CICLO DI CARNOT
Macchina ideale
Carnot si propose di trasformare del calore in lavoro mediante una macchina termica. Occorre un qualche meccanismo che ciclicamente assorba calore da una sorgente e lo trasformi in lavoro. Carnot capì che era impossibile realizzare un ciclo di tale fatta senza disporre di due sorgenti: una calda (da cui si preleva del calore) ed una fredda (verso cui si scarica del calore). Iniziò quindi ad ideare il miglior ciclo possibile immaginando di disporre dei seguenti strumenti ideali:
- un cilindro ed un pistone. Il cilindro (escludendo la sua base) deve essere perfettamente adiabatico (non deve scambiare calore con l'esterno: DQ = 0). Anche il pistone deve godere della medesima proprietà;
- una sorgente calda a temperatura costante T2 che possa aderire al fondo conduttore del cilindro;
- una sorgente fredda a temperatura costante T1che possa aderire al fondo conduttore del cilindro;
- un tappo perfettamente adiabatico in grado di aderire perfettamente al fondo conduttore del cilindro;
- dentro il cilindro vi è un gas perfetto che funge da fluido operativo.
Operiamo successivamente in quattro fasi o tempi guidandoci con delle figure. Si parte da figura 21, nello stato iniziale cui si trova il sistema (punto A del grafico di figura 21a).
Figura 21 Figura 21a
A --> B
Qui inizia la prima trasformazione che ci porta da A a B (trasformazione isoterma). Sotto il cilindro si dispone la sorgente di calore che si trova alla temperatura T2. Tale sorgente fornisce al sistema una quantità di calore Q2 . Il gas contenuto nel cilindro si dilata alla temperatura costante della sorgente, T2 spingendo lo stantuffo verso l'alto con la conseguenza che il volume occupato dal gas passa da VA a VB (mentre la pressione diminuisce). In questo movimento il sistema fa un lavoro verso l'esterno, positivo, che chiamiamo LI .
Passiamo alla seconda fase (figure 22 e 22a). La trasformazione, questa volta, ci porta
Figura 22 Figura 22a
B --> C
da B a C (trasformazione adiabatica). Sotto il cilindro si toglie la sorgente calda a temperatura T2 e si dispone il tappo isolante. Ora la trasformazione che avviene nel cilindro non scambia calore con l'esterno. Il gas continua ad espandersi per inerzia. Il volume da esso occupato continua ad aumentare, passando da VB a VC, e la pressione continua a scendere. Il sistema fa ancora un lavoro verso l'esterno, positivo, che chiamiamo LII.
Passiamo alla terza fase (figura 23 e 23a). La trasformazione ci porta ora da C a D
Figura 23 Figura 23a
C --> D
(trasformazione di nuovo isoterma). Sotto il cilindro si toglie il tappo isolante e si dispone la sorgente fredda a temperatura T1 < T2 (in pratica si mette il fondo del cilindro a contatto con l'ambiente esterno). A questo punto siamo noi, dall'esterno che facciamo un lavoro LIII negativo sul sistema; comprimiamo noi il pistone nel cilindro provocando una diminuzione di volume (che passa da V a V) ed un aumento di pressione (tale aumento di pressione tenderebbe a far aumentare la temperatura ma, il contatto con la sorgente fredda scarica verso l'esterno questa tendenza). In questa fase la macchina scarica verso l'esterno una quantità di calore Q1.
Passiamo alla quarta ed ultima fase (figura 24 e 24a), quella che ci porta a chiudere il
Figura 24 Figura 24a
D --> A
ciclo, andando da D ad A. Ora togliamo la sorgente fredda e disponiamo di nuovo sotto il cilindro il tappo isolante. Continuiamo noi a premere sul pistone, facendo un lavoro sul sistema, negativo, LIV. Il nostro premere provoca ora, insieme ad un aumento di pressione, ulteriore diminuzione di volume ed anche un aumento di temperatura. Non vi sono scambi di calore con l'ambiente esterno e la trasformazione è un'adiabatica. Tornati ad A abbiamo chiuso il ciclo e possiamo ricominciare tutto di nuovo. Il ciclo, nel suo insieme è quello di figura 25. Esso è costituito da due adiabatiche e da due isoterme.
