Per
celebrare la Giornata dell'Unità Nazionale e delle Forze Armate, è
stato deciso di organizzare questa visita aperta a tutta la
cittadinanza. Per l'occasione è stata chiesta la collaborazione degli
storici forlivesi Flavia Bugani, già ospite in numerose occasioni de'
Racoz, e Giovanni Tassani che recentemente ha vinto il primo premio
ex-equo Acqui Storia con il suo saggio "Diplomatico tra due guerre
- Vita di Giacomo Paulucci di Calboli Barone". Così ha
presentato la giornata e' minestar Marino Monti.
Ha
preso quindi la parola la dottoressa Bugani che ha illustrato lo storico
edificio.
La
Casa del Mutilato deriva il suo aspetto attuale dalla radicale
ristrutturazione dell'edificio sede della loggia massonica forlivese. Il
regime fascista, nella sua opera liberticida, oltre ad altre numerose
associazioni, sciolse pure la loggia massonica; il nuovo edificio
fu donato all' Opera nazionale mutilati di guerra (O.N.I.G).
Fu incaricato dell'intervento l'architetto e ingegnere romano Cesare
Bazzani, su interessamento della potente famiglia Paulucci di Calboli,
trasferita a Roma ma di origini forlivesi, cui apparteneva l'eroe di
guerra Fulcieri Paulucci di Calboli.
A
Fulceri, caduto sul Carso, venne dedicato l'edificio, che Bazzani
interpretò come un tempio di aspetto severo e aulico, in un rigoroso
stile novecentista, fitto di simbologie e di riferimenti classici.
Il
prospetto principale è scandito da un ordine gigante di lesene e
caratterizzato dal timpano di coronamento di imponenti dimensioni, il
cui profilo è sottolineato da una possente cornice in forte aggetto.
L'ordine inferiore di finestre, inserito all'interno di un'ampia fascia
rivestita in travertino come il basamento, presenta elaborate inferriate
che terminano in basso con tre spade o gladii. Ciascuna apertura è
sormontata da due medaglioni e da un elemento architettonico a forma di
chiave di volta, che si prolunga verso l'alto a raccordarla con l'ordine
superiore di finestre, centinate e leggermente strombate. La finestra al
di sopra dell'ingresso, che occupa il centro della facciata
perfettamente simmetrica, si differenzia dalle altre per le maggiori
dimensioni e il rivestimento in travertino, che spezza la fascia
trattata ad intonaco.
Il
portale sottostante, realizzato dalla famosa bottega
Matteucci di Faenza, con formelle in rame sbalzato che raffigurano
oggetti simbolici, allusivi al sacrificio dei caduti in guerra, è
inquadrato da una cornice strombata in travertino, scolpita ai lati con
fasci littori, e da un architrave con motivi decorativi a tralci
vegetali che avvolgono un elmo e una daga. Ai lati del portale sono
ancora presenti le due aste portabandiera con sostegni in bronzo
lavorato.
L'edificio
occupa l'area di sedime del fabbricato preesistente, conservandone i
muri perimetrali, mentre le partizioni interne vengono in parte
modificate e riorganizzate intorno al corpo scala centrale, cui si
accede attraverso un atrio riccamente rivestito in marmi policromi. Il
pianterreno era adibito ad uffici ed oggi è sede della Sezione
forlivese dell'Associazione
Nazionale e Mutilati e Invalidi di Guerra,
mentre il piano superiore alloggiava
le sale di rappresentanza e di riunione, di maggiori dimensioni; ora vi
si trovano la sede della Redazione del "Corriere di Forlì" ed
il Museo storico Dante Foschi.
Di
grande ricchezza è l'apparato decorativo dell'edificio, che ribadisce
in ogni particolare simbolismi allusivi al valore e al sacrificio degli
eroi di guerra. All'interno del timpano di coronamento, come nei templi
classici, sono rappresentati due lancieri, che richiamano i nudi dei
guerrieri classici, disposti simmetricamente ai lati di un grande
stemma. Le sculture in travertino sono opera dell'architetto e scultore
romano, ma forlivese d'adozione, Roberto De Cupis, che si occupò con grande cura di tutta la decorazione
dell'edificio. Sono opera sua anche le sculture che inquadrano il
portale, così come il disegno delle formelle dei battenti, delle
inferriate, della ringhiera dello scalone e di tutti i particolari
decorativi dell'interno, come i sopraporta e gli stucchi.
Nelle due
nicchie laterali dell'atrio sono esposti i busti di Fulcieri Paolucci di Calboli e di Cesare Battisti, eseguiti dallo scultore Giuseppe
Casalini.
