16 ottobre 2013

Racoz 

con

con il dottor 

GIANCARLO CERASOLI

e

MARISA GALANTI

 "ZAMBUTEN"

al secolo

AUGUSTO ROTONDI

lo stravagante  speziale forlivese

e le  sue RICETTE

Ha preso la parola Giancarlo Cerasoli illustrando la struttura della serata che si sarebbe svolta in tre tempi: 

-il primo con la proiezione di un breve filmato, l'intervista realizzata da Marisa Galanti ad un signore di 103 anni, nella quale egli racconta la sua esperienza con il "Zambuten" di Lugo. 

nel secondo la Galanti introdurrà la figura dei "Zambuten"

-nella terza Cerasoli parlerà di Augusto Rotondi , lo "Zambuten" di Forlì.

 

Marisa Galanti ha introdotto il filmato ricordando come la famiglia di guaritori "Zambute", al secolo Rotondi, fosse originaria di Villanova di Bagnacavallo. Il capostipite si chiamava Luigi Rotondi, nacque nel 1830 e morì a Villanova nel 1915 a 85 anni. I suoi facevano i contadini. Si dice che Luigi, già da ragazzo, appariva svelto ed intelligente e lo chiamavano Luigion. Amava molto ballare e si dice che fosse molto bravo nel ballo “bergamasco”. Appena libero dai lavori dei campi Luigion spariva. A Castel Bolognese c'era una scuola di danza, aperta dai francesi, quando arrivarono in Romagna alla fine del '700 e non si sa come rimasta in esercizio dopo la restaurazione. Le assenze del ragazzo furono notate: non andava a Messa e disertava le altre funzioni religiose. Il parroco si stancò di fargli capire con le buone che era suo dovere adempiere i precetti del buon cristiano. Diedero al recidivo una buona dose di “graccarelle”; la punizione consisteva nel far distendere il non devoto sopra una panca, giù le braghe e bastonate sulle chiappe nude. Visto che anche le “gnaccarelle” non facevano cambiare indirizzo ai passatempi di Luigi lo invitarono a lasciare il paese. Il giovane Rotondi allora fece fagotto e si incamminò verso Imola. Fra Mordano e Bubano chiese ospitalità in un piccolo convento di frati francescani, che nel Medio Evo ebbe anche un momento di celebrità. Luigi Rotondi fu accolto dai frati con francescana ospitalità e lo tennero con loro. Alcuni di essi erano specialisti in erboristeria, alambiccavano nella loro piccola “officina” e confezionavano pillole lassative. A quei tempi, pure la medicina ufficiale pensava che, liberando l'intestino molti altri “disturbi” se ne andassero coi residui biologici espulsi. La funzione fisiologica dello scarico era considerata tanto importante al punto che l'andata al cesso veniva chiamata “beneficio”. “Il signore (o la signora) ha avuto il beneficio? Deo gratias!”. Osservo che la circostanza era importantissima anche per il re di Francia il quale quando defecava era assistito da una moltitudine di nobili, cortigiani ecc. ai quali premeva che finalmente il primo uomo del Regno andasse di corpo; a questo punto i presenti facevano un sospiro di sollievo. I fraticelli lavoravano l'orto per procurarsi le erbe e, se qualcuno si prendeva l'artrite, preparavano anche gli unguenti caccia-dolori. Luigi imparò presto l'arte dei frati. Quindi li ringraziò per l'ospitalità e gli insegnamenti ricevuti e, con una certa mentalità imprenditoriale, si mise “in proprio”. Sicuramente pensò: “Se è tanto importante far cagare la gente, ci penserò io”. Seguendo l'esempio dei francescani, cominciò a fabbricare e a vendere pillole e unguenti. Le pillole fatte di erbe e impastate con la farina si chiamavano “Bcon” -bocconi, anche perché le dimensioni non erano poi tanto contenute. (Non sarebbe quindi vera la notizia, tramandata e scritta da più parti che Luigi abbia imparato a trattare di erbe officinali da un certo dott. Bubani, celebre in Francia, bensì che tutta la sua arte l'aveva imparata a Bubano da questi fraticelli. Ndr.) Per quanto riguarda le origini del nome “Zambuten”, una ipotesi potrebbe essere la seguente. In Romagna era nota, anche ai tempi di Luigi, una famiglia di medici e veterinari di origine ginevrina, abitanti a Forlì, i Boutin (o Buttini) i cui nomi di battesimo erano spesso preceduti da “Jean”. Il nipote di Luigi Rotondi ricorda che suo padre gli raccontava spesso che su tale famiglia esisteva anche qualche documento. E' probabile che a Luigi, conosciuto quale guaritore ed erborista, si diede il soprannome di uno dei medici svizzeri, così come oggi chi ha l'hobby di correre in bici, o in auto, lo si chiama Coppi, o Nuvolari. “Zambuten”, foneticamente è molto simile alla pronuncia fancese di Jean Boutin. Rotondi Luigi, Luigion, ebbe sette figli, cinque maschi e due femmine. Una delle due femmine, Eleonora, morì bambina,. All'età di 10 anni. Tutti continuarono il mestiere del padre, sparsi qua e là per la Romagna. Tutti furono dei Zambuten: Luigi, che operòa Lugo, detto Gigì, il nonno dell'avvocato Roberto Rotondi, Ernestan, che operò  a Lugo Imola Faenza Bologna dove possedeva una casa e dove riceveva i pazienti, faceva le diagnosi e distribuiva pillole, unguenti e sciroppi purgativi, Augusto, Achille (Chìloti), a Ravenna dove visse fino a 91 anni. Tipo alquanto strano ed originale nella vita privata e pubblica, seminava figli a destra e manca; appassionatissimo di ballo fino a pochi anni prima di morire. Non rendendosi conto dell'età, frequentava le balere ed invitava al ballo, riuscendoci, donne molto più giovani di lui che, nonostante la differenza d'età, apprezzavano ugualmente le capacità danzanti del cavaliere. Ignazio, che operò ad Alfonsine dove morì ben presto di spagnola,  e Alfredo, a Portomaggiore, egli ebbe poca fortuna. Erano tempi in cui il fascismo aveva preso il sopravvento. Alfredo, antifascista, venne coinvolto in una rissa politica ed accusato di aver preso parte ad uno scontro a fuoco durante il quale fu ucciso uno squadrista. Fu condannato dal Tribunale speciale a 20 anni di carcere durissimo assieme a quasi tutti gli avventori dell'Osteria dove si trovava al momento del fatto. La moglie e la figlia, a seguito della condanna e in considerazioni delle ovvie ripercussioni nei rapporti sociali, lasciarono l'Italia per trasferirsi in Sudamerica. La moglie era maestra e la figlia maestra di piano. Alfredo fu scarcerato dopo 10 anni, perché in fase terminale per malattia di tubercolosi e tornò nella casa paterna a Villanova, in Via Aguta, dove fu accolto dall'amico Tuné; per via dell'accaduto infatti nessuno voleva o poteva dargli ospitalità. Morì dopo pochi mesi senza più rivedere né la moglie, né la figlia, ma con vicino l'amico Tuné.  A Ravenna operava Achille (Chilòti).

Augusto, chiamato dagli amici “Tamon”, venne a Forlì, dove comperò una casa in Via Ravegnana. Nel fabbricato vi era anche una trattoria, gestita dalla famiglia Guidi e la figlia, una bella ragazza, serviva i clienti. Si chiamava Rachele. Spesso a cercare Rachele per corteggiarla, andava un giovane con gli occhi spiritati e dai modi bruschi.Gli avventori lo chiamavano “E mat”- il matto -. I genitori della ragazza non vedevano di buon occhio questo corteggiamento. Una sera era presente tra gli avventori anche Tamon, il giovanotto di nome Benito, entrò in trattoria con la rivoltella in pugno. Era furente per l'ostilità dei genitori di Rachele E minacciò di uccidere la ragazza e se stesso se alle riluttanze della famiglia non si dava subito un taglio. Forse era meglio che quella sera “E mat” si fosse sparato un colpo in testa (nota d'autore). Durante il fascismo, Augusto, ovvero Tamon, non venne molestato, pur sapendosi in giro che non era fascista e che era il fratello di Alfredo. Ebbe però frequenti grane con la giustizia e spesso, come fra l'altro i fratelli e prima di loro il padre, fu colpito, sempre però blandamente, dalla Legge per esercizio abusivo dell'arte medica. Morì nel 1950. Sul personaggio Tamon ci sarebbero tante cose da dire. Oggi a Forlì c'è una strada dedicata ad Augusto Rotondi-Erborista. Mio padre al riguardo, ricorda l'avvocato Roberto,  una volta disse: “I romagnoli saranno un po' matti, ma non sono ingrati”. Si è molto detto sulle capacità dei Zambuten come esperti erboristi, ma ciò non è del tutto esatto. I Zambuten ovviamente, a fronte della credulità popolare, non mancarono di darsi un certo atteggiamento, soprattutto come persone in possesso di particolari capacità terapeutico-taumaturgiche. Questo era solo, come detto, un atteggiamento col quale spesso si presentavano dinanzi a chi chiedeva un aiuto, o un sollievo contro la malattia. I preparati dei Zambuten erano, per la maggior parte, preparati farmaceutici tali e quali a quelli che venivano preparati dei farmacisti d'allora. Le sostanze che usavano e mescolavano erano le medesime sostanze chimiche che venivano mescolate poi vendute nelle farmacie. Il prodotto maggiormente tipico e forse più legato alla dinastia dei Zambuten è il famoso “pcon”. Questo pillolone conteneva gialappa, rabarbaro cinese, genziana e aloe: tutti ingredienti lassativi e rinfrescanti. L'efficacia del preparato veniva, oltre che dalle proprietà degli ingredienti, dalla quantità dei medesimi, in quanto i “pcon” erano pastiglioni di notevoli dimensioni. 

Ha preso poi la parola il dottor Cerasoli, iniziando a descrivere "Zambuten", Tamon, alto, robusto, prestante, abile ballerino, come il padre e tutti i fratelli in fondo. Una voce forte, roca, un carattere brusco, ma pure gioviale ed estroverso. Burbero in particolare con le donne, specie quelle di Schiavonia; si dice che avesse avuto una promessa sposa di quel rione, che al momento del matrimonio lo abbandonò. Arguto, generoso ed amato dai poveri. Egli  "faceva ambulatorio" il lunedì ed il venerdì, la visita era una visita breve, in uno stanzino spoglio della sua casetta di via Ravegnana, nei pressi della Chiesa di Santa Maria del Fiore. Lui sentiva il polso, guardava negli occhi del paziente e poi lo faceva parlare. Infine formulava, con le sue argute battute, la diagnosi  e la prognosi, consegnando i rimedi che conservava sparsi nella stanza. Riguardo la parcella diceva "...dasim quel ch'uv pè...".  Spesso riceveva il compenso in prodotti della natura. Circa le sue cure, egli curava con i "pcon" piccoli boli composti soprattutto da sostanze di origini vegetali, che lui stesso coltivava nell'orto dietro casa, da assumere per via orale. L'odore ed il sapore di tali boli erano disgustosi, attenuati spesso da un'ostia che li avvolgeva. Avevano spesso effetto lassativo, per eliminare le tossine e ridurre l'infiammazione. Ha poi letto alcune delle spiritosissime espressioni con le quali Zambuten accompagnava i suoi rimedi. 

Ha poi passato in rassegna la famiglia dei Zambuten, a cominciare dal babbo Luigion, alle cui ricette ha contrapposto quelle di un vero farmacista del tempo, Michele Rossi Ferruzzi di Lugo. La consuetudine infatti era, in caso di necessità, ricorrere prima al guaritore, poi, se le cose non miglioravano, al farmacista, nei casi gravi si andava allora in ospedale. I guaritori però non erano solo erboristi, vi erano quelli che ricorrevano alla magia come una guaritrice di Sarsina. Il dottor Cerasoli ha mostrato tre antichi libri usati da Zambuten per dimostrare come nelle loro "pozioni" fosse stata travasata la medicina antica, da loro studiata. Esempio di ciò è il salasso praticato nell'antichità sino alla fine dell'Ottocento. Quindi gli erboristi curavano per bocca con pillole, bocconi, perle, sciroppi, infusi e decotti; oppure per via cutanea attraverso unguenti, creme, ricordiamo"l'unto di manela". Oppure si curava per via rettale attraverso clisteri medicali, o con il digiuno o diete medicali. Ha concluso quindi mettendo a confronto ricette popolari con ricette farmaceutiche.      

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