4novembre 2012

Visita alla Casa del Mutilato

ed 

al Museo storico Dante Foschi

Per celebrare la Giornata dell'Unità Nazionale e delle Forze Armate, è stato deciso di organizzare questa visita aperta a tutta la cittadinanza. Per l'occasione è stata chiesta la collaborazione degli storici forlivesi Flavia Bugani, già ospite in numerose occasioni de' Racoz, e Giovanni Tassani che recentemente ha vinto il primo premio ex-equo Acqui Storia con il suo saggio "Diplomatico tra due guerre - Vita di Giacomo Paulucci  di Calboli Barone". Così ha presentato la giornata e' minestar Marino Monti. 

Ha preso quindi la parola la dottoressa Bugani che ha illustrato lo storico edificio. 

La Casa del Mutilato deriva il suo aspetto attuale dalla radicale ristrutturazione dell'edificio sede della loggia massonica forlivese. Il regime fascista, nella sua opera liberticida, oltre ad altre numerose associazioni, sciolse pure la loggia massonica; il nuovo edificio  fu donato all' Opera nazionale mutilati di guerra (O.N.I.G). Fu incaricato dell'intervento l'architetto e ingegnere romano Cesare Bazzani, su interessamento della potente famiglia Paulucci di Calboli, trasferita a Roma ma di origini forlivesi, cui apparteneva l'eroe di guerra Fulcieri Paulucci di Calboli.

A Fulceri, caduto sul Carso, venne dedicato l'edificio, che Bazzani interpretò come un tempio di aspetto severo e aulico, in un rigoroso stile novecentista, fitto di simbologie e di riferimenti classici.

Il prospetto principale è scandito da un ordine gigante di lesene e caratterizzato dal timpano di coronamento di imponenti dimensioni, il cui profilo è sottolineato da una possente cornice in forte aggetto. L'ordine inferiore di finestre, inserito all'interno di un'ampia fascia rivestita in travertino come il basamento, presenta elaborate inferriate che terminano in basso con tre spade o gladii. Ciascuna apertura è sormontata da due medaglioni e da un elemento architettonico a forma di chiave di volta, che si prolunga verso l'alto a raccordarla con l'ordine superiore di finestre, centinate e leggermente strombate. La finestra al di sopra dell'ingresso, che occupa il centro della facciata perfettamente simmetrica, si differenzia dalle altre per le maggiori dimensioni e il rivestimento in travertino, che spezza la fascia trattata ad intonaco.

Il portale sottostante, realizzato dalla famosa bottega Matteucci di Faenza, con formelle in rame sbalzato che raffigurano oggetti simbolici, allusivi al sacrificio dei caduti in guerra, è inquadrato da una cornice strombata in travertino, scolpita ai lati con fasci littori, e da un architrave con motivi decorativi a tralci vegetali che avvolgono un elmo e una daga. Ai lati del portale sono ancora presenti le due aste portabandiera con sostegni in bronzo lavorato.

L'edificio occupa l'area di sedime del fabbricato preesistente, conservandone i muri perimetrali, mentre le partizioni interne vengono in parte modificate e riorganizzate intorno al corpo scala centrale, cui si accede attraverso un atrio riccamente rivestito in marmi policromi. Il pianterreno era adibito ad uffici ed oggi è sede della Sezione forlivese dell'Associazione Nazionale e Mutilati e Invalidi di Guerra, mentre il piano superiore alloggiava le sale di rappresentanza e di riunione, di maggiori dimensioni; ora vi si trovano la sede della Redazione del "Corriere di Forlì" ed il Museo storico Dante Foschi.

Di grande ricchezza è l'apparato decorativo dell'edificio, che ribadisce in ogni particolare simbolismi allusivi al valore e al sacrificio degli eroi di guerra. All'interno del timpano di coronamento, come nei templi classici, sono rappresentati due lancieri, che richiamano i nudi dei guerrieri classici, disposti simmetricamente ai lati di un grande stemma. Le sculture in travertino sono opera dell'architetto e scultore romano, ma forlivese d'adozione, Roberto De Cupis, che si occupò con grande cura di tutta la decorazione dell'edificio. Sono opera sua anche le sculture che inquadrano il portale, così come il disegno delle formelle dei battenti, delle inferriate, della ringhiera dello scalone e di tutti i particolari decorativi dell'interno, come i sopraporta e gli stucchi.