Lo scultore fu molto attivo a Forlì ed in queste opere forte è
l'influenza di Adolf Wildt. Ci si è poi spostati, salendo lo
scalone, nel museo collocato
al piano nobile. La dottoressa Bugani ha quindi illustrato il
museo ed i reperti conservati nel museo; il regime volle valorizzare
l'Associazione del Mutilato di Guerra, preesistente e con sede in
corso della Repubblica, dandole questa nuova, imponente sede ed
assegnandole come "nume tutelare" la eroica figura di Fulcieri
di Calboli, del quale tutti conosciamo la triste ed epica
storia.
Il
Museo, costituitosi grazie alle donazioni degli aderenti
all'Associazione Nazionale e Mutilati e Invalidi di Guerra - sezione
forlivese - e dei loro familiari, accoglie cimeli risalenti a svariati
periodi storici (dalle lotte per l'indipendenza e l'unificazione
italiana alla II Guerra Mondiale) la cui tipologia è molteplice: sono
conservate alcune uniformi, armi, un ricco fondo di medaglie,
onorificenze, monete, fregi e distintivi militari, qualche elemento
d'arredo. Gli eventi maggiormente rappresentati sono quelli della Grande
Guerra e della Campagna d'Etiopia.
Fra i tanti ricordi della I
Guerra Mondiale, significativi per il valore sia umano, sia storico,
vanno ricordati in particolare quelli legati a Fulcieri Paolucci di
Calboli (1893-1919).
Vi si conserva, inoltre, una rimarchevole raccolta di cartoline,
a soggetto prevalentemente militare, ordinata in contenitori. Alle
pareti, poi, è esposta la collezione di quadri eseguiti con tecniche
diverse dal pittore forlivese Maceo Casadei (1899-1992) e ispirati a
vicende e impressioni delle due Guerre Mondiali. Da
ultimo, un interessante fondo librario assicura un valido supporto alle
testimonianze materiali. La dottoressa Bugani ha concluso la
presentazione ricordando come la bandiera nazionale che riporta,
ricamato, il nome dell'Associazione, conservata in una bacheca del museo
fu ricamata dalle maestre e dalle allieve della Scuola Giorgina Saffi e
fu donata il 7 luglio del 1918, uno dei padrini fu Fuceri Paolucci di
Calboli.
Ha
quindi preso la parola il segretario dell'Associazione, Mario Pasini,
che ha rivolto un saluto ai presenti a nome del presidente Edio Betti,
ammalato; è stata quindi la volta del dottor Giovanni Tassani che ha
ricordato come ebbe occasione di entrare in contatto con l'antica
famiglia Paolucci di Calboli e l'importante archivio di questa. Due sono
state le pubblicazioni alle quali ha collaborato e che parlano di Fulceri:
la prima, con Flavia Bugani "Nel
90. della morte : Fulcieri Paolucci di Calboli : come emerge da lettere e
scritti", Grafiche Marzocchi editrice ((Pubblicazione allegata
alla rivista "Il Melozzo", n. 1 marzo 2009, la seconda "
Nobiltà
eroica. Fulcieri Paolucci di Calboli" in "La Grande Guerra"
tomo 1, edito dalla UTET nel 2008. Tassani ha quindi ripercorso una
analisi della Grande Guerra, che ha definito "una catastrofe nella
modernità" i milioni di morti inutili nelle trincee e nei sanguinosi
assalti sotto il fuoco di cannoni e mitragliatrici. Una tragedia che
occorre analizzare seriamente, di cui occorre scrivere. Tassani ha
ricordato che è in corso al Vittoriano a Roma, organizzata dall'Istituto
per la Storia del Risorgimento, una mostra sulla Grande Guerra che si
conclude proprio con la carrozzella di Fulcieri, prestata dal Museo Dante
Foschi su sollecitazione dello stesso Tassani. Ha pure ricordato il libro
"La Patria Ferita" edito recentemente, nel quale l'autrice
Barbara Bracco illustra come, con
la sua straordinaria forza evocativa, la figura del mutilato esemplifica
il passaggio epocale del primo, apocalittico, conflitto del XX secolo.
Durante e dopo la Grande guerra i soldati italiani invalidi divennero
l'emblema assoluto della "patria ferita": confermarono la forza
devastante di un evento che esaltò il corpo menomato come simbolo del
sacrificio. Medici e chirurghi, letterati e uomini di cultura, leader
politici, pittori e scrittori delle avanguardie futuriste, istituzioni
statali e associazioni di ex combattenti furono tutti impegnati a fare del
corpo offeso del fante-contadino il centro di un vero e proprio culto
nazionale. Infatti, oltre ai seicentomila morti, la Grande Guerra lasciò
centinaia di migliaia di feriti e oltre quarantamila mutilati. Fulcieri fa
parte di questa moltitudine di sacrificati ad un ideale in cui lui
fortemente credeva. Il dottor Tassani ha precisato che con ciò non
intendeva dipingere un quadretto edificante, bensì, possibilmente,
mostrare elementi di perdita della ragione nelle classi dirigenti del
tempo e, nello stesso tempo, le idealità che sospingevano giovani ad
offrire se stessi per questo sacrificio. Alla sua morte nel 1919, lo
stesso Fulceri diverrà una figura emblematica di questo "corpo
ferito" insieme a Carlo Delcroix (Firenze 1896- Roma 1977) Medaglia
d'Argento al Valor militare che inaugurò il Museo storico Dante Foschi
nel 1933.
