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Questo è il testo dell'intervento pubblicato negli atti del convegno organizzato dall'associazione Klaren in data 06/05/2007:

Primaepoi. L'inquieta e straordinaria energia prodotta dal trauma può diventare una marcia in più nella vita?

Irrompe il trauma ; La mia esperienza ; Il volontariato ; Le aspettative ; Convegni "primaepoi" ; Questionario dopotrauma ; Conclusioni

Cosa succede quando la vita di una persona viene sconvolta da un trauma profondo?

Il percorso di vita subisce una battuta d'arresto ed inizia la ricerca di nuovi equilibri. Alcuni chineranno il capo e non riprenderanno più il cammino, perchè si spegnerà in loro la voglia di vivere. Altri invece interromperanno momentaneamente il cammino, alzeranno la testa, si guarderanno intorno e vedranno tante strade a cui prima non avevano prestato attenzione. Vicino a loro scorgeranno Via dell'Incredulità, Via della Compassione, Via del Dolore, Via della Rabbia, Via della Disperazione, Via della Paura, Via dei Perchè, Via dello Spirito, Via dell'Indifferenza, Via delle Umiliazioni, Via degli Sciacalli ed altri vicoli, spesso senza via d'uscita. In lontananza e più difficile da raggiungere c'è l'imbocco di Via dell'Accettazione, che porta ad una rotatoria da cui si diramano diverse strade che vanno ben più lontano di quella da cui si sta osservando. La meta è raggiungibile solo con le proprie gambe e con il proprio senso di orientamento, perchè non esistono mezzi di trasporto nè navigatori satellitari in grado di indicare il percorso. Alcuni tratti di strada possono diventare improvvisamente inaccessibili, perciò bisogna imparare ad affrontare difficoltà ed imprevisti. Lungo il tragitto ci sono persone che dispensano consigli ed altre con le quali è possibile condividere un tratto di strada , ma non tutte sono disinteressate.

Mi chiamo Giuseppe Raduano. Il mio percorso di vita ha subito una brusca deviazione il 28/12/1994, in seguito ad un forte trauma. Presiedo la Onlus PU.RI. (Punto Riferimento familiari vittime) di San Mauro Pascoli (FC), che è un'associazione costituitasi nell'Agosto 1998 per volontà di un gruppo di genitori rimasti orfani di un figlio. La base associativa si è successivamente ampliata con l'inserimento di numerosi ragazzi e di altre persone desiderose di fare qualche cosa di concreto per fermare la vergognosa strage che si consuma quotidianamente sulle nostre strade. Subito dopo il trauma, spesso anticipato da inequivocabili premonizioni, si manifestano due spinte di segno opposto nell'indirizzo di vita. Da una parte si sente il bisogno d'isolamento dal mondo esterno e dall'altra si sente il desiderio di partecipare a forme di aggregazione con altre persone, in particolare con quelle che hanno sperimentato analoghe esperienze. La onlus PU.RI rappresenta una di queste forme di aggregazione e collabora a sua volta con altri sodalizi aventi finalità analoghe od affini.

La presenza di organismi in grado di porsi come punto di riferimento verso le persone che hanno provato esperienze traumatiche è importantissima, sia nella fase di elaborazione del trauma che nella più impegnativa fase di convogliamento delle energie che ne scaturiscono.

I valori a cui fa riferimento il mondo del volontariato sono nobili e disinteressati, ma talvolta in loro nome si mettono in atto comportamenti poco condivisibili. Anche se non lo si vuole ammettere, nel mondo del no profit è molto diffuso il fenomeno del cannibalismo, perchè tra le singole associazioni, anche se similari, esiste un forte ed ottuso spirito di competizione. Molti sodalizi sacrificano la propria dignità e la propria autonomia decisionale, pur di accaparrarsi i fondi elargiti da istituzioni pubbliche e private, alle quali, in cambio del finanziamento, vengono riconosciuti poteri di controllo e di indirizzo più o meno accentuati. In questi casi a farne le spese sono le associazioni più autentiche, motivate ed indipendenti, che risulteranno discriminate rispetto alle altre, poichè ritenute poco "affidabili". Come se ciò non bastasse, queste associazioni dovranno anche confrontarsi con quegli organismi no profit, più grandi e meglio organizzati, che rappresentano l'emanazione di potenti poteri politici ed economici. Ne sono un esempio quelle fondazioni legate a doppio filo con istituti finanziari, grandi industrie o istituzioni pubbliche. Purtroppo in Italia l'emarginazione, il cannibalismo e la discriminazione determinano un alto tasso di mortalità tra le associazioni di volontariato, soprattutto tra quelle più giovani ed indipendenti, soffocate nei loro entusiasmi e nella loro carica vitale.

