fu a pubblicarlo, a sue spese, nel 1991; ne curò quindi 14
successive edizioni, poiché il libro ebbe grande successo anche quando
Artusi era ancora in vita, sconfessando gli editori ai quali si era
rivolto invano l’autore. L’edizione
del 1902, la sesta, è un po’ particolare, Artusi continua ad
elaborare nuove ricette, a lavorare sul lessico. In questa edizione vi
è un capitolo nuovo dal titolo “La storia di un libro che rassomiglia
alla storia di Cenerentola – Il giudizio umano come egli spesso
erra“. Quando il libro comincia ad avere grandissimo successo, dopo
che nessun editore aveva creduto nel progetto, Artusi comincia, con
questo capitolo, a togliersi qualche “sassolino dalla scarpa”, fa
l’elenco di coloro che lo avevano consigliato ad abbandonare
l’impresa, ma ricorda pure coloro che lo incoraggiarono, tra costoro,
molte signore borghesi ma anche il professor Paolo Mantegazza,
antropologo, senatore del Regno, Olindo Guerrini. Anche
questa edizione ebbe un successo incredibile. La 15° edizione,
l’ultima, fu pubblicata postuma. I diritti d’autore dei suoi libri,
l’Artusi li lasciò, non avendo figli, ai suoi due cuochi, Marietta
Sabatini e Francesco
Ruffilli, che poterono vivere di rendita anche dopo lo scadere degli stessi,
nel 1961. Gli eredi continuarono ancora per qualche anno a curare
personalmente la pubblicazione dell’ “Artusi” sino a quando lo
passarono all’editore Giunti. La relatrice ha quindi ricordato una
cosa curiosissima, il libro fu “piratato” ancor quando era vivo
l’Artusi, egli si lamentò in numerose occasioni di ciò; lui, che
aveva invano cercato editori per il suo libro, dovette subire la
pirateria di editori, come Salani, che
pubblicarono arbitrariamente copie del suo lavoro. L’Artusi
è stato tradotto in moltissime lingue: inglese, francese, spagnolo,
catalano, giapponese, tedesco, olandese, portoghese; è in fase di
realizzazione una edizione in russo. La
dottoressa Tentoni è poi passata a spiegare il titolo di Artusi di autore del Risorgimento gastronomico. Due sono le ragioni, la prima,
quella che riguarda l’aspetto gastronomico, la seconda che riguarda la
lingua. Artusi, ancor prima dell’Unità d’Italia, viaggiava per la
penisola, oltre le terre dello Stato Pontificio, conoscendo le
situazioni più avanzate di altri
stati italiani. In questi viaggi egli registrava le ricette, il lessico,
cercava di conoscere e capire le diversità. Artusi comincia in maniera
molto timida, attraverso la trascrizione dei suoi ricettari; prova e
riprova le ricette nella cucina di casa, comincia ad avere rapporti
epistolari con le signore bene del nostro territorio, sino a comprendere
improvvisamente che egli sta offrendo qualcosa che alle signore
interessava moltissimo: come mettere a tavola gli ospiti, le grammature
e le dettagliata realizzazione delle ricette. Artusi comincia così un
lavoro collettivo, il suo libro può quindi considerarsi scritto a tante
mani, perché oltre alle sue conoscenze ed a quelle pratiche dei servi
di casa, Artusi inserisce ricette di decine e decine di signore che gli
scrivono regolarmente e gli danno ricette che lui inserisce nel suo
manuale; Artusi ha una vita sociale molto intensa, attraverso ad una
fittissima corrispondenza. Da ciò, attraverso il libro di Artusi, si
realizzò un mosaico che tutti coloro che avevano avuto rapporti con
l’autore avevano contribuito a crearlo, e nel quale si potevano
riconoscere, con la ricetta calabrese, piemontese, romagnola. Attraverso
le ricette, di ogni regione, il libro rappresenta veramente l’Italia
una, unita; Artusi ha così federato gli stati italiani attraverso la
scienza della cucina. In realtà non tutte le regioni sono
rappresentate, Artusi tratta ciò che conosce, ma il suo progetto resta,
quello di riunire il meglio del nostro territorio, dell’Italia,
dandogli un respiro nazionale, costruendo un’Italia che si possa
riconoscere anche nel cibo. Dal punto di vista lessicale, egli non si
occupò solo di ricette, ma anche della lingua, cercando di uniformare i
termini, superando i dialetti che in una certa maniera separavano, per
unire gli italiani nella lingua. Allo scopo Artusi usa la lingua
toscana, in una maniera molto raffinata, cercando di affrancare le
ricette dal gergo francese che da secoli aveva condizionato il
linguaggio in cucina, e realizzare un unico linguaggio, quello degli
italiani. La
relatrice ha concluso, parafrasando il logo
dell’Accademia della Crusca “Il
più bel fior ne coglie”, affermando che
si potrebbe affermare che
Artusi, sia dal punto di vista gastronomico, sia dal punto di vista