Figura 25
L'area compresa tra le quattro trasformazioni che chiudono il ciclo, in accordo con la nota (3), rappresenta il lavoro netto L ottenuto. Tale lavoro si ottiene per differenza tra i lavori positivi L2 = LI + LII ed i lavori negativi L1 = LIII + LIV cioè: L = L2 - L1. Anche il calore complessivo Q che la macchina trattiene per sé è dato dalla differenza di quello che ha assorbito Q2 meno quello che ha scaricato via Q1: Q = Q2 - Q1. La conclusione evidente è che il lavoro L che la macchina ci fornisce è dato dal calore che ha assorbito meno quello che ha dovuto buttare via L = Q2 - Q1. Tutto questo si può anche agevolmente discutere con il Primo Principio della termodinamica ma, ricordando solo che in un ciclo chiuso non c'è variazione di energia interna (D U = 0), quanto abbiamo detto è sufficiente allo scopo che ci siamo proposti(6). Possiamo trarre una conclusione: solo una parte del calore fornito si trasforma in lavoro; la parte restante viene necessariamente scaricata verso l'esterno del sistema. Possiamo poi fare una piccola ma importante osservazione. Poiché, come sappiamo, l'area compresa nel ciclo rappresenta il lavoro ottenuto, se provassimo a lavorare con una sola temperatura andando, ad esempio, su e giù lungo la T2, l'area sarebbe nulla e non si otterrebbe alcun lavoro. Osservo un'ultima cosa. Se il ciclo che abbiamo visto, fosse percorso in senso inverso, finiremmo nel caso che ho lasciato in sospeso in nota (3): il bilancio tra lavoro negativo fatto e positivo ottenuto darebbe come risultato un numero negativo. Ciò significherebbe che abbiamo dato alla macchina più lavoro di quanto la macchina ne dà a noi, ma la conseguenza è che la macchina ci sottrae più calore di quanto non ne prende: avremmo costruito una macchina non più termica ma frigorifera. Tornando alle macchine termiche, la frase riportata in grassetto appena qualche riga più su, permette di trarre una immediata conclusione. E' possibile definire un rendimento per le macchine termiche nel modo seguente: il rapporto tra il lavoro che la macchina ci fornisce ed il calore che gli dobbiamo dare e cioè
h = L/Q2
e, ricordando che L = Q2 - Q1, si trova subito:
h = (Q2 - Q1)/Q2 = 1 - Q1/Q2
Si dimostra (ma la cosa non è semplice) che quest'ultima relazione può essere scritta nel modo seguente (nel caso di una macchina di Carnot):
h = 1 - Q1/Q2 = 1 - T1/T2
dove si è sostituito il calore, difficile da maneggiare, con le temperature assolute o Kelvin, molto più facilmente trattabili. Ora è evidente che l'ideale per noi sarebbe un rendimento 1, cioè del 100%, ma la relazione precedente ci dice che ad 1 occorre sottrarre una certa quantità che si annullerebbe solo se Q1 si annullasse (o che Q2 divenisse infinito). Ma abbiamo visto che Q1 non può mai essere nullo, altrimenti non si chiuderebbe il ciclo tra due temperature, quindi su questa strada non si può far nulla. Ciò che si può fare per migliorare il rendimento è rendere sempre più piccola la quantità Q1/Q2 che va a sottrarsi ad 1. Per farlo occorre che numeratore e denominatore siano i più distanti possibile, occorre cioè che la sorgente calda lavori ad elevatissima temperatura e la sorgente fredda sia molto fredda. Sulla temperatura della sorgente calda vi sono limitazioni tecnologiche (da un certo punto i materiali che sostengono tali temperatura non ce la fanno più), su quelle delle sorgenti fredde vi è poco da fare, ci dobbiamo tenere in genere quelle dell'ambiente esterno (al massimo aiutando con circolazione di fluidi a temperature più basse).