L'esperienza traumatica insegna che non bisogna dare nulla per scontato, neppure i più comuni modi di pensare. Perciò non è vero che in Italia esiste pari dignità e considerazione nei confronti delle attività di volontariato promosse da persone autenticamente motivate o dal mondo giovanile e non è neppure vero che la società agevola il reinserimento sociale delle persone che subiscono un grave trauma. A mio parere è vero l'esatto contrario, perchè quando le persone traumatizzate non corrispondono alle aspettative della gente con comportamenti remissivi tipici del loro stato, vengono immediatamente emarginate. Infatti la loro diversa scala dei valori, la loro imprevedibilità, la loro determinazione, il loro diverso modo di pensare e la loro inquieta energia mettono a disagio le persone "normali".

Per non subire questa assurda emarginazione, andando incontro a delusioni ed infelicità, bisogna imparare a non avere grandi aspettative ed a governare la propria turbolenta energia, nella consapevolezza che si dispone di una marcia in più e non in meno. In questo modo si diventa meno vulnerabili alle frustrazioni che provocano le aspettative andate deluse e si apprezzano di più gli aiuti esterni, perchè inaspettati.

Il titolo che ho assegnato a questo intervento richiama la serie di convegni "primaepoi", che l'associazione PU.RI ha organizzato in provincia di Rimini tra il 1999 ed il 2003. La denominazione "primaepoi" stava a significare il nesso di continuità che unisce il "prima" ed il "poi" di ogni trauma (rappresentato dalle "e" di congiunzione tra le due parole). I lavori venivano quasi sempre aperti da una lezione di educazione stradale tenuta da ragazzi disabili, genitori ed amici di vittime della strada. Nell'ultimo convegno "primaepoi" la lezione di educazione stradale fu seguita da più di 600 studenti ed è stata probabilmente la più importante manifestazione di questo genere svoltasi in Italia. L'ultima parte del convegno veniva invece dedicata al dopo trauma, spaziando dalle terapie di guarigione non convenzionali (su questo tema voglio dedicare un pensiero al compianto amico Pino Gengaroli) all'aldilà, dalle aspettative di giustizia andate deluse nelle aule dei tribunali alle attività di volontariato messe in campo per la prevenzione o per il sostegno delle vittime, dal dibattito pubblico con i rappresentanti istituzionali alle cene di solidarietà. Gli argomenti erano oggetto di approfondimento mettendo a confronto diversi punti di vista, poichè erano invitati relatori che spesso esprimevano pareri diametralmente opposti.

I convegni "primaepoi" rappresentavano comunque una manifestazione "scomoda" e per questo motivo non hanno mai raccolto sostegno o patrocinio da parte degli enti territoriali in cui si svolgeva la manifestazione (Comune e Provincia di Rimini). Anche la maggior parte degli organi d'informazione locale snobbava l'iniziativa, cosicchè declinavano gli inviti di partecipazione alle lezioni di educazione stradale (seguite da numerose scuole e centinaia di studenti) o i dibattiti pubblici che analizzavano le responsabilità riconducibili a specifiche tragedie stradali. Quando nell'ultimo convegno "primaepoi" è stato promosso un apposito dibattito su un incidente stradale verificatosi a Villamarina di Cesenatico nel quale persero la vita quattro ragazzi, erano presenti i familiari delle vittime, molti giovani amici, rappresentanti di associazioni di volontariato impegnate sul fronte della sicurezza stradale, responsabili dell'ANAS ed altre poche persone interessate. Nonostante l'invito di partecipazione, non era presente alcun organo d'informazione, nè il Sindaco di Cesenatico. Quest'ultimo aveva assicurato la propria partecipazione, ma ha disertato l'incontro senza alcun preavviso.

I convegni "primaepoi" rappresentavano delle manifestazioni atipiche, poichè raccoglievano in un unico contenitore argomenti molto diversi, anche se legati da un unico filo conduttore. In questi casi è molto difficile contare su una grande partecipazione di pubblico, poichè il convegnista tipo è interessato ad un solo argomento, disinteressandosi di tutti gli altri, anche se riguardanti la propria incolumità e quella dei propri familiari. Chi ad esempio è interessato al tema della vita oltre la vita, sceglie manifestazioni nelle quali si parla unicamente di quell'argomento.

Per concludere questo mio intervento, riporto un estratto degli esiti di un sondaggio condotto alcuni anni fa dalla FEVR (Federazione Europea Vittime della Strada). E' anche un motivo per ricordare il suo compianto presidente Prof. Marcel Haegi, che ha più volte partecipato ai lavori del convegno "primaepoi". Invito a leggere i dati con molta attenzione, assumendoli come spunti di riflessione.

"Il questionario è stato distribuito da sedici organizzazioni Europee a circa 10.000 famiglie che hanno sofferto l'esperienza traumatica di un grave incidente.

Metodologia

E' stato utilizzato un questionario anonimo composto da 56 domande, suddivise in otto settori. Tuttavia, poiché ogni caso è unico, e una formulazione preventiva troppo rigida avrebbe potuto trascurare questioni importanti, è stata aggiunta ad ogni sezione una richiesta aperta di considerazioni e commenti.

