Glenn Gould è il simbolo di tutte le insicurezze dei giovani pianisti: timido, soggetto a panico da palcoscenico, non ha mai partecipato ad un concorso. Nel 1964 decide di smettere di suonare in pubblico dopo 14 anni di esibizioni rare e, per lui, faticosissime. Ha sempre fatto uso di medicine, in prevalenza sedativi e barbiturici. Il contatto con il pubblico lo disturba al punto da inventarsi lo studio di registrazione nell'auditorio di
Eaton's, un grande magazzino di Toronto. Lavora di notte, quando nessuno lo può disturbare, in quel piccolo auditorio in cui lo spazio basta appena per lui e gli unici quattro collaboratori che costituiscono il suo team.
Difficilmente concede interviste, e uno dei suoi ricordi più belli è una tracheite che gli ha permesso di annullare un'intera stagione di concerti e di ritirarsi nella perfetta solitudine di una casa in montagna. Nel suo libro "Le ali del turbine intelligente" dà una giustificazione a questo suo rifiuto verso il pubblico, sostenendo che:"(...) all'artista si debba concedere, per il bene suo e del pubblico, il beneficio dell'anonimato. Occorre consentirgli di operare in segreto, senza che debba preoccuparsi, o rendersi conto, delle presunte esigenze di mercato che, se accolte con sufficiente indifferenza da un sufficiente numero di artisti, finirebbero semplicemente con lo scomparire. E a questo punto l'artista si libererebbe dal suo malinteso senso di responsabilità "pubblica", mentre il suo "pubblico" si affrancherebbe della propria
soggezione servile".
Ascoltare un brano suonato da Glenn Gould può essere sorprendente: di colpo puoi sentire qualcuno che, sedotto dalle note, comincia a seguirle, con la voce. Capirete presto che non è un vostro familiare ad essere trascinato in una leggera cantilena, ma che è lo stesso Glenn Gould trasportato dalla musica. Allora ti siedi, ascolti le note e insieme quella voce, e ti sembra quasi di
vederlo, seduto al suo pianoforte, le mani che volteggiano con eleganza, il busto che dondola lentamente, come seguendo un vortice, gli occhi persi in qualcosa che trascende la fatica di non commettere errori. Lo immagini immerso in un sogno e, se sei abbastanza bravo, la senti anche tu, quella musica che scorre.
Deve essere questo che rende le sue interpretazioni così uniche, ciò che lui chiama "Dare solo giudizi etici, sospendendo quelli estetici". Gould non suona un brano in modo da renderlo il più bello possibile, lo suona come deve essere suonato, e l'impressione che dà è che sia riuscito ad entrare nella mente del compositore e a tirarne fuori ciò che egli stesso voleva comunicare.
Le sue incisioni sono frutto di un lungo, quasi noioso, lavoro. Ascolta ciò che ha suonato e risuona i passaggi viziati anche dal più piccolo errore, poi li inserisce, riascolta, corregge ancora. Il risultato rasenta la perfezione. Il miglior risultato (nel senso della velocità) sono 50 minuti di materiale definitivo su 18 ore di registrazione. Prendiamo le Suites Inglesi di
J.S.Bach, nemmeno la più lieve presenza del pedale disturba l'equilibrio perfetto dei colori e l'armonia dei legati, niente disturba l'interpretazione squisitamente ed inevitabilmente barocca; perfino la Sarabanda, pur non perdendo niente della sua malinconica atmosfera, non cade in rallentamenti sdolcinati o in languidi diminuendo.
E' come se Bach ci parlasse direttamente dalle mani di Glenn Gould ed egli ne fosse consapevole; è un tramite, e non ha la presunzione di essere nient'altro.
La sua esecuzione delle Suites Inglesi rasenta la perfezione e probabilmente se Bach stesso fosse stato vivo
sarebbe ancora migliore. Ma se è vero che, come sosteneva von
Karajan, suonare Bach è già rovinare la sua perfezione, Glenn Gould è comunque colui che più gli si avvicina, come ideale di una musica in cui sono rappresentati non sentimenti ed emozioni, ma solo il dialogo tra la musica e se stessa.
Glenn Gould muore a cinquant'anni per un colpo apoplettico, probabilmente a causa della quantità impressionante di medicinali che ingeriva.
Un giorno parte una missione spaziale dagli Stati Uniti: niente uomini sulla Luna o raccolta di rocce su Marte, ma solo una navicella, diretta verso il nulla, carica di oggetti, informazioni sull'umanità. Sperando che qualcuno un giorno raccolga quel rottame, lo apra e capisca che esistiamo. Come un messaggio in una bottiglia.
Tra le tante cose lassù volevano mandarci anche della musica. Hanno scelto la registrazione di un Preludio di
Bach, una cosa piccola, di due pagine, che si suona dopo un anno di lezioni. Come se tra mille capolavori di Michelangelo
mandassi in cielo una figura geometrica piana. Scelta strana quel Preludio, non fosse che è suonato da Glenn
Gould. Come dire un cerchio, un semplice cerchio perfetto, disegnato a mano da Giotto.