La rivoluzione informatica, opinioni e dubbi
Dalle ricette del medico, alle fatture del fornitore, tutto
ormai esce dalla scatola magica che ingombra le nostre scrivanie e ci obbliga
a riorganizzare il nostro modello di ordine, meno vincolati dallo spazio fisico
occupato da scaffali e librerie e molto più interessati agli archivi
del nostro disco rigido.
Ora siamo afflitti, da files-introvabili, crash di sistema
e tecnici non disponibili.
Quante volte ritorna il rimpianto di cartelle colorate
in bella mostra sugli archivi o della vecchia macchina da scrivere che abbiamo
relegato in soffitta.
Il progresso è seminato di sospiri, ma per ora
il risultato di tanta tecnologia si arresta nella topografia di lunghi files
che scorrono rumorosi nel mare di carta che ci sommerge tutti.
Come in anni ormai lontani le nostre città vedevano
circolare, in un connubio che ora ci stupisce, cavalli e automobili, ora per
trasmettere e archiviare le informazioni convivono due strategie: la carta e
i bit del computer.
I prodotti dell'informatica hanno solo marginalmente intaccato
le nostre abitudini di vita e ancora sono in massima parte assenti dalla dimensione
sociale di base che è la famiglia, non si sono ancora sufficientemente
evoluti per rispondere ad esigenze di tipo relazionale che appartengano alla
sfera del privato e sono in linea generale relegati nel luogo dell'intrattenimento
e del tempo libero.
Solo un'evoluzione dell'industria delle comunicazioni
via cavo potrà portare il computer nella lista dei beni di consumo privati
e per questo credo ci sia ancora molta atttesa. Gli investimenti delle imprese
in questo settore si sono appena delineati, ma dall'integrazione di telefonia
e informatica forse qualcosa di diverso dalle prestazioni del nostro attuale
PC verra alla luce.
La comunicazione informatizzata mette in
gioco cambiamenti strutturali negli aspetti e nella geografia delle relazioni
interpersonali di qui l'importanza di considerare un oggetto
come il computer domestico non solo in un ottica di marketing, ma secondo una
precisa strategia culturale.
La telematica può concretamente offrire la rete
e il tessuto didattico che permette a ciascun individuo, indipendentemente dal
ruolo sociale ricoperto, di trasformare ogni momento della propria vita in un
momento di apprendimento, di partecipazione e di interessamento. Come l'Agorà
dell'antica Grecia, e l'Angolo degli Oratori, in Hide Park a Londra, chiunque
ha qualcosa da dire troverà un suo palco privilegiato. Il cyberspazio
come le cassette di Hide Park sono un posto dove tutti possono insegnare qualcosa
e trasmettere proprie conoscenze, dove chi vuole imparare trova il suo interlocutore,
o chi vuole discutere un problema o render noto un progetto può creare
una discussione pubblica. Si potrebbe respirare l'aria di quella grande utopia
che é la descolarizzazione del sapere. Pensiamo all'utilizzo di programmi
di comunicazione molto evoluti che possiedano un interfaccia in grado di emulare,
con semplicità iconica, le sue maggiori funzioni. La possibilità
di poter scambiare voce-immagini e testo con la facilità del gesto telefonico
e con l'interattività che nessun audiovisivo si é mai potuto permettere.
Si fa un gran parlare di Internet , a proposito di questo
argomento, ma quest'autostrada per il cittadino italiano non tecnico e che non
ha il portafoglio gonfio è attualmente poco praticabile. Trovo invece
nella rete Fidonet italiana una realtà telematica di maggior interesse
perché molto più vicina alla locale realtà e al singolo
individuo. Questa rete che ha costruito un luogo "le conferenze" dove
tutti possono incontrarsi e scambiare il proprio pensiero,
attualmente é vincolata ad una strumentazione ancora complessa e costosa
(bollette telefoniche), non e uno strumento di massa, ma potrebbe diventarlo.
Quando? Allorché i nuovi tessitori di queste trame (speriamo numerosi)
coltivino un progetto che trae forza dalla speranza, per dirla con parole non
mie, che l'uomo timoniere, non abbia ceduto la barra alla macchina cibernetica.
Quando gli operatori di sistema avranno consapevolezza che prima di essere ingegneri,
programmatori, informatici, tecnici, commercianti, sono anche individui potenzialmente
creatori di cultura , quindi dirigendosi verso un utenza non specializzata e
verso la semplificazione delle procedure.
Quando le risorse e il sapere tecnico così vistosamente
indirizzati all'importazione massiccia dei dinosauri d'oltreoceano, non trascurassero
quegli orti di creatività locale che potrebbero essere coltivati.
E' facile pensare che lo spessore della nostra identità
e storia sia sempre più sottile, sopita la consapevolezza del valore
di apporti creativi autonomi, quotidianamente venduti al miglior offerente.
Perfino operatori dell'informazione nella stampa italiana del settore, privilegiano
la recensione di software shareware straniero adducendo come motivazione il
criterio di selezione qualitativa del prodotto.
Ma dove stanno gli italiani quando viene monopolizzata
la creatività, forse a tradurre tutti i files di documentazione dei loro
bei programmini in un accurato inglese.
In futuro milioni di bit trasferiranno le nostre immagini,
le nostre note, la nostra lingua (non credo), quali saranno le regole in base
alle quali verrà lotizzato questo grande sogno? Governerà l'etica
del prodotto-consumo perseguita ad ogni costo? Utopia e valori avranno un posto
nell'anima degli imprenditori?
La conoscenza uscirà dai corridoi delle università?
Apparteniamo ad un epoca destinata a cavalcare la tigre
dell'informazione, e ogni autore, piccolo astronauta dello spazio, posando lo
sguardo sugli altri pianeti porta nel cuore la propria terra. Quale autentica
scoperta non ha radici nel cuore?