Risultati

Delle 1364 risposte fornite, il 59% proviene da parenti di morti per incidenti stradali, il 41% da parenti di vittime rese invalide o dagli stessi invalidi. Il margine di errore è +/- 5%. Nella presentazione dei dati la distinzione tra i due tipi di vittime sarà fatta quando si renderà necessaria.

Una larga maggioranza - il 91% delle famiglie dei morti, e il 78% di quelle degli invalidi - lamenta di non essere stata sufficientemente informata sui propri diritti.

Nonostante i giovani siano le vittime più frequenti di incidenti stradali, solo il 10% delle famiglie è stato contattato per la donazione di organi, a dispetto della scarsità di donatori così spesso pubblicizzata. La maggiore insoddisfazione viene espressa nei confronti dei processi penali: l'89% delle famiglie dei morti e il 68% di quelle degli invalidi ritengono di non aver ottenuto giustizia. Inoltre, quasi il 70% non ha sentito il proprio caso trattato in maniera appropriata, seria, rispettosa. Emerge una diffusa insoddisfazione nei confronti delle compagnie di assicurazione. Circa l'80% delle famiglie non è soddisfatto né dei propri rapporti con le assicurazioni, né del risarcimento da loro offerto. Una schiacciante maggioranza ( il 95%) desidererebbe un avvocato di parte civile a rappresentare le vittime e le loro famiglie immediatamente dopo l'incidente.

Le vittime soffrono poi di questi sintomi: problemi di sonno -49%; cefalee - 55%; incubi notturni -41%; problemi generali di salute - 58%. Non si nota un calo significativo dopo tre anni, indice di una sofferenza psicologica di lunga durata, se non permanente. Una larga percentuale dei parenti delle vittime, morte e disabili, così come gli stessi disabili, soffre di disordini psicologici. La situazione peggiore è quella dei parenti dei morti. Nei primi tre anni, il 72% ha perso interesse per le attività quotidiane, come l'attività professionale, il lavoro di casa, la cucina o gli studi; il 70% lamenta perdita nelle capacità di guida, il 49% perdita di fiducia in se stesso, il 46% ha attacchi d'ansia, il 37% ha sperimentato propositi suicidi, il 64% soffre di depressione, il 27% di fobie, il 35% di disordini alimentari, il 78% prova rabbia e il 71% risentimento. Dopo tre anni, queste manifestazioni decrescono in media solo del 10%. In particolare il pensiero del suicidio cala solo dal 37% al 26%, lasciando una grande percentuale di soggetti in angoscia estrema. Con l'eccezione dell'aspirazione al suicidio, i parenti degli invalidi presentano un quadro simile a quello dei parenti dei morti. Circa il 50% dei parenti delle vittime, e le vittime stesse, dichiara di aver consumato per lunghi periodi maggiori quantità di sostanze psicotrope (tranquillanti, sonniferi, tabacco, alcool, droghe) rispetto a prima dell'incidente. Dopo la tragedia il 49% delle famiglie dei morti, il 47% di quelle dei disabili è stata soggetta a profondi mutamenti familiari. Far progetti per il futuro sembra impossibile al 68% dei parenti dei morti durante i primi tre anni. Dopo questo periodo, il 59% resta nello stesso stato. Per i parenti dei disabili le prospettive sono lievemente migliori. Come in altri casi, i disabili stessi sono meno pessimisti. La capacità di godere la vita come prima dell'incidente scompare tragicamente per il 91% dei parenti dei morti per i primi tre anni. Dopo, la perdita persiste per lunghi periodi per l'84% di loro. Per molti, sarà permanente. Le prospettive per i primi tre anni non sono così tristi per i parenti dei disabili al 68%, per i disabili stessi al 69%. Talvolta dopo questo periodo non c'è cambiamento per i parenti, ma c'è un 15% di guarigione per gli stessi disabili.

Circa il 60% dei parenti dei morti, l'8O% dei parenti dei disabili e il 70% dei disabili che hanno cambiato occupazione, l'hanno fatto perché costretti dalle circostanze. Tra coloro che hanno perduto il lavoro il 65%, 33% e 33% rispettivamente l'hanno fatto per ragioni psicologiche; gli altri, per ragioni fisiche".

COMMENTO CONCLUSIVO: La sofferenza evidenziata dalla ricerca promossa dalle FEVR mostra una proporzione sempre crescente nelle nostre società di vite devastate a causa della violenza sulle strade e di altri tipi di trauma. Ciò che difficilmente si riconosce da chi di dovere, incluso il sistema giudiziario, è che quanti sono privati di una persona cara o resi invalidi da un trauma sono spesso colpiti in modo permanente. Troppo spesso ci si dimentica che dietro questi numeri freddi ed asettici ci sono singole sofferenze reali.

L'inquieta e straordinaria energia prodotta dal trauma può diventare una marcia in più nella vita? La mia risposta è sì.

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