Nelle due nicchie laterali dell'atrio sono esposti i busti di Fulcieri Paolucci di Calboli e di Cesare Battisti, eseguiti dallo scultore Giuseppe Casalini. Lo scultore fu molto attivo a Forlì ed in queste opere forte è l'influenza di Adolf Wildt. Ci si è poi spostati, salendo lo scalone,  nel museo collocato al piano nobile. La dottoressa Bugani ha quindi illustrato il museo ed i reperti conservati nel museo; il regime volle valorizzare l'Associazione del Mutilato di Guerra, preesistente e con sede  in corso della Repubblica, dandole questa nuova, imponente sede ed assegnandole come "nume tutelare" la eroica figura di Fulcieri di Calboli, del quale tutti conosciamo la triste  ed epica storia. 

Il Museo, costituitosi grazie alle donazioni degli aderenti all'Associazione Nazionale e Mutilati e Invalidi di Guerra - sezione forlivese - e dei loro familiari, accoglie cimeli risalenti a svariati periodi storici (dalle lotte per l'indipendenza e l'unificazione italiana alla II Guerra Mondiale) la cui tipologia è molteplice: sono conservate alcune uniformi, armi, un ricco fondo di medaglie, onorificenze, monete, fregi e distintivi militari, qualche elemento d'arredo. Gli eventi maggiormente rappresentati sono quelli della Grande Guerra e della Campagna d'Etiopia. Fra i tanti ricordi della I Guerra Mondiale, significativi per il valore sia umano, sia storico, vanno ricordati in particolare quelli legati a Fulcieri Paolucci di Calboli (1893-1919). Vi si conserva, inoltre, una rimarchevole raccolta di cartoline, a soggetto prevalentemente militare, ordinata in contenitori. Alle pareti, poi, è esposta la collezione di quadri eseguiti con tecniche diverse dal pittore forlivese Maceo Casadei (1899-1992) e ispirati a vicende e impressioni delle due Guerre Mondiali. Da ultimo, un interessante fondo librario assicura un valido supporto alle testimonianze materiali. La dottoressa Bugani ha concluso la presentazione ricordando come la bandiera nazionale che riporta, ricamato, il nome dell'Associazione, conservata in una bacheca del museo fu ricamata dalle maestre e dalle allieve della Scuola Giorgina Saffi e fu donata il 7 luglio del 1918, uno dei padrini fu Fuceri Paolucci di Calboli. 

