Una nuova maschera per un vecchio teatro
Il computer diventerà una grande macchina scenica capace
di creare mondi artificiali con cui l'utente interagisce "come se"
fossero reali.
Quando saranno approntate tutte le infrastrutture necessarie
alla diffusione capillare di tecnologie virtuali, multimediali, telematiche,
l'uomo potrà vivere e lavorare immerso in diversi mondi.
Il mondo fisico non sarà considerato "la realtà"
ma uno dei tanti possibili modi di essere nello spazio e nel tempo. Esso ci
apparirà con l'occhio dell'antropologo come un villaggio nella foresta
equatoriale, bello per una vacanza, ma dove non puoi fare nulla.
Osservando il fenomeno attraverso la nostra fantasia possiamo
essere o troppo entusiasti o troppo pessimisti se colti dall'ansia per le sorti
dell'individuo e della sua identità.
Quale identita? Siamo uno, nessuno e centomila ci rammenta
Pirandello e la storia conferma.
La scissione del sè e dell'esperienza interiore
agita dall'attore sul set o sul palcoscenico o quella indotta sullo spettatore
dalla televisione e dal cinema ci collocano in un'area di passaggio tra reale
ed irreale fondata su di un'antica ambiguità. Una zona intermedia, una
metafisica dell'essere dove ciascuno crea i propri oggetti e li vede muovere
nel suo mondo.
Da sempre gli individui hanno abitato diversi livelli
di realtà, basti pensare agli dei e agli eroi della mitologia, alla religione
coi suoi santi e i suoi mistici, alla magia con stregoni e sciamani, all'alchimia
e non per ultima alla scienza, che al pari del mito, non ha mai detto come le
cose sono nella realtà, ma come gli uomini di epoca in epoca le hanno
interpretate.
La psicoanalisi, coniando quel terribile termine "inconscio",
così saturo di significati da non dire più niente, si è
avvicinata all'evocazione di questi mondi che non si esauriscono mai nell'osservato
o nel detto, ma hanno una vita propria, una realtà tangibile quando si
lascia parlare l'essere con le sue molteplici identità ed immagini.
Come un attore percepisce sè stesso dalla sua maschera
e la finzione diventa autentica nel recitarla, così l'individuo immerso
in una reltà simulata, migratore fra infiniti mondi possibili scoprirà
il suo essere nella varietà delle parti e dei personaggi, fuori dalle
convenzioni che un'unica coscienza impone.
Lo scenario tecnologico che unifica attore e spettatore
nella rete virtuale apre modalità di transazione sconosciute per l'uomo,
terreno fertile per speculazioni filosofiche o ricerche psicologiche.
Se potremo agire gran parte delle nostre passioni e vivere
le nostre identità in mondi simulati "come se" fossero reali,
il reale sarà più vivibile?
Possiamo sperare che questo nuovo medium crei anche nuove
forme di comunità e possa servire per evocare ed estendere le nostre
ed altrui capacità empatiche?
Si dice che in un ambiente di realtà virtuale immersiva-interattiva
e multisensoriale l'utente possa sperimentare un'accresciuta consapevolezza.
Queste esperienze vengono assimilate a stati oniroidi vicini all'estasi o all'ebbrezza.
Mario Periola a tal proposito ha parlato di "excitement" parola a
cui si può attribuire un significato emotivo che va dall'entusiasmo all'euforia
per individuare quell'eccitazione capace di far sentire e di trasmettere il
senso del nostro mondo interno.
Rita Addison un'artista americana, dopo aver subito una
lesione cerebrale causato da un'incidente, ha realizzato nel 1993 con un'equipe
di ingegneri, una sua personale "visione" in un progetto di realtà
virtuale. Nelle sue parole, che seguono leggiamo quegli aspetti squisitamente
psicologici che riguardano l'approccio ad una tecnologia che non sempre è
fatta solo di numeri.
"Dal giorno dell'incidente mi sento triste e persa.
Tutti i luoghi che trovo nel mio cervello non mi piacciono,
e non so cosa fare ogni volta che mi trovo lì.
Devo trovare la mia via che mi riconduca alla mia mente.
In questo momento, è come se vi fosse un buco nero.
Nessuno può capire come tutta la mia vita sia cambiata
dopo la lesione al cervello.
Ma, forse, se io potessi raccontarla come una storia con
un
prima e un poi.......
Le persone forse potrebbero, vedere come può essere,
sentire come può essere,
provare come può essere,
forse allora potremmo sentirci meno intimoriti e isolati
da quelli con abilità diverse dalle nostre."
L'esperienza riportata è una situazione estrema,
ma la psicologia attraverso essa può estendere la comprensione del quotidiano
e comprendere meglio quel fenomeno chiamato da Perniola "excitement".
L'excitement come tutto ciò che è emotivamente
coinvolgente rimanda al suo opposto l'estraniazione del sentire, che la stessa
tecnologia ha reso sempre più evidente nel suo correre verso la saturazione
totale delle immagini.
Così dalle stesse ceneri nasce una nuova illusione
per coloro che soffrono del deserto in cui si trovano, perennemente in cerca
di un autore e di un dramma in cui abitare per sentirsi meno soli.