L'Associazione
si era costituita spontaneamente a Milano nell’aprile 1917, mentre
infuriava cruenta la prima guerra mondiale, sin dalla fondazione,
persegue, in base a quanto stabilito nell’art.1 dello Statuto sociale,
finalità di ordine ideale, morale e patriottico, diretta al
consolidamento della Pace, nell’auspicio della eliminazione delle
guerre. I fondatori furono diversi, tra questi lo stesso Fulcieri, Carlo
Delcroix ed il repubblicano Cipriano
Facchinetti,
di varia collocazione politica ma tutti convinti interventisti poichè
ritenevano la guerra l'ultima guerra di indipendenza italiana per la
liberazione dei popoli che soggiacevano ai "grandi imperi" e
perchè non vi fossero più guerre. Argomenti sui quali ancora oggi gli
storici si dividono, ha sottolineato Tassani. Ma proprio la Grande Guerra
è stata la matrice, per vari motivi, tra questi l'egoismo delle classe
dirigenti delle nazioni interessate, di ciò che metterà a ferro e a
fuoco l'Europa e non solo nella prima metà del Novecento. In questo
crogiolo nacque il Fascismo; non si potrà mai dire che Fulcieri sarebbe
stato fascista, egli è certamente una figura evocativa che ci
aiuta a comprendere quale fosse la cultura dell'epoca, i valori ed i
sentimenti prima e durante la Grande Guerra. Tassani ha quindi ripercorso
brevemente la vita del giovane Fulcieri che nasce a Napoli mentre suo padre
è a Londra, quindi segue il genitore prima in Inghilterra, quindi a
Parigi, poi in Portogallo quindi in Svizzera; quindi a Forlì vi sta ben
poco, nel palazzo di via Maroncelli veniva qualche volta durante le ferie
estive. Suo padre Raniero era un diplomatico che ha collaborato con
grandissimi ambasciatori quali Costantino Nigra, Giuseppe Tornielli. E'
comprensibile quindi come Fulcieri coltivò fin da giovane questo senso di
appartenenza alla Patria, ma vista da lontano, ed attraverso le sue
letture come "La Patria lontana" di Corradini, che diverrà poi
capo del partito nazionalista, maturerà un sentimento nazionale. Fulcieri,
da lontano, all'estero, comprende l'importanza del patriottismo, del senso
della Patria; mentre il padre è il classico libera ottocentesco, in
Fulcieri risuonano i nuovi valori dell'inizio del Novecento, la gioventù
comincia a contestare la mediocrità borghese, quando va a Genova a
studiare Legge, condivide il nazionalismo, credendo che l'Italia non debba
essere l'"italietta" ma una nazione più forte, più importante.
Non è detto quindi che si giunga al Fascismo, ma questo è la
prosecuzione, il mediare questi ideali in funzione ad un futuro movimento
iper-nazionalista. Ma Fulcieri è pure un aristocratico, figlio di
diplomatico ed indirizzato alla stessa carriera, ma ciò non si trasforma
in un senso di superiorità, anzi, tutto il contrario, significa, per il
giovane, avere senso di responsabilità e dover pagare più degli altri
questa condizione di privilegio e ciò lo metterà in pratica durante la
Grande Guerra quando lui si dedicherà totalmente al popolo umile delle
trincee, contadini, semianalfabeti, perchè sono questi che sono mandati
allo sbaraglio. Fulcieri per un paio di volte viene ferito, rimane
zoppicante. Raniero cerca di tutelare l'unico figlio maschio che ha, si
attiva perchè possa essere inviato al Comando generale, dietro ad una
scrivania, ma Fulcieri si oppone, non affronta neppure il concorso per
entrare in Diplomazia. Gli viene proposto di andare come addetto militare
alla Legazione di Copenaghen o di Stoccolma, ma lui rifiuta la proposta,
anzi, fa richiesta per ritornare in prima linea affermando alcuni motivi
"...1- moralmente responsabile, per quanto in infima parte della
guerra ( lui era interventista), ritengo di doverla sempre combattere in
prima linea. 2- come quasi genero del Sottocapo di Stato Maggiore (era
fidanzato con Alessandra Porro figlia del vice di Cadorna) ritengo di
dovere essere di esempio agli altri portandomi là dove è opinione
dolorosamente diffusa (...) che muoiano soltanto i figli di nessuno.