della lingua, abbia
inteso “cogliere il più bel fiore”. Ci ha quindi raggiunto Pierluigi Frassanito, che per Casa Artusi si
occupa di comunicazione, che ci ha guidati nella visita del Museo
Artusi. Egli ha esordito ricordando che Casa Artusi è un Centro di
Cultura Gastronomica dedicato particolarmente alla cucina di casa; esso
si articola in una Biblioteca dedicata alla Gastronomia, un piccolo
Museo dedicato a Pellegrino Artusi, il Ristorante, la Scuola di Cucina
ed uno spazio dove vengono organizzati Eventi culturali legati al mondo
del cibo. La sede è quella dell’antico convento del ‘500 annesso
alla Chiesa dei Servi. Abbiamo quindi visitato la Chiesa dei Servi,
ancora consacrata, ma utilizzata ora solo per eventi culturali. Costruita
verso la metà del XV secolo i Servi
di Maria si insediarono a Forlimpopoli nell'ospedale e nell'oratorio dei Battuti Neri,
locali che furono trasformati in una chiesa più ampia con annesso
convento. Fu tuttavia all'inizio del '700 che i Servi diedero alla
chiesa l'aspetto odierno: una serie di costruzioni alla cui sommità si
staglia il caratteristico torrione settecentesco, che supera in altezza
anche il campanile. Nell'interno ricco di decorazioni ed eleganti arredi
spiccano sei grandi nicchie con altari ornati da dipinti di pregio. A
sinistra, entrando dall'ingresso principale, è l'altare
dell'Annunciazione completato nel 1735;
al centro dell'ancona dipinta e dorata è l'opera più prestigiosa della
chiesa: la pala dell'Annunciazione dipinta nel 1533 da Marco
Palmezzano. Abbiamo quindi proseguito la visita dei locali di
Casa Artusi, percorrendo la Galleria, Frassanito ha sottolineato il
valore del libro di Artusi, vero primo libro di cucina italiana; Artusi
ha avuto l’occasione di viaggiare in tutta la penisola e di
raccogliere le ricette di ogni regione. Pubblicato la prima volta nel
1891, a trent’anni dall’Unità d’Italia, e von vi era ancora una
cultura gastronomica condivisa, questa è nata con l’”Artusi”. Altro importante valore del libro è nello stile; questo
è un libro scritto per essere usato in cucina, ma può pure essere
letto piacevolmente: Non ha lo schema classico dei libri di cucina, ma
è integrato da storie, aneddoti che lo rendono molto piacevole
alla lettura. Siamo
passati quindi nella Biblioteca, quella gastronomica, poiché esistono
tre biblioteche, la seconda è quella storica di Pellegrino Artusi, al
piano superiore c’è la terza quella comunale. La Biblioteca
gastronomica raccoglie più di 4.000 tra volumi e strumenti
multimediali: trattati di gastronomia, guide di ristoranti, ricettari,
in lingua italiana e non. Qui è pure conservato il manifesto mortuario
con il quale si annunciava la morte di Pellegrino, ma anche il lascito
alla cittadina di Forlimpopoli. Vi sono pure numerose edizioni del libro
di Artusi, prevalentemente della 15° edizione, l’ultima curata
dall’autore. Infine abbiamo visitato la Biblioteca di Pellegrino
Artusi, dove sono conservati i suoi libri ed alcuni pezzi di mobilio
della sua residenza fiorentina, in particolare lo studio ed il salotto.
I libri trattano di letteratura, commercio, viaggi. Siamo poi passati
alla Scuola di Cucina, qui vengono realizzati corsi dimostrativi
con chef o docenti di cucina. I corsi non sono quelli
tradizionali di ogni Istituto alberghiero, ma sono singoli corsi, di
breve durata, concentrati su temi specifici, in particolare sui classici
della cucina romagnola: la sfoglia, la piadina, pasticceria. Si
realizzano corsi dedicati pure alla realizzazione di menù utilizzando
determinate materie prime, o per buffet o pic nic. Gli insegnanti sono
chef del territorio ma anche del resto d’Italia, che vengono invitati
per tenere dei corsi dedicati magari alla cucina del loro ristorante.
Chef che comunque fanno una cucina in cui noi ci identifichiamo, che ha
una connessione con la cucina di casa. Docenti sono pure membri
dell’Associazione delle Mariette ( da Marietta Sabatini, cuoca
dell’Artusi), un gruppo di uomini e donne, circa 150, particolarmente
valenti che vivono in questo territorio e sono in grado di insegnare i
fondamenti della cucina classica romagnola, non perché sono cuochi
o docenti di cucina professionisti, ma perché la sfoglia, la
piadina, i classici della cucina romagnola li hanno fatti in casa loro
per tutta la vita; insegnano in base alla propria esperienza personale, mettendo
le mani in pasta. Partecipano ai corsi bambini, alunni delle scuole,
ma anche gruppi provenienti dall’estero.
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