LE FOBIE

"Fobia" viene dal greco phobia. Nella lingua italiana tale termine significa "avversione morbosa contro qualcuno o qualcosa, paura istintiva, ripugnanza". Non necessariamente una fobia richiama situazioni patologiche. Si può, ad esempio, avere avversione per gli stranieri ed essere dunque xenofobi, il che potrebbe essere discutibile a livello sociale e politico, ma non certo a livello di psicopatologia, a meno che la xenofobia non diventi un'idea ossessiva che porti all'attuazione di comportamenti socialmente inaccettabili, riprovevoli o devianti. In termini psicologici una fobia è una paura interna, non giustificata cioè da una reale minaccia. La situazione tanto temuta da chi soffre di fobie non ha in sé alcun significato dannoso. Si pensi all'ascensore o alla metropolitana, al pelo del gatto o alle normali frequentazioni fra amici: tutte situazioni che riguardano la nostra quotidianità, con cui milioni e milioni di persone si confrontano senza subire danni o tormenti psicologici. Ebbene, per una minoranza di persone, che sono comunque tante, avere a che fare con oggetti o circostanze simili può essere motivo di forti reazioni ansiose. La fobia e l'ansia cessano immediatamente in assenza della situazione-stimolo, e la persona torna a comportarsi normalmente, seppure costantemente in allarme per il timore del ripresentarsi dell'oggetto della sua paura.

Fobie e pratica clinica.

Questo tipo di disturbo è fra i più frequenti della pratica clinica. La prima volta che il termine fobia apparve nella letteratura scientifica fu nel 1871, a opera di Westphal, che ne trattò descrivendo un caso di agorafobia (paura della piazza). Sono state da allora individuate circa duecento fobie, che si distinguono a seconda del tipo di oggetto o situazione temuta. L'agorafobia, la fobia sociale e il disturbo da attacchi di panico sono le forme cliniche più frequenti, mentre i soggetti interessati sono soprattutto le donne, in un rapporto di 1 a 2. Alcune fobie sono molto precoci, riguardano il periodo adolescenziale e generalmente vengono poi superate. E' il caso della fobia sociale, della fobia della scuola, della dismorfofobia (paura di non avere un aspetto normale), che compaiono tra i 15 e i 17 anni. Le altre fobie si manifestano invece intorno ai 25 anni. Le fobie più comuni riguardano oggetti, luoghi, esseri viventi e fenomeni organici di varia natura. Tra gli oggetti più temuti sono l'acqua, il fuoco e altri utensili capaci di far del male agli altri (coltelli); i luoghi oggetto di una fobia possono essere sia quelli aperti, come strade o piazze (agorafobia), sia quelli chiusi, come gli ascensori o le cantine (claustrofobia), oppure luoghi da cui si può cadere nel vuoto, come ponti o finestre (acrofobia), o viaggi in treno (siderodromofobia); molto temute sono inoltre le folle o le comitive di persone (fobia sociale), insieme ad alcuni animali, fra cui principalmente ragni, topi e serpenti (zoofobia); infine riguardare alcuni fenomeni organici, quali ad delle malattie (nosofobia) o la paura di diventare rossi (ereutofobia).

La sintomatologia fobica.
Il soggetto fobico è esasperato dalle continue sensazioni di apprensione e di tensione a livello cognitivo, e dal conseguente stato di attivazione del sistema nervoso. A livello somatico il maggiore coinvolgimento riguarda l'apparato cardiovascolare (tachicardia, palpitazioni),respiratorio (fame d'aria, tosse nervosa), gastrointestinali (nausea, vomito,dolori addominali), urogenitale (impotenza, vaginismo) locomotore (tensione muscolare, tremori). Altri disturbi riguardano il sonno (difficoltà nell'addormentarsi, incubi, sonno agitato). Le capacità di rendimento diminuiscono, vi è tendenza all'affaticamento e all'astenia, poca capacità di concentrazione e di memoria.

Fobie e ossessioni.
Freud in un articolo del 1895 parlò per primo delle affinità e delle differenze fra ossessioni e fobie e, nel 1909, in seguito al caso del suo giovane paziente Hans, che era afflitto dalla fobia per i cavalli, formulò l'ipotesi che nella fobia vi fosse anzitutto un evitamento di tipo sessuale. Nel citato articolo, Freud sosteneva che nella stessa persona fosse possibile il passaggio dalla fobia alla ossessione o la coesistenza di entrambe. Infatti se il fobico, evitando gli eventi o le situazioni che stimolano la sua fobia, si protegge contro l'angoscia e ritrova la tranquillità (anche se relativa, in quanto le circostanze temute non sono sempre evitabili), non è così per l'ossessivo, che è invece continuamente afflitto non tanto dalle situazioni esterne, ma dalle sue idee fisse, dalle sue stesse immagini mentali terrorizzanti e dalle sue strane fantasie, che non lo lasciano mai. Lo sfondo comune fra fobie e ossessioni è la limitazione, totale o parziale, della libertà di pensiero, di azione, di volontà, e per questo si parla di sintomi costrittivi, coatti. Sia il soggetto fobico che quello ossessivo sono in preda a una continua lotta contro ciò che genera in loro la paura; si arrovellano interiormente sui loro problemi e sulle possibili soluzioni a essi, il che assorbe buona parte delle loro energie. Le ossessioni più comuni riguardano pensieri di violenza, di contaminazione, di dubbio. Un'idea ossessiva può inoltre generare una compulsione, cioè un rituale specifico funzionale alla neutralizzazione dell'angoscia. Le più comuni compulsioni riguardano i comportamenti del toccare, contare, lavarsi ripetutamente. Tante persone sono preda di ossessioni-compulsioni (si pensi alla necessità di fare le corna di fronte al passaggio di un gatto nero per un soggetto cosiddetto superstizioso), ma se queste sono troppo forti e distuttive per chi le vive possono diventare causa di disadattamento e sofferenza.

Il vissuto fobico.
Chi soffre di fobie generalmente non si sente compreso dagli altri, che possono essere anche molto critici nel giudicare i suoi comportamenti bizzarri, immotivati, assurdi, ridicoli. Eppure, anche fra le persone "normali" sono spesso presenti comportamenti fobico-ossessivi, che però vengono socialmente accettali o tollerati. Si pensi al ricorso alla superstizione, al tentativo di interpretare i segni del destino, agli scongiuri eccetera. La differenza non è nella qualità del comportamento bizzarro, ma nella dipendenza o meno che si ha da esso. Un soggetto fobico può soffrire per il proprio disturbo anche per diversi anni e può accumulare in se fobie di diverso contenuto. I sintomi provati peggiorano se vengono vissuti in luoghi o situazioni poco familiari, dove si teme di non ricevere eventuali soccorsi o di fare delle brutte ligure. In genere le persone che soffrono di questi disturbi sono perfettamente consapevoli dell'assurdità dei propri timori, ma incapaci di superarli con la sola forza di volontà.
Le reazioni degli "altri".
Nella nostra cultura, ma anche in altre, la paura è un sentimento valutato assai negativamente: denota debolezza, impotenza, mancanza di autocontrollo. Se la paura viene giudicata "realistica" è abbastanza tollerata, ma se non lo è, come nel caso della fobia, essa viene considerata come un deprecabile atteggiamento o addirittura un "vizio". Chi manifesta strani timori, considerati normalmente immotivati, viene spesso invitato a un maggiore sforzo personale per controllare le sue paure e le sue reazioni emotive, il che può ingenerare degli stati depressivi o il tentativo di superare il problema negandolo, provocando così la sua interiorizzazione e persistenza.