Appunti per una psicopedagogia del computer
L'informatica costituisce un grande business per il mercato,
l'utilizzo di nuove tecnologie nel mondo del lavoro, dell'intrattenimento e
dei consumi privati è in continua espansione. La telematica e la multimedialità
stanno a poco, a poco generando una vera e propria rivoluzione culturale. La
nostra epoca muove i primi passi verso una seconda alfabetizzazione, dall'era
di Gutemberg all'era elettronica, dal libro stampato al libro digitale, il computer
si è rivelato non solo una macchina per l'elaborazione di dati, ma un
potente strumento per la comunicazione di contenuti. L'informatica
più invade la nostra dimensione quotidiana, e più genera sospetti
e preoccupazioni. Le prevenzioni verso l'utilizzo del computer sono le stesse
che hanno caratterizzato l'uso di ogni strumento tecnologico in altre epoche
della storia. Le ragioni sono da ricercarsi nell'inerzia fisiologica dei sistemi
sociali che resistono al cambiamento di strutture, metodi , cultura e dal costo
psicologico che questo comporta per ogni singolo individuo. Lo strumento di
per sè non ha una valenza etica, solo la qualità e il contenuto
di ciò che viene trasmesso può essere positivo o negativo, auspicabile
o deprecabile. Non dimentichiamo che i computers sono mezzi
utili a raggiungere diversi scopi e ogni riflessione in proposito va riferita
alle finalità perseguite dagli esseri umani , imprenditori, progettisti,
consumatori. Da sempre lo sviluppo tecnologico apre nuovi mondi, possiamo trovare
facile ed interessante il computer solo se ci avviciniamo ad esso con la curiosità
che mostrano i bambini in presenza di un nuovo gioco e non certo con l'uso schematico
e ripetitivo di molte mansioni lavorative. I ragazzini, se non ci sono resistenze
economiche o famigliari sono i primi utilizzatori che trovano in questo oggetto
molteplici fonti d'interesse. Abitualmente la parola computer, come tutto ciò
che è elettronico, si associa ad immagini disumanizzanti e di perdita
di contenuti umani nei rapporti sociali.
Si ipotizza che le persone possano subire il loro fascino al punto da privilegiare
l'interazione con le macchine, che non pongono alcune richieste, piuttosto che
la relazione con altri esseri umani.
Da un punto di vista prettamente psicologico, se un individuo accetta , che
la relazione con un artefatto, sostituisca i vantaggi di una interazione sociale
reale, il problema è da ricercare nella qualità delle relazioni
sociali che egli si trova a vivere e nel tipo di bisogni che carratterizzano
la sua personalità soggettiva. In altre parole potremo dire che le strategie
individuali e i sistemi di difesa adottati dalle persone per proteggersi dall'ansia
e da danni psicologici, utilizzano la tecnologia non meno di quanto venga utilizzata
la religione, la medicina e l'arte e questo costituisce il patrimonio umano
e culturale della nostra storia indipendentemente dal fatto che le esperienze
siano giuste o sbagliate e le teorie vere o false.Tutta la cultura positivista
in chiave antropologica, nasce dall'esigenza storica dell'umanità di
gestire, senza coinvolgimento emotivo, l'imponderabile, incomprensibile esperienza
della vita, del dolore e della morte. In questo senso la tecnologia è
profondamente umana e di meccanicistico possiede solo ciò che l'uomo
è motivato a cercare.
Nella realtà giovanile l'uso del computer facilita le relazioni sociali
con i coetanei finalizzate allo scambio di materiali e di informazioni, e non
serve solo per usare i programmi già fatti , ma come mezzo per esprimersi
e creare qualcosa costruendone di propri. Per molti ragazzi l'acquisizione di
strumenti e conoscenze tecnologiche è una piattaforma su cui misurare
e confrontare le proprie capacita di risolvere problemi, e quindi uno strumento
positivo di realizzazione personale.
La diffusione della telematica amatoriale costituiisce con le sue regole, i
suoi rituali, le sue botteghe (BBS) un tessuto di integrazione sociale, a presindere
dal tipo di uso che ne viene fatto e dalla qualità della comunicazione.
Credo sia compito dei genitori e degli insegnanti cogliere lo spirito del proprio
tempo, seguire i giovani sul terreno fertile delle loro nuove esperienze e acquisizioni,
non mettendo in evidenza gli aspetti negativi e le ombre che popolano ogni attività
umana, ma valorizzandone gli aspetti positivi ed evolutivi portando il proprio
bagaglio di umanità anche nel cyberspazio e nel cybertempo, dove abita
il presente di molti ragazzi.
L'educatore convinto della validità didattico-culturale del computer
e delle sue possibilità formative deve offrire maggiori strumenti di
selezione ed orientamento sul software in circolazione togliendo questa funzione
all'esclusivo monopolio della speculazione commerciale e pubblicitaria.
Probabilmente nel futuro della scuola e dell'università nascerà
una maggiore integrazione fra le discipline cosìdette scientifiche e
quelle umanistiche, solo così il tecnico e l'informatico avranno la visione
globale e la flessibilità necessaria per trasmettere insieme alla capacità
di programmare un computer anche valori e contenuti culturalmente significativi.
A tal proposito vorrei concludere con una frase di Tibor Vamos, professore all'Accademia
delle scienze ungherese: " Occorre che gli studi di base includano l'epistemologia
e la sua evoluzione storica nella nostra cultura. Ciò favorisce lo sviluppo
di un'atteggiamento a vedere le cose in profondità e da differenti punti
di vista, a pensare nella misteriosa metrica del tempo, ed anche a considerare
la continuità e il cambiamento come processi tra loro paralleli. Le scienze
e le arti sono espressione, documentazione e prova di questo procedere che è
eterno, per quel che ciò possa significare per l'uomo. In sostanza, perchè
si sviluppi rapidamente un contesto di macchine intelligenti, abbiamo bisogno
di una educazione che sempre più consideri la cultura nel suo senso storico
tradizionale."