La distruzione come causa della nascita


Sabina Spielrein fu allieva di Jung e Freud. Scomparve in Russia nel 1934.
In "Al di là del principio del picere" Freud, riferendosi alla sua ipotesi dell'istinto di morte, ne riconosce la priorità alla Spielrein: " Una parte notevole di queste speculazioni è stata anticipata da Sabina Spielrein, in un lavoro ricco di contenuto e di idee che pur troppo non mi è del tutto chiaro". (Boringhieri 1975, p.88)


 

Nell'occuparmi di argomenti sessuali un problema mi ha particolarmente interessato: perché l'istinto alla riproduzione, questo istinto potentissimo, insieme alle prevedibili sensazioni positive ne contiene di negative come la paura e la nausea, che devono essere eliminate affinché si possa raggiungere una sua positiva realizzazione? Naturalmente l'atteggiamento negativo dell'individuo nei confronti dell'attività sessuale è particolarmente palese nei nevrotici. A quanto mi risulta alcuni studiosi hanno cercato una spiegazione che tende a porre limiti all'istinto e insegna ad ogni bambino a considerare la realizzazione del desiderio sessuale come qualcosa di cattivo e proibito. Alcuni hanno notato la frequenza delle rappresentazioni di morte collegate con desideri sessuali, tuttavia questi autori considerano la morte come un simbolo del problema morale (Stekel). Gross deduce la sensazione di nausea per i prodotti sessuali dalla loro coesistenza spaziale con i morti escrementi. Freud ricollega la paura alla rimozione dei desideri che, se non fossero repressi avrebbero una connotazione affettiva positiva. Bleuler vede nella difesa l'elemento necessariamente negativo che è contenuto nelle rappresentazioni affettivamente positive. In Jung  (Wandlungen und Symbole der Libido- trad. it Simboli della trasformazione) ho trovato questo passo: " Il desiderio appassionato, cioè la libido ha due aspetti: essa é la forza che tutto abbellisce ma all'occasione tutto distrugge. Spesso si ha l'impressione di non riuscire a comprendere realmente in che cosa potrebbe consistere la caratteristica distruttiva della forza creatrice. Una donna che si abbandona alla passione, almeno nella odierna situazione culturale, sperimenta solo troppo presto l'aspetto distruttivo. Occorre immaginarsi di essere un po' al di fuori dei costumi borghesi per capire la sensazione di enorme insicurezza che sorprende l'uomo che si affida incondizionatamente al destino. Essere fecondi significa distruggersi, perché col nascere della successiva generazione quella precedente ha superato la sua acme: così i nostri discendenti diventano i nostri nemici più pericolosi contro cui non potremo mai spuntarla perché essi sopraviveranno e prenderanno il potere dalle nostre mani ormai prive di forza. La paura del destino erotico é assai comprensibile, perché ad esso é connesso qualcosa d'imprevedibile; sempre il destino nasconde ignoti pericoli, e la continua esitazione del nevrotico ad affrontare la vita si spiega con il desiderio di starsene da parte per non entrare in lizza con gli altri nella pericolosa lotta per la vita. Chi rinuncia all'avventura di vivere deve soffocare in se stesso il desiderio che lo spinge a questo, deve cioé mettere in atto una specie di suicidio. Con ciò si possono spiegare le fantasie di morte che spesso accompagnano la rinuncia al desiderio sessuale." Volutamente cito per esteso le parole di Jung perché la sua osservazione corrisponde perfettamente ai risultati da me raggiunti; egli infatti accenna ad un ignoto pericolo che è contenuto nell'attività erotica; inoltre per me é assai importante che anche un individuo di sesso maschile sia cosciente di un pericolo non solo sociale. Jung non pone le rappresentazioni di morte in accordo, bensì in contrasto con quelle sessuali. Nella mia esperienza con ragazze posso dire che normalmente é la sensazione di paura quella che emerge in primo piano fra i sentimenti di rimozione quando per la prima volta si prospetta la possibilità di realizzare un desiderio, e in effetti si tratta di una forma molto specifica di paura: si avverte il nemico in se stessi, ed é il nostro stesso ardore amoroso che ci costringe con ferrea necessità a fare qualcosa che non vogliamo; si avverte la fine, la caducità da cui invano vorremmo fuggire verso ignote lontananze.