CICLO FRIGORIFERO DI CARNOT
Se si confronta il
grafico di figura 25 (ciclo ordinario di Carnot) con quello di figura
26 si scopre che le trasformazioni avvengono in verso opposto. Si dispone ora di
un volume da cui occorre sottrarre del calore. Per eseguire questa operazione
occorre fare del lavoro. Quindi, contrariamente alla macchina di Carnot già
studiata, si tratta ora di fornire lavoro per sottrarre calore. Nel far questa
operazione occorrerà sempre buttare via del calore. Lo si farà dal motore che
sottrae calore dalla cella frigorifera (ed esterno ad essa) e lo scarica
nell'ambiente in cui è contenuta la macchina frigorifera. In teoria un
frigorifero di Carnot si realizza con quanto illustrato nella figura 27:
Figura 27
Figura 27
Il fluido (gas perfetto) che si trova in C (Fig. 26) viene compresso mediante una adiabatica fino ad arrivare a B e quindi ad una temperatura T2 > T1 . Per far questa operazione abbiamo fatto del lavoro LI dall'esterno. Arrivati in B, con uno scambiatore, viene ceduto all'esterno il calore Q2 mediante una isoterma e per questo si deve compiere altro lavoro LII. Questa trasformazione ci porta da B ad A. La trasformazione successiva che ci porta da A a D è una adiabatica: è ora il gas che ci fornisce del lavoro LIII. Durante l'ultima trasformazione, l'isoterma che va da D a C, il gas riceve il calore Q1compiendo il lavoro LIV. La somma L dei lavori è questa volta negativa: siamo noi che dobbiamo fornire L al sistema. La somma del calore fornito con quello ceduto è invece positiva: abbiamo scaricato verso l'esterno più calore di quanto ne abbiamo fornito. Confrontando con la figura 27, si vede che tale figura è sistemata in qualche modo seguendo il grafico. Si parte dal compressore che realizza la prima adiabatica che ci porta da C a B nel grafico: qui il fluido refrigerante viene compresso, innalzato di temperatura (a causa della adiabaticità) ed inviato alla serpentina condensatore (serpentina a sinistra di figura) dove si condensa in modo isotermo perdendo ancora volume; la condensazione fa perdere calore al fluido e lo scambiatore lo scarica fuori da sé (si pensi alla serpentina che si trova dietro ad ogni macchina frigorifera, che si scalda in modo da riscaldare l'ambiente circostante); per effetto della condensazione il fluido diventa liquido (in presenza del suo vapore); siamo qui arrivati al punto A del grafico. Mediante la valvola di espansione situata nel punto più alto in figura facciamo espandere il fluido che adiabaticamente diminuisce rapidamente la sua pressione e la sua temperatura. Il gas che esce dall'evaporatore così espanso (siamo in D) entra nello scambiatore evaporatore (serpentina di destra in figura) dove si espande ulteriormente mediante una isoterma e dove sottrae calore alla cella frigorifera (si pensi alla serpentina che è dentro il freezer del frigorifero). Il calore assorbito determina una rapida evaporazione del fluido agevolata da una pressione che in genere è più bassa di quella atmosferica. Il vapore si è raffreddato. Siamo tornati in C, da dove eravamo partiti e da dove ricomincia il ciclo.
CICLO DI RANKINE
Macchina a vapore
Nella figura 28 è riportato uno schema di funzionamento di un motore a vapore: il focolare è la sorgente calda che fornisce il calore al motore, il condensatore è la
Figura 28
sorgente fredda in cui si scarica del calore; il lavoro meccanico è realizzato dal moto alternativo del cilindro (alimentato dal cassetto di distribuzione)(8) che si trasmette alle ruote della macchina che monta il motore (quasi sempre una locomotiva). Nella figura 29
Figura 29
vi è il ciclo di Rankine che ora vedremo rapportandolo allo schema del motore (in rosso è riportato il ciclo teorico, tratteggiato il ciclo reale: qui, come sempre, si progetta un qualcosa ipotizzando il meglio per ciascuna trasformazione, ma le trasformazioni reali non sono mai perfette perché è impossibile avere perfette isobare, perfette adiabatiche, perfette isoterme, perfette isocore). Prima di essere messa in moto una macchina alimentata con questo motore, è necessario che la caldaia venga portata a pressione elevata (punto A del grafico). A questo punto il vapore alla pressione e temperatura della caldaia, entra nel cilindro e si espande per circa un quarto della corsa del pistone mediante una isobara (quella che porta da A a B, e durante la quale entra del calore nella macchina). Il resto dell'espansione del vapore (ultimi 3/4 del cilindro) avviene mediante una adiabatica (trasformazione BC). Si deve notare che tra B e D otteniamo lavoro dalla macchina. Arrivati a C il fluido inizia ad essere riportato nella caldaia mediante una compressione a pressione costante fino a D (è la fase della condensazione che sottrae calore alla macchina). Dal punto D ad A, il fluido viene riscaldato a volume costante (isocora) finché non ritorna alla pressione iniziale (il fluido, ritornato nella caldaia, viene riscaldato e riportato ad alta temperatura e pressione).
CICLO OTTO
Vediamo il disegno del motore (Fig. 32) e in basso, in corrispondenza di ogni tempo, riportiamo la relativa trasformazione che, alla fine, va a costruire il ciclo.
Figura 32
Abbiamo un cilindro dentro cui scorre un pistone che trasforma il moto alternativo in rotatorio mediante il meccanismo biella-manovella. avverto che il cilindro è uno solo e che le fasi che vi si sviluppano sono le quattro che ora illustro a partire da disegno e grafico primi a sinistra.
1° tempo: Aspirazione - Dalla valvola aperta sulla sinistra viene aspirata dell'aria, dentro cui vi è un aerosol di benzina (la miscela viene preparata nel carburatore all'ingresso del cilindro), in modo isobaro alla pressione atmosferica (A --> B). L'aspirazione avviene come in una siringa: è il pistone che abbassandosi lo fa.