3- Se la nobiltà ha ad oggi ancora una ragion d'essere, questa consiste
nell'imporre a chi discende da antenati che facevano passare nell'ombra i
loro vizi, grazie al loro fegato, l'obbligo d'essere degno di un nome che
non seppe la paura. 4- Io ho in me una ricchezza, il mio entusiasmo, di
cui la nazione ha il diritto di usufruire. Io ho l'obbligo di portarmi là
dove del mio entusiasmo posso trarre il massimo profitto. Lui quindi viene
nominato dal Duca d'Aosta Capo di un osservatorio in primissima linea dove
poi resterà gravemente ferito, restando poi paralizzato, inizia così il
calvario che Fulcieri redime facendosi animatore del fronte interno. Il
fronte interno era la resistenza dei civili, delle donne in particolare,
che sostituivano nelle varie attività gli uomini in guerra, opponendosi
ai disfattisti che non mancavano. una sorta di mobilitazione nuova per
l'epoca, i civili che svolgono il loro lavoro patriottico. Fulcieri fonda
l'Associazione, si porta nelle fabbriche in mezzo agli operai sui quali ha
un fortissimo ascendente, perchè è visto come un eroe, un angelo ferito
che sa parlare benissimo, con grande trasporto, ha un grande successo,
specialmente tra le donne. Collabora con una rivista "Vita
Materna" curata da donne. Fulcieri, non si risparmia, si sposta in
ogni punto del paese, pernottando negli ospedali dove poteva avere un poco
di sollievo, si consuma e si avvicina la fine. L'ultimo incontro si svolge
a Forlì, il 7 luglio 1918, dove parla in piazza Saffi. Le sue condizioni
si aggravano, viene portato al Rizzoli accompagnato dal professor Murri,
ma non vi trova alcun giovamento. Muore in un ospedale svizzero, poichè
suo padre era Ministro plenipotenziario a Berna, il 18 febbraio 1919; Forlì si stringe tutta
attorno a lui, tutte le diverse forze politiche. Tassani si è quindi avviato alle conclusioni sottolineando che
Fulcieri è una figura "unitiva" non "divisiva", e
così è rimasta, anche quando il Fascismo la utilizzò, valorizzandola,
perchè il regime era nato proprio come movimento interventista e lo
stesso Mussolini dapprima aveva classificato il giornale Popolo
d'Italia "giornale socialista" quindi "giornale dei
combattenti e dei produttori". Allora si usava un termine da opporre
ai sovversivi, a tutti coloro che si opponevano alla guerra, la "trincerocrazia",
occorreva fare in modo che chi aveva combattuto, potesse avvalersi del
diritto acquisito con il suo sacrificio in una Nuova Patria, più grande e
più giusta. Il Fascismo sfrutto questo strumento, sfruttando la
valorizzazione del valore dei combattenti. Le origini del Fascismo
risiedono proprio qui, in questa temperie del dopoguerra. Quindi, quando
Fulcieri muore all'inizio del 1919, non può non entrare nel Pantheon
degli invalidi, dei mutilati, dei combattenti, come fu per Delcroix. Tra
l'altro Fulcieri aveva scritto una tesi di laurea in cui condannava il
celibato, "poichè sottrae vite alla Patria"; ovviamente
Mussolini apprezzò molto tale lavoro perchè condivideva la linea del
regime, che promuoveva famiglie numerose, ma al di là di questo a
Mussolini faceva molto comodo avere i Paolucci con sè, poichè la
famiglia significava la vecchia aristocrazia forlivese, aveva già
conosciuto Fulcieri, invalido, e gli aveva fatto scrivere un breve
articolo sul Popolo d'Italia.
Tassani
è passato quindi a tratteggiare un altro episodio che ha visto i Paulucci
in rapporto con Mussolini. Quando questi andò al potere nel 1922, il 31
ottobre, mantenne l'interim del Ministero degli Esteri e trovò tra i suoi
collaboratori un giovane che si chiamava Giacomo Barone Russo, sposato con
la sorella di Fulcieri, Camilla; per la sua intelligenza ed il suo impegno
nel lavoro, lo nominerà Capo di Gabinetto agli Esteri del suo Governo.
Pochi giorni dopo nominò Ambasciatore in Spagna, Raniero, padre di
Fulcieri.
Tassani è ritornato
quindi a tratteggiare più a fondo la figura di Raniero, padre di Fulcieri,
figura di grande valore da non trascurare.
La
visita si è concluso uscendo dall'edificio attraverso al passaggio
"discreto" dal quale i massoni accedevano da un semplice
portoncino in via Solferino, scoperto di recente.
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