Festival di Berlino 2002: un film e un cartone animato si sono divisi la vittoria finale ex-aequo. Ma la notizia che ha davvero tenuto banco alla chiusura del festival tedesco è stata diramata da Geraldine Chaplin, figlia del ben più illustre Charles Spencer Chaplin, che i francesi hanno consegnato al mito col nomignolo di Charlot. Più che un nome d'arte, un'arte stessa, un timbro di qualità suprema che travalica la definizione di genio. La notizia riguarda il ritorno sui grandi schermi di uno dei miracoli su pellicola del grande regista inglese: "Il Grande Dittatore". Capolavoro assoluto di film transgenere [la commedia comica si unisce indissolubilmente al dramma] che narra di un timido barbiere ebreo tedesco che, tornando dalla guerra con un'amnesia, non si accorge di avere una impressionante e pericolosa [ma dai risultati spassosi] somiglianza con il dittatore nazista, qui chiamato Adenoid Hynkel.
I due personaggi hanno il viso e i baffetti di Chaplin, in una continua alternanza tra buono e cattivo, tra Jeckyll e Hyde. L'unica speranza in un mondo che non conosce l'umanità e il rispetto per la vita, ma anzi cerca ogni via per distruggerla, è l'amore per una ragazza povera e combattiva di nome Hannah [Paulette Goddard, attrice anche in "Tempi Moderni" e all'epoca terza moglie di Chaplin]. Attori che si rubano la scena ad ogni dialogo, sguardo, azione. Chaplin, geloso della bravura istrionica dell'attore Jack Oackie, che interpretava il dittatore italiano Benzino Napaloni, tagliò dal montaggio finale molte scene con il corpulento attore, che riuscì comunque ad ottenere una nomination all'Oscar come attore non protagonista. Chaplin ottenne le nomination per miglior film, attore protagonista e sceneggiatura originale, ma l'America conservatrice e filonazista nel cuore e negli affari non suggellò il suo genio. Si è visto anni dopo anche con un altro illustre bistrattato di Hollywood, Stanley Kubrick. La lavorazione del "Grande Dittatore" ebbe luogo nell'arco di un anno, tempo medio per un perfezionista assoluto come Chaplin, che supervisionava ogni dettaglio, dai costumi alle scenografie, alle musiche, che lui stesso aveva composto con Meredith Willson.
La celeberrima scena della danza con il mappamondo [sulle note del preludio del Lohengrin], fu girata in tre giorni, ma dopo aggiustamenti vari e ripensamenti fu terminata due mesi dopo. Girato in piena epoca nazista, il film uscì per la prima volta nell'ottobre del 1940 a New York. Roberto Benigni nel suo "La vita è bella" ha citato ampiamente il film di Chaplin: il numero cucito sulla casacca carceraria del cameriere Dante è lo stesso portato dal barbiere ebreo. Per "Il Grande Dittatore" Chaplin fu sempre più accusato di comunismo, preso di mira dall'allora capo della Cia, Edgard Hoover, che riuscì a farlo espellere dagli Usa qualche anno dopo. Chaplin si autodefiniva un anarchico: amava l'umanità e credeva in una giustizia terrena, laica. Ne è prova il discorso finale ai soldati nel film, in cui, leggendo la sceneggiatura, "il clown lascia spazio al profeta": lasciate le vostre armi e amate invece di odiare. Una buona occasione per le nuove generazioni di poter ridere, piangere, indignarsi e riflettere. Un documento da annettere ai più "seri ed accademici" documenti della memoria dell'Olocausto e delle violenze nazi-fasciste.
Karlo Dutto
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