2° tempo: Compressione - La valvola d'ingresso si è chiusa ed il pistone risale. Nel far questo comprime adiabaticamente la miscela di aria e benzina nella sommità del cilindro (B --> C).
3° tempo: Scoppio ed Espansione - Nella miscela compressa, dall'alto, scocca una scintilla (candela) che provoca prima una immediata compressione isocora dovuta all'istantaneo aumento di temperatura (scoppio) e immediatamente dopo una espansione adiabatica che porta il pistone violentemente verso il basso del cilindro (questo è l'unico tempo attivo del motore). Nel grafico queste sono le due trasformazioni C --> D --> E.
4° tempo: Scarico - Per inerzia il pistone risale. Ora si apre la valvola di scarico a destra da dove vengono spinti fuori tutti i gas ed i residui della combustione precedente. Vi è prima un abbassamento di pressione a volume costante (una brevissima isocora) e quindi una isobara a pressione atmosferica (E --> B --> A). Quando poi il pistone è ritornato su in cima, inizia di nuovo a scendere ma con la valvola di scarico chiusa e quella di aspirazione aperta. Ciò ci riporta al 1° tempo. In definitiva il ciclo risulta costituito da due isocore e da due adiabatiche (trascuriamo le isobare di immissione della miscela e di espulsione dei gas combusti), proprio come quello di Stirling.
Negli ordinari motori a scoppio vi sono quattro cilindri, sfasati nei movimenti dei pistoni di 90°, al fine di avere sempre in azione un tempo attivo (ma anche per avere due pistoni in discesa mentre due sono in salita, al fine di ridurre al minimo le vibrazioni del motore. L'avviamento del ciclo avviene con interventi esterni: nei primi tempi con una manovella, da moltissimi anni con un generatore elettrico collegato con la chiave di avviamento.
Naturalmente anche qui vi sono le due sorgenti. Quella calda è alla temperatura della benzina incendiata dentro il motore (si arriva a circa 400 °C) e quella fredda è alla temperatura dell'ambiente nel quale il motore scarica il suo calore sia mediante il radiatore (circolazione d'acqua intorno al motore per sottrarre più rapidamente il calore che non con la sola aria) che mediante i gas di scarico.
I vantaggi di tale motore sono essenzialmente legati al piccolo peso confrontato con la potenza fornita. La cosa lo rende versatile praticamente per tutto. Innanzitutto ha risolto il problema della navigazione aerea, impensabile con motori a vapore o diesel (vedi oltre). Quindi quello delle piccole macchine utensili: falciatrici, seghe, generatori elettrici, ... La parte negativa è il rendimento: si parte da circa il 35% con motore nuovo e presto si arriva al 10%.
CICLO DIESEL
Vediamo il funzionamento di un moderno motore Diesel. La struttura è del tipo del motore a scoppio con due sostanziali differenze: non c'è la candela che provoca la scintilla in quanto il carburante viene iniettato in aria surriscaldata per sola compressione e conseguentemente esplode; a seguito di ciò, dovendo lavorare con elevate pressioni, i cilindri sono più massicci. Riporto allora solo il grafico del ciclo Diesel (Fig. 33), discutendo in breve le singole trasformazioni con riferimento al ciclo
Figura 33
Otto. Nella prima fase il cilindro aspira dell'aria dall'ambiente esterno in modo isobaro eseguendo la trasformazione 5 --> 1 (solo aria, contrariamente al motore a scoppio, dove viene aspirata una miscela di aria e benzina). E' utile osservare che ancora oggi in molti diesel prima di accendere il motore occorre preriscaldare l'aria che è dentro i cilindri: questo è il motivo per cui occorre attendere un poco prima di avviare il motore. Quest'aria viene compressa adiabaticamente fino ad innalzare la sua temperatura per sola compressione ( 1 --> 2) al punto che l'iniezione di un carburante provochi la combustione che è per brevissimo tempo una isobara (2 --> 3). In questa fase viene fornito del calore alla macchina. Da qui tutto procede come nel motore a ciclo Otto: il fluido fa espandere il pistone adiabaticamente con violenza (fase attiva: 3 --> 4), il pistone ritorna su e scarica all'esterno calore (i gas combusti) e si ricomincia (4 --> 1 --> 5).
Tale motore ha un rendimento maggiore (può arrivare al 40%) di quello a benzina e consuma un carburante con caratteristiche di maggiore economicità. E' un motore molto affidabile che può mantenere per molto tempo un numero di giri costante (contrariamente al motore a scoppio che deve far variare continuamente il numero di giri, per un miglior funzionamento). E' particolarmente indicato ed addirittura insostituibile per muovere treni, navi ed ogni grande trasporto. I generatori di corrente che devono fornire molta potenza sono sempre motori Diesel.