Psicoanalisi: una genealogia immaginaria

Cominciare da Freud

L'opera letteraria di Sigmund Freud: saggi epistolari, lezioni,costituiscono una sorta di autoanalisi attraverso il mito, la storia, la cultura dell'intera umanità.
Inoltrandosi nella lettura delle sue opere, sembra di avere di fronte uno scrittore storico ed un letterato che cerca di indossare l'abito dello scienziato, e forse proprio questa sorta di perenne ambiguità che serpeggia nei suoi scritti ne costituisce la sua grandezza come scrittore.
Lo studio su Mosè ne è un esempio ed esso mette in rilievo il nucleo significativo del mito di Edipo che ha percorso gli aspetti centrali del suo lavoro e della sua teoria.
Un mito che ci parla delle profonde identificazioni riguardanti la sua attività psicoanalitica e la sua persona.
Di chi parla Freud riferendosi a Mosè? Di Mosè e di se stesso. Nel mito di Edipo aveva parlato di sè come figlio, in Mosè parla di sè come padre e in essi ci parla della sostanza dell'esperienza psicoanalitica che ha coinvolto la sua intera esistenza.
Un essere padre e contemporaneamente un essere figlio che riguardano i due poli di una relazione privilegiata.
Freud è già un uomo anziano quando scrive attorno alla persona di Mosè, si sente vicino a questa figuara di patriarca radicandosi nella sua tradizione culturale.
Forse ci vuole rivelare che nonostante lui si consideri un laico (un egiziano) come il suo antenato patriarca è portatoredi un'alleanza con i suoi figli psicoanalitici, che fa dei suoi figli dei privilegiati, degli eletti.
E come Mosè aveva trovato i suoi figli tra il popolo Ebreo così pure lui straniero nella Vienna del secolo scorso trova i suoi figli pazienti e futuri analisti fra coloro che cercavano una patria per la propria anima e un'identità nuova.
Sembra che la psicoanalisi metta in evidenza quelle antinomie psicologiche di cui il popolo ebraico è stato storicamente portatore:
eletto e perseguitato, superiore e inferiore, privilegiato e rifiutato.
Ed essa sembra innescare per il suo fondatore quell'alchemico processo interiore che trasforma la materia grezza in oro.
Ma a quali condizioni? A patto che si realizzi un costante transfert simbolico sulla psicoanalisi come metodo e come scienza.
Dove con il termine scienza intendo la disciplina che aveva maggior credito e valore nella visione epocale del mondo.
Molti tra i pazienti che frequentarono il suo studio erano stranieri a Vienna e molti allievi portarono la sua psicoanalisi negli altri paesi d'Europa e in America.
E' in questa atemporalità dell'anima che Freud e Mosè sono una persona sola.
Freud fu tenuto e/o si tenne a debita distanza dal mondo istituzionale accademico e probabilmente si sentì straniero per tutta la vita per l'estrema resistenza che il suo pensiero suscitava nella società viennese della sua epoca. La sua patria fu la psicoanalisi, la terra promessa per sè e per i suoi figli spirituali. Cos'è stata la psicoanalisi per Freud se non un continuo contatto vivente coi suoi
antenati e coi suoi miti.
Antenati e miti che appartenevano strettamente alla sua psicologia individuale e alla realtà del suo tempo e la psicoanalisi rimane viva quando aiuta ad entrare in rapporto con i propri antenati spirituali, un archeologia applicata a nuove epoche e a persone diverse. Freud non ha scoperto il transfert, lo ha solo rinominato con l'aiuto
del suo poderoso impianto teorico. Ha rinominato processi psicologici che sono sempre esistiti e a cui le mitologie umane alludono metaforicamente.
La psicoanalisi ha messo vino vecchio in botti nuove, come ha evidenziato Bion, passando attraverso una storica catastrofe, e con questo termine può ben intendersi il periodo storico e politico che ha partorito lo sterminio di massa degli ebrei, un'anamorfosi, una forma nuova per una nuova società.
E mi sembra più che mai ancora attuale la domanda posta da Bion:
"La psicoanalisi ha finito la sua spinta propulsiva in questa nostra realtà?"
Dove è andato a finire il pensiero creativo?
Dove si rivolgeranno i nostri bisogni futuri, forse ad un computer o
nella rete informatica?
Infatti, si usa dire che non è il bisogno padre delle invenzioni, ma l'invenzione madre dei bisogni.

pumpmoon@libero.it