Ha quindi preso la parola il segretario dell'Associazione, Mario Pasini, che ha rivolto un saluto ai presenti a nome del presidente Edio Betti, ammalato; è stata quindi la volta del dottor Giovanni Tassani che ha ricordato come ebbe occasione di entrare in contatto con l'antica famiglia Paolucci di Calboli e l'importante archivio di questa. Due sono state le pubblicazioni alle quali ha collaborato e che parlano di Fulceri: la prima, con Flavia Bugani  "Nel 90. della morte : Fulcieri Paolucci di Calboli : come emerge da lettere e scritti",  Grafiche Marzocchi editrice ((Pubblicazione allegata alla rivista "Il Melozzo", n. 1 marzo 2009, la seconda " Nobiltà eroica. Fulcieri Paolucci di Calboli" in "La Grande Guerra" tomo 1, edito dalla UTET nel 2008. Tassani ha quindi ripercorso una analisi della Grande Guerra, che ha definito "una catastrofe nella modernità" i milioni di morti inutili nelle trincee e nei sanguinosi assalti sotto il fuoco di cannoni e mitragliatrici. Una tragedia che occorre analizzare seriamente, di cui occorre scrivere. Tassani ha ricordato che è in corso al Vittoriano a Roma, organizzata dall'Istituto per la Storia del Risorgimento, una mostra sulla Grande Guerra che si conclude proprio con la carrozzella di Fulcieri, prestata dal Museo Dante Foschi su sollecitazione dello stesso Tassani. Ha pure ricordato il libro "La Patria Ferita" edito recentemente, nel quale l'autrice Barbara Bracco illustra come, con la sua straordinaria forza evocativa, la figura del mutilato esemplifica il passaggio epocale del primo, apocalittico, conflitto del XX secolo. Durante e dopo la Grande guerra i soldati italiani invalidi divennero l'emblema assoluto della "patria ferita": confermarono la forza devastante di un evento che esaltò il corpo menomato come simbolo del sacrificio. Medici e chirurghi, letterati e uomini di cultura, leader politici, pittori e scrittori delle avanguardie futuriste, istituzioni statali e associazioni di ex combattenti furono tutti impegnati a fare del corpo offeso del fante-contadino il centro di un vero e proprio culto nazionale. Infatti, oltre ai seicentomila morti, la Grande Guerra lasciò centinaia di migliaia di feriti e oltre quarantamila mutilati. Fulcieri fa parte di questa moltitudine di sacrificati ad un ideale in cui lui fortemente credeva. Il dottor Tassani ha precisato che con ciò non intendeva dipingere un quadretto edificante, bensì, possibilmente, mostrare elementi di perdita della ragione nelle classi dirigenti del tempo e, nello stesso tempo, le idealità che sospingevano giovani ad offrire se stessi per questo sacrificio. Alla sua morte nel 1919, lo stesso Fulceri diverrà una figura emblematica di questo "corpo ferito" insieme a Carlo Delcroix (Firenze 1896- Roma 1977) Medaglia d'Argento al Valor militare che inaugurò il Museo storico Dante Foschi nel 1933. L'Associazione si era costituita spontaneamente a Milano nell’aprile 1917, mentre infuriava cruenta la prima guerra mondiale, sin dalla fondazione, persegue, in base a quanto stabilito nell’art.1 dello Statuto sociale, finalità di ordine ideale, morale e patriottico, diretta al consolidamento della Pace, nell’auspicio della eliminazione delle guerre. I fondatori furono diversi, tra questi lo stesso Fulcieri, Carlo Delcroix ed il repubblicano Cipriano Facchinetti, di varia collocazione politica ma tutti convinti interventisti poichè ritenevano la guerra l'ultima guerra di indipendenza italiana per la liberazione dei popoli che soggiacevano ai "grandi imperi" e perchè non vi fossero più guerre. Argomenti sui quali ancora oggi gli storici si dividono, ha sottolineato Tassani. Ma proprio la Grande Guerra è stata la matrice, per vari motivi, tra questi l'egoismo delle classe dirigenti delle nazioni interessate, di ciò che metterà a ferro e a fuoco l'Europa e non solo nella prima metà del Novecento. In questo crogiolo nacque il Fascismo; non si potrà mai dire che Fulcieri sarebbe stato fascista, egli è certamente una figura evocativa che ci aiuta a comprendere quale fosse la cultura dell'epoca, i valori ed i sentimenti prima e durante la Grande Guerra. Tassani ha quindi ripercorso brevemente la vita del giovane Fulcieri che nasce a Napoli mentre suo padre è a Londra, quindi segue il genitore prima in Inghilterra, quindi a Parigi, poi in Portogallo quindi in Svizzera; quindi a Forlì vi sta ben poco, nel palazzo di via Maroncelli veniva qualche volta durante le ferie estive. Suo padre Raniero era un diplomatico che ha collaborato con grandissimi ambasciatori quali Costantino Nigra, Giuseppe Tornielli. E' comprensibile quindi come Fulcieri coltivò fin da giovane questo senso di appartenenza alla Patria, ma vista da lontano, ed attraverso le sue letture come "La Patria lontana" di Corradini, che diverrà poi capo del partito nazionalista, maturerà un sentimento nazionale. Fulcieri, da lontano, all'estero, comprende l'importanza del patriottismo, del senso della Patria; mentre il padre è il classico libera ottocentesco, in Fulcieri risuonano i nuovi valori dell'inizio del Novecento, la gioventù comincia a contestare la mediocrità borghese, quando va a Genova a studiare Legge, condivide il nazionalismo, credendo che l'Italia non debba essere l'"italietta" ma una nazione più forte, più importante. Non è detto quindi che si giunga al Fascismo, ma questo è la prosecuzione, il mediare questi ideali in funzione ad un futuro movimento iper-nazionalista. Ma Fulcieri è pure un aristocratico, figlio di diplomatico ed indirizzato alla stessa carriera, ma ciò non si trasforma in un senso di superiorità, anzi, tutto il contrario, significa, per il giovane, avere senso di responsabilità e dover pagare più degli altri questa condizione di privilegio e ciò lo metterà in pratica durante la Grande Guerra quando lui si dedicherà totalmente al popolo umile delle trincee, contadini, semianalfabeti, perchè sono questi che sono mandati allo sbaraglio. Fulcieri per un paio di volte viene ferito, rimane zoppicante. Raniero cerca di tutelare l'unico figlio maschio che ha, si attiva perchè possa essere inviato al Comando generale, dietro ad una scrivania, ma Fulcieri si oppone, non affronta neppure il concorso per entrare in Diplomazia. Gli viene proposto di andare come addetto militare alla Legazione di Copenaghen o di Stoccolma, ma lui rifiuta la proposta, anzi, fa richiesta per ritornare in prima linea affermando alcuni motivi "...1- moralmente responsabile, per quanto in infima parte della guerra ( lui era interventista), ritengo di doverla sempre combattere in prima linea. 2- come quasi genero del Sottocapo di Stato Maggiore (era fidanzato con Alessandra Porro figlia del vice di Cadorna) ritengo di dovere essere di esempio agli altri portandomi là dove è opinione dolorosamente diffusa (...)  che muoiano soltanto i figli di nessuno. 3- Se la nobiltà ha ad oggi ancora una ragion d'essere, questa consiste nell'imporre a chi discende da antenati che facevano passare nell'ombra i loro vizi, grazie al loro fegato, l'obbligo d'essere degno di un nome che non seppe la paura. 4- Io ho in me una ricchezza, il mio entusiasmo, di cui la nazione ha il diritto di usufruire. Io ho l'obbligo di portarmi là dove del mio entusiasmo posso trarre il massimo profitto. Lui quindi viene nominato dal Duca d'Aosta Capo di un osservatorio in primissima linea dove poi resterà gravemente ferito, restando poi paralizzato, inizia così il calvario che Fulcieri redime facendosi animatore del fronte interno. Il fronte interno era la resistenza dei civili, delle donne in particolare, che sostituivano nelle varie attività gli uomini in guerra, opponendosi ai disfattisti che non mancavano. una sorta di mobilitazione nuova per l'epoca, i civili che svolgono il loro lavoro patriottico. Fulcieri fonda l'Associazione, si porta nelle fabbriche in mezzo agli operai sui quali ha un fortissimo ascendente, perchè è visto come un eroe, un angelo ferito che sa parlare benissimo, con grande trasporto, ha un grande successo, specialmente tra le donne. Collabora con una rivista "Vita Materna" curata da donne. Fulcieri, non si risparmia, si sposta in ogni punto del paese, pernottando negli ospedali dove poteva avere un poco di sollievo, si consuma e si avvicina la fine. L'ultimo incontro si svolge a Forlì, il 7 luglio 1918, dove parla in piazza Saffi. Le sue condizioni si aggravano, viene portato al Rizzoli accompagnato dal professor Murri, ma non vi trova alcun giovamento. Muore in un ospedale svizzero, poichè suo padre era Ministro plenipotenziario a Berna, il 18 febbraio 1919; Forlì si stringe tutta attorno a lui, tutte le diverse forze politiche. Tassani si è quindi avviato alle conclusioni sottolineando che  Fulcieri è una figura "unitiva" non "divisiva", e così è rimasta, anche quando il Fascismo la utilizzò, valorizzandola, perchè il regime era nato proprio come movimento interventista e lo stesso Mussolini dapprima aveva classificato il giornale Popolo d'Italia "giornale socialista" quindi "giornale dei combattenti e dei produttori". Allora si usava un termine da opporre ai sovversivi, a tutti coloro che si opponevano alla guerra, la "trincerocrazia", occorreva fare in modo che chi aveva combattuto, potesse avvalersi del diritto acquisito con il suo sacrificio in una Nuova Patria, più grande e più giusta. Il Fascismo sfrutto questo strumento, sfruttando la valorizzazione del valore dei combattenti. Le origini del Fascismo risiedono proprio qui, in questa temperie del dopoguerra. Quindi, quando Fulcieri muore all'inizio del 1919, non può non entrare nel Pantheon degli invalidi, dei mutilati, dei combattenti, come fu per Delcroix. Tra l'altro Fulcieri aveva scritto una tesi di laurea in cui condannava il celibato, "poichè sottrae vite alla Patria"; ovviamente Mussolini apprezzò molto tale lavoro perchè condivideva la linea del regime, che promuoveva famiglie numerose, ma al di là di questo a Mussolini faceva molto comodo avere i Paolucci con sè, poichè la famiglia significava la vecchia aristocrazia forlivese, aveva già conosciuto Fulcieri, invalido, e gli aveva fatto scrivere un breve articolo sul Popolo d'Italia. 

Tassani è passato quindi a tratteggiare un altro episodio che ha visto i Paulucci in rapporto con Mussolini. Quando questi andò al potere nel 1922, il 31 ottobre, mantenne l'interim del Ministero degli Esteri e trovò tra i suoi collaboratori un giovane che si chiamava Giacomo Barone Russo, sposato con la sorella di Fulcieri, Camilla; per la sua intelligenza ed il suo impegno nel lavoro, lo nominerà Capo di Gabinetto agli Esteri del suo Governo. Pochi giorni dopo nominò Ambasciatore in Spagna, Raniero, padre di Fulcieri. 

Tassani è ritornato quindi a tratteggiare più a fondo la figura di Raniero, padre di Fulcieri, figura di grande valore da non trascurare.  

La visita si è concluso uscendo dall'edificio attraverso al passaggio "discreto" dal quale i massoni accedevano da un semplice portoncino in via Solferino, scoperto di